Furono catturati da quattro tedeschi a cento metri dalla loro casa di Panzalla, fucilati a colpi di mitraglia, dietro l'abitazione dei vicini di casa, che erano andati a trovare perché la loro villa era stata occupata dai tedeschi, e buttati giù nel burrone tra i boschi di San Polo in Chianti. Con i corpi devastati, denudati, i proiettili affondati nel petto, coperti dalle frasche, per realizzare un malvagio disegno: uccidere nell’anonimato e occultare il delitto. Sono alcuni dei tragici particolari emersi dalle testimonianze relative agli ultimi momenti vissuti dai coniugi Pietro Stefanini e Dina Boncristiani, l’uno di Scarperia, l’altra di Fucecchio, prima della loro fucilazione avvenuta nell’estate del 1944. In occasione dell’anniversario della Liberazione di Greve in Chianti e della cerimonia organizzata dal Comune di Greve in Chianti che ha rievocato il sacrificio della coppia trucidata per mano nazifascista, alcuni cittadini, presenti alla celebrazione commemorativa, hanno condiviso la lettura di alcuni documenti storici che ripercorrono con sorprendente dovizia di particolari ciò che avvenne nel luogo dell’eccidio il 2 agosto di ottant’anni fa.
“Le fonti valorizzate in questa occasione – dichiara il sindaco Paolo Sottani – sono importantissime testimonianze scaturite dal percorso di ricerche condotto dagli esperti dell’Istituto storico della Resistenza e dagli appassionati membri della sezione locale dell’Anpi che ringraziamo per il lavoro, l’attenzione e la dedizione alla divulgazione della conoscenza della memoria che portano avanti da anni con il coinvolgimento della comunità”.
Nello specifico sono intervenuti Francesco Trambusti, nipote di Luigi Trambusti, il vicino di casa che aveva accolto i coniugi nella sua proprietà di Panzalla dove fecero irruppero i tedeschi, Isabella Donati dell’Anpi locale e la testimone diretta, la novantenne Maria Piccarda Bonechi, che all’epoca aveva 12 anni.
Le parole di Francesco Trambusti hanno emozionato il pubblico con la ricostruzione dell’omicidio che lo zio Luigi Trambusti dichiarò alle forze dell’ordine nell’intervista rilasciata e verbalizzata il 27 novembre 1944. “Mentre parlavo con i suddetti coniugi – si legge nella dichiarazione - prendendo accordi di allontanarsi un po' alla volta, si presentarono quattro tedeschi armati di fucile mitragliatore e, alla vista dei suddetti coniugi, gli chiesero dei documenti che loro presentarono senza nessuna esitazione. Dopo, controllati i documenti, diedero ordine al maresciallo che era in divisa di togliersi la giubba e quindi fu messo con le spalle al muro e perquisito minutamente. Io per non vedere umiliato il maresciallo, me ne andai nella mia abitazione, non vidi cosa gli tolsero dalle tasche”. Lo zio racconta che, poiché dovevano essere accompagnati alla Villa, detta del Corto, distante 500 metri, i tedeschi invitarono i coniugi a seguirli e dopo i 200 metri li freddarono e insieme a loro anche un cane da caccia fu colpito dalla mitraglia. “Io non ho potuto vedere quando sono stati fucilati perché la zona è piena di cipressi – riferisce il documento - il giorno dopo ci mettemmo alla ricerca e ci avvicinammo al luogo dove il giorno precedente avevamo udito quattro colpi di mitra. E’ lì che trovammo il maresciallo, vestito ma senza scarpe, mentre la signora era completamente denudata. Tutti e due i cadaveri erano coperti con delle frasche, messi uno sopra l’altro”.
Una ricostruzione che coincide con la testimonianza della figlia deceduta dei coniugi, Stefania Stefanini, letta da Isabella Donati, rappresentante dell’Anpi locale, che dà nome al burrone la coppia viene rinvenuta, denominato Busilli, e spiega la motivazione del sequestro. “I miei genitori furono presi dai tedeschi perché venivano accusati di aver aiutato i partigiani”. Tra le testimonianze più toccanti anche quella di Maria Piccarda Bonechi che ricorda “andavo spesso a trovare i signori Pietro e Dina, erano cordiali e determinati nel loro ideale di difesa della libertà, tante erano le donne del paese che si opponevano al fascismo ma Dina che si spingeva coraggiosamente nei boschi per portare il cibo ai partigiani, era colei che si era esposta maggiormente e temevamo che sarebbe stata presa di mira, cosa che poi purtroppo è successa”.
“Il Chianti – riprende il sindaco Sottani -, caratterizzato luoghi di straordinaria bellezza, è stato un territorio che nei drammatici momenti del passaggio del fronte si è macchiato della ferocia nazifascista, del sangue versato da chi si sacrificò, da chi scelse di stare dalla parte giusta per difendere gli ideali di libertà e democrazia”.
Ad ascoltare le testimonianze c’erano la vicesindaca di Greve in Chianti Monica Toniazzi, il sindaco di Scarperia e San Piero Federico Ignesti, la sindaca Emma Donnini del Comune di Fucecchio, l’assessora alla Cultura della Memoria Sandra Baragli del Comune di Bagno a Ripoli, Luigi Remaschi per l’A.N.P.I., Sezione “Pietro Ferruzzi”, il vicepresidente dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’età contemporanea Andrea Morandi. Tra gli ospiti della commemorazione anche la sindaca Emma Donnini del Comune di Fucecchio i familiari dei Caduti, tra cui Raffaello Ferrini, gli enti firmatari del Protocollo d’Intesa per il Parco Storico della Resistenza di Pian d’Albero, l'Associazione Fucecchio Libera che ha donato una bicicletta d'epoca per ricordare i Coniugi Stefanini.
I fatti storici di Panzalla
Era il 2 agosto 1944 quando in località Panzalla, a San Polo in Chianti, i nazisti fucilarono i coniugi Pietro Stefanini e Dina Boncristiani. Fin dal settembre del 1943 la loro casa era stata rifugio e luogo di passaggio per molti renitenti, buona parte dei quali avevano poi raggiunto le formazioni partigiane. Pietro Stefanini, maresciallo dei Vigili Urbani di Firenze, noto per le sue posizioni antifasciste già all’inizio del ventennio, era stato in grado di apportare un contributo tutt’altro che trascurabile agli uomini della Sinigaglia facendo arrivare informazioni e notizie dalla città, da dove poteva andare e venire agevolmente grazie alla divisa ed alla motocicletta di servizio. La moglie, Dina Boncristiani, era stata definita la migliore delle staffette della Sinigaglia. Nelle memorie di guerra l’esempio di Dina è ricordato come colei che “non temeva né fascisti né nazisti”, capace di infondere coraggio nei compagni partigiani. Nel 1945 l’amministrazione comunale grevigiana pose nel luogo in cui furono trucidati i coniugi un cippo alla memoria.
Fonte: Ufficio Stampa ASSOCIATO DEL CHIANTI FIORENTINO
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