Il progetto dell'inceneritore di Peccioli, denominato ossicombustore, torna al centro del dibattito pubblico, ma questa volta rischia di trasformarsi in un salasso per i cittadini. Mentre il sindaco di Peccioli tenta di forzare la mano alla Regione Toscana sull'autorizzazione richiesta da Novatosc s.r.l., cresce l'allarme per l'eventuale ingresso di Retiambiente S.p.A. – gestore unico dei rifiuti nell'ATO Toscana Costa a totale capitale pubblico – nella società commerciale creata appositamente per costruire l'impianto.
Un progetto sperimentale e costoso
Novatosc s.r.l., partecipata da due soci privati tra cui Belvedere S.p.A., punta a realizzare un ossicombustore in un'area già caratterizzata dalla presenza di altri impianti tra cui la discarica di Peccioli, la cui ulteriore espansione è stata richiesta da Belvedere S.p.A.. Tuttavia, il progetto appare alquanto rischioso; l'unico esempio operativo citato dai proponenti, un impianto a Gioia del Colle(BA), ha lavorato in modo discontinuo e con volumi irrisori – appena 5 tonnellate di rifiuti al giorno, neppure 1800 tonnellate all'anno – rispetto alle 177.000 tonnellate annue previste per Peccioli.
Con un costo di oltre 120 milioni di euro, una vita dell'impianto dichiarata di di soli 20 anni e potenziali costi di manutenzione straordinaria post-gestione, l'ossicombustore presenta una serie di criticità finanziarie che potrebbero gravare sulle spalle di Retiambiente e, di conseguenza, sui cittadini attraverso un aumento delle tariffe sui rifiuti.
Dubbi tecnici e carenze progettuali
Durante la conferenza dei servizi del 27 giugno 2024, alcuni enti hanno espresso perplessità sul progetto. La Regione Toscana ha richiesto ulteriori integrazioni a Novatosc per chiarire aspetti fondamentali come:
L'applicazione della normativa Seveso Ter, data la quantità e la pericolosità delle sostanze trattate.
La destinazione della CO₂ prodotta, che attualmente non è qualificata come "End of Waste" per scopi alimentari.
La possibilità di considerare i sottoprodotti dell'impianto, come le perline vetrose, come "End of Waste".
Inoltre, il fabbisogno reale di smaltimento dei rifiuti utilizzabili nell’ossicombustore per l'ATO Toscana Costa è stimato in circa 55.000 tonnellate annue, ben lontano dalle dimensioni sovradimensionate dell'impianto proposto. Questo lascia ipotizzare che una parte significativa dei rifiuti potrebbe provenire da aree esterne, trasformando la Valdera in un polo di smaltimento nazionale, con pesanti ripercussioni ambientali e logistiche. I miasmi provenienti da tale area assillano già da tempo i cittadini del comune di Palaia.
Un modello lontano dall’economia circolare
Il progetto contrasta apertamente con i principi di economia circolare, che puntano alla riduzione, al riuso e al riciclo dei rifiuti, anziché alla loro combustione. Mentre la narrazione ufficiale parla di un impianto innovativo e risolutivo, le criticità tecniche e le incertezze finanziarie delineano uno scenario ben diverso: un avventuroso investimento che rischia di dissipare risorse pubbliche senza apportare reali benefici alla comunità. Concedere l'ampliamento della discarica e/o la costruzione dell'ossicombustore disincentiverebbe le pratiche di riduzione dei rifiuti e condizionerebbe in modo molto pesantemente il futuro economico dell’area.
La responsabilità dei consigli comunali
Nelle prossime settimane, i consigli comunali saranno chiamati a esprimersi sull'ingresso di Retiambiente in Novatosc. Si tratta di una decisione cruciale, che avrà ripercussioni a lungo termine sulla gestione dei rifiuti e sulle tasche dei cittadini. Ai consiglieri comunali spetta il compito di riflettere attentamente: approvare questo progetto significa accettare un modello di gestione lontano dall'interesse collettivo, condannando la Valdera a diventare un ricettacolo di rifiuti, con costi ambientali ed economici insostenibili.
Chiediamo quindi a tutti i consiglieri dei comuni appartenenti all’ATO Toscana Costa di non svendere il futuro della Valdera e dei cittadini per un progetto che si preannuncia come un fallimento annunciato.
Fonte: Ufficio Stampa Legambiente Valdera
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