Migranti da Vicofaro nell'Empolese: previsti in sei, me arrivano per adesso solo due

La parrocchia di Vicofaro

Due migranti che si trovavano nella struttura pistoiese di Vicofaro sono arrivati ieri nell'empolese valdelsa, a seguito della azione di decongestionamento della struttura pistoiese, gestita da don Massimo Biancalani, che ospitava circa 150 persone.

A darne notizia è La Nazione di oggi. Le disposizioni prevedevano il trasferimento di 40 ospiti nei Cas situati tra Empoli, Valdinievole, Prato e Firenze, ma a quanto pare alcuni si sarebbero rifiutati di lasciare la struttura pistoiese.

Dei 40 in partenza, sei sarebbero dovuti arrivare nelle strutture gestire da Consorzio Arcolaio Cooperativa Sociale, Cooperativa Differenze Culturali e Cooperativa Albatros, che operano tra Empoli, Certaldo e Vinci, ma ne sarebbero arrivati in realtà soltanto due, entrambi su Empoli.

Biancalani: no a i Cpr

Don Massimo Biancalani, parroco di Vicofaro a Pistoia, interviene a seguito della notizia che due ospiti della sua struttura sarebbero stati portati nei Cpr (Centri per il rimpatrio) di Potenza e Gorizia, invece che, come annunciato a seguito del vertice dei giorni scorsi, nei Cas (Centri di accoglienza straordinaria): "Se l'alternativa a Vicofaro sono i Cpr, noi non ci stiamo". ha detto Biancalani "C'è sicuramente un'indicazione di una stretta da parte delle autorità e quindi queste persone che hanno problematiche, anche semplicemente amministrative, vengono dirottate verso i Cpr anziché essere trasferite nei Cas, come originariamente era stato annunciato". Biancalani spiega che "questi due, in particolare, sono soggetti fragili, hanno una documentazione medica ufficiale che attesta che sono sotto cura e a noi non va bene che siano presi e portati via dal territorio per ingraziarsi qualche politico".

Secondo il sacerdote ci sono anche altre problematiche legate al trasferimento degli ospiti: "Intanto dei circa 40 che dovevano essere trasferiti, al momento sono meno di 20 quelli che hanno raggiunto i Cas. Alcuni si sono rifiutati, perché hanno un certo radicamento nel territorio, svolgono qui dei lavori, e quindi hanno bisogno che venga loro proposta una collocazione che gli possa consentire di continuare le attività che già svolgono, altrimenti rischiano di perdere il permesso di protezione internazionale. ".

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