Maxi sequestro di scarpe al porto di Livorno, falso Made in Italy su 18.500 calzature

Erano prodotte in Tunisia per conto di due aziende toscane, dove una volta reimportate veniva applicata su suola e scatola l'indicazione di origine italiana


Maxi sequestro di scarpe al porto di Livorno, per falso Made in Italy. I funzionari dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Livorno in servizio al reparto controlli allo sdoganamento hanno sequestrato 18.500 paia di calzature di pregiata fattura, per un valore commerciale totale di circa 390mila euro, prodotte in Tunisia per conto di due aziende in provincia di Firenze. Il risultato, spiegano dall'Adm, è frutto di due distinte operazioni di partite di merce destinate all'esportazione, che ha visto la collaborazione degli uffici delle dogane di Pisa e Firenze, coordinati e coadiuvati dalla direzione territoriale per la Toscana e l'Umbria.

L’attenzione dei funzionari livornesi si è concentrata sulle numerose e ripetute operazioni di import ed export delle due aziende, che rivelava un intenso traffico consistente, in entrambi i casi, in un considerevole flusso di pellame e accessori in partenza dall’Italia sotto forma di materia prima, diretta in Tunisia. Qui venivano effettuate da varie ditte tutte le lavorazioni necessarie alla fabbricazione delle calzature, che venivano poi reimportate praticamente finite in Italia.

Entrambe le aziende coinvolte nella vicenda applicavano, presso le proprie sedi, all’interno delle calzature una mezza soletta sulla quale veniva impresso il marchio commerciale e il "Made in Italy", che veniva riportato al confezionamento in sacchetti e scatole sempre recanti la prestigiosa indicazione di origine italiana.

L’indagine che ha portato al sequestro delle calzature da uomo, donna e bambino, ha comportato oltre che numerose analisi di dati incrociati relativi a dichiarazioni di esportazione e di importazione, l’effettuazione di diversi accessi presso le società, al fine di verificare le fasi del processo produttivo che, coerentemente con le regole previste per il riconoscimento del Made in Italy, doveva essere svolto in maniera sostanziale in Italia. Le verifiche hanno invece accertato che, in entrambi i casi, le lavorazioni effettuate in Italia sulle calzature fossero assolutamente marginali e insufficienti ai fini dell’applicazione del marchio Made in Italy sui prodotti.

I legali rappresentanti delle due società italiane sono stati denunciati alla Autorità Giudiziaria della Procura della Repubblica di Livorno che ha convalidato i sequestri.

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