Quasicristalli in ambienti terrestri, l'Università di Firenze verso la scoperta

Una nuova scoperta scientifica potrebbe rivoluzionare la nostra comprensione dei quasicristalli, materiali i cui atomi sono caratterizzati da simmetrie non periodiche, mai osservate nei cristalli tradizionali, e da straordinarie proprietà fisiche, come resistenza e durezza.

Ad annunciarlo è il team internazionale di ricerca guidato da Luca Bindi, docente di Mineralogia dell'Ateneo fiorentino. Lo studio ha individuato in un campione di roccia appartenente al Museo di Storia Naturale dell’Università di Firenze, una struttura molto simile a quella di un quasicristallo (detta “approssimante”). Questo materiale, rinvenuto a Kalgoorlie (Australia), presenta una struttura non identica ma con caratteristiche straordinariamente simili a quelle dei quasicristalli, di origine extraterrestre, ritrovati in due meteoriti precipitate anni fa in Russia e in Calabria. La scoperta, pubblicata sulla rivista American Mineralogist  potrebbe suggerire che tali strutture siano molto più comuni in natura di quanto si pensi.

La possibilità che i quasicristalli siano reperibili in natura è ritenuta, infatti, ancora poco probabile: i quasicristalli terrestri sono stati tutti creati artificialmente. E quelli di origine naturale provengono, appunto, dallo spazio. Tuttavia, il nuovo approssimante di quasicristallo cambierebbe radicalmente questa visione.

Il materiale ritrovato nel campione è stato analizzato attraverso tecniche avanzate come la diffrazione a raggi X e la microscopia elettronica – spiega Bindi –. Questo materiale potrebbe rappresentare un primo passo per comprendere come i quasicristalli possano formarsi in ambienti terrestri. Inoltre, nella scienza dei materiali il nostro studio potrebbe generare un importante cambiamento di prospettiva e rafforzare la teoria che vedrebbe i quasicristalli esistere in natura in ambienti mai considerati. Infine – conclude Bindi la nostra scoperta fornisce anche nuovi indizi sulla storia geologica della Terra, aprendo la strada a future indagini scientifiche”.

Fonte: Università di Firenze - Ufficio stampa

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