
Il procuratore Tescaroli: "Ci furono anche tentativi di inquinare le indagini"
Sono nove le persone indagate per la strage di Calenzano. Si tratta di sette dirigenti di Eni e due della società appaltatrice Sergen (il datore di lavoro e il preposto), raggiunti da avvisi di garanzia inviati dalla procura di Prato. Le ipotesi sono, a vario titolo, di omicidio colposo plurimo, disastro colposo e lesioni personali. Cinque persone vennero uccise dall'esplosione del deposito Eni il 9 dicembre 2024, altre rimasero ferite.
Per la precisione, si legge in una nota del procuratore Luca Tescaroli, le nove persone fisiche sono indagate a vario titolo di omicidio colposo plurimo, disastro colposo e lesioni personali, mentre l'Eni spa, sede di Roma, è indagata ai sensi della L.231 sulla responsabilità amministrativa in ordine ai reati di omicidio e lesioni.
Inoltre la procura pratese ha deciso che si svolga un incidente probatorio alla luce dei risultati investigativi sulle esplosioni. Secondo Tescaroli, le quattro esplosioni sono state un "evento prevedibile e evitabile" sulla base di risultanze investigative. Tescaroli ha parlato anche di "errore grave e inescusabile" secondo quanto emerge dall'analisi della documentazione di sicurezza rilasciata a Eni a Sergen, e dalle attività di Sergen, "vale a dire la presenza di fonti di innesco, come il motore a scoppio di un elevatore", che "ha generato calore in un'area ad alto rischio in un momento in cui le operazioni di carico delle autobotti erano parallele alle attività di Segen".
Eni in una nota prende atto delle informazioni di garanzia annunciate ed emesse oggi dalla Procura di Prato in relazione all'incidente al deposito di Calenzano e "conferma, come fatto finora, la propria piena e totale collaborazione all'autorità giudiziaria, con la volontà prioritaria di contribuire a individuare le cause e le dinamiche ad esse associate all'origine dell'incidente". Sempre Eni "conferma altresì il proprio impegno al risarcimento dei parenti dalle vittime dell'incidente e, con la maggiore tempestività possibile consentita dai tempi dalle attività di perizia, dei danni civili sul territorio, in avanzato stato di definizione complessivo."
Sarebbero emerse anche condotte di responsabilità oggettiva da Eni, come spiegato dal procuratore Tescaroli. Nel mirino la condotta di uno dei nove indagati che avrebbe "tentato in qualche modo di ostacolare le indagini" sulle cause dell'esplosione creando una cartella documentale emersa più di un mese dopo l'esplosione. Nella cartella, con documenti e appunti che compaiono per la prima volta il 27 gennaio, si dà conto della richiesta di Eni a Sergen di rimuovere due valvole.
La cartella è stata trovata durante una perquisizione a un tecnico del 31 gennaio 2025 da parte della procura. Quei documenti e appunti appaiono per la prima volta con data del 27 gennaio 2025, in cui la Sergen srl avrebbe ricevuto da Eni spa delle indicazioni per fare interventi non dovuti a due valvole (la rimozione), lungo l'area in cui partì l'avaria che causò la prima esplosione seguita da altre tre (furono quattro in tutto). "Tale documentazione - ha spiegato il procuratore Luca Tescaroli - non avrebbe dovuto esserci a valle", oltre un mese dopo "l'incidente" e il non averli scoperti "avrebbe potuto ostacolare" le indagini nella loro ricostruzione tecnica generale.
“Tragedie come quella del deposito Eni non si possono derubricare a fatalità o casualità; lo abbiamo detto da subito, lo abbiamo ripetuto in piazza a Calenzano e oggi ne abbiamo la conferma con gli avvisi di garanzia emessi dalla procura di Prato e resi noti dal procuratore Tescaroli.” A dirlo è il segretario generale della Cisl Firenze-Prato, Fabio Franchi. “Non ci sorprendono neppure i capi di imputazione – continua Franchi - ; abbiamo sempre sostenuto che ciò che è successo al deposito Eni di Calenzano fosse riconducibile ad una serie di errori assolutamente prevedibili ed evitabili. Quel luogo di lavoro è stato reso assolutamente pericoloso da chi aveva la responsabilità di garantire sicurezza ai lavoratori. Era palese e direi scontato che svolgere lavori di manutenzione in contemporanea al normale carico delle autocisterne esponeva i lavoratori del sito a ciò che poi drammaticamente è successo. Siamo certi che la magistratura porterà avanti il suo lavoro con grande impegno, come fatto finora, per rendere giustizia alle vittime e ai feriti di quella tragedia.”
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