
Ancora fino all’8 marzo la bellissima mostra di Maurizio Governatori, che racconta con l’intensità dell’arte i giorni che stiamo vivendo, spesso giorni bui, tristi, giorni di guerra, ma che nel buio delle macerie mostrano qualche tratto di speranza, in un giocattolo che esce dalle case distrutte, in un germoglio che continua a nascere nei campi pieni di sterminio, nei corpi dei fuggiaschi o nel sangue della tonnara.
In quello spazio di grande suggestione che è l’Orcio in queste settimane, ecco che appare uno spettacolo, come quello che abbiamo applaudito poche sere fa, “La più antica commedia del mondo”, mirabilmente tratto dagli “Acarnesi” di Aristofane, con uno strepitoso Massimo Grigò, giustamente acclamato dai presenti, e la regia di un maestro della comicità contemporanea, cioè Giovanni Guerrieri dei Sacchi di Sabbia. Lo spettacolo è un piccolo capolavoro, che unisce alla sapienza del testo e della regia, una maestria di attore a cui raramente ci capita di assistere. Grigò e i Sacchi hanno realizzato una vera chicca, apprezzatissimo dagli spettatori più giovani, ma anche da tutti gli altri, che hanno gustato addirittura le parti più pretenziose, recitate in greco antico.
Abbiamo riso dall’inizio alla fine, ma anche riflettuto molto sulla guerra e sulla pace, sull’eterna diatriba tra Atene e Sparta, sulla demenza del guerreggiare e un po’ anche su quella del teatrare, con un abito da tragedia, prestato da un irresistibile Euripide, che in realtà si riduce ad un paio di slip probabilmente neppure troppo pulite. Persino le parti più dotte, come quella iniziale – irresistibile – sul “riso”, non assomigliava ai saggi di Bergson o di Pirandello, anche se da lì prendeva spunto, ricordando più un brano della più riuscita goliardia, detta anche “presa di culo”!
Fonte: Ufficio stampa
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