Ateneo fiorentino in viaggio verso l'ultima frontiera della sostenibilità energetica, sul filo luminoso di una tecnologia laser sostenibile che imita la biologia di batteri fotosintetici. L’Università di Firenze è risultata vincitrice del progetto HORIZON EUROPE "Towards a bio-mimetic sunlight pumped laser based on photosynthetic antenna complexes" (APACE), inserito nell’ambito di EIC pathfinder, programma del Consiglio Europeo dell’Innovazione (EIC), orientato allo sviluppo di tecnologie e innovazioni rivoluzionarie. Obiettivo del progetto, coordinato da Unifi, la realizzazione di un dispositivo laser solare capace di garantire una migliore acquisizione della luce solare e una sua più efficace distribuzione.
APACE ha ricevuto un finanziamento complessivo di quasi 4 milioni euro, di cui circa 876mila per Unifi. Il progetto prevede il coinvolgimento dell’European Laboratory for Non-Linear Spectroscopy – LENS, dell’Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica – INRiM, del Karlsruhe Institute of Technology e del Max Planck Institute. Vi partecipano, inoltre, Heriot-Watt University (Gran Bretagna), Università degli Studi di Parma, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Institute Of Organic Chemistry - Polish Academy (Polonia), Technische Universitaet Muenchen (Germania).
Oltre al coordinamento del progetto, Unifi ha sia il ruolo teorico di modellizzazione e determinazione dei parametri da usare, sia compiti sperimentali a fronte della costruzione di due tipi di laser solare: uno microscopico (realizzato proprio a Firenze dalla collaborazione tra Unifi, LENS e INRiM) e l’altro macroscopico (costruito al Max Planck Institute).
“Trasformare la luce solare in un raggio laser è un passaggio fondamentale per raccogliere l'energia del sole e distribuirla a grandi distanze, ma la tecnologia attuale non è abbastanza performante in termini di intensità e precisione” spiega Giuseppe Luca Celardo, referente scientifico del progetto e ricercatore in Fisica teorica della materia, modelli, metodi matematici e applicazioni del Dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Università di Firenze.
“Attualmente la maggior parte dei laser solari funziona a luce concentrata: il dispositivo è provvisto di uno specchio, grande fino a 4 metri quadrati, che concentra la luce del sole sul mezzo attivo del laser. Tale apparecchiatura raggiunge temperature molto elevate, con gravi criticità nel raffreddamento; inoltre, lo specchio deve essere collegato a un motore per seguire il movimento del sole. La tecnologia che intendiamo implementare – prosegue Celardo – funziona invece a luce non concentrata e si serve delle antenne fotosintetiche di alcuni batteri, in grado di raccogliere i fotoni e indirizzare l’energia raccolta in un punto specifico dell’organismo, con precisione e senza dispersione”.
Partendo da un lavoro teorico internazionale diretto dallo stesso Celardo nel 2019, APACE si propone di ingegnerizzare le antenne fotosintetiche dei batteri attraverso la sostituzione del loro centro di reazione con un'unità laser (una molecola o un nanocristallo capace di produrre energia). Queste antenne, lunghe poche centinaia di nanometri, assorbono la luce e la trasportano all’unità laser che genera poi un raggio.
Il dispositivo APACE potrà trovare applicazione a livello macro e micro. Nel primo caso, il progetto coordinato da Unifi si inserisce nelle sfide delle agenzie aerospaziali europee e statunitensi, impegnate nell’ideazione di stazioni spaziali capaci di raccogliere la luce solare e trasferirla, con microonde o appunto laser, sulla Terra o a satelliti e a future basi su Luna o Marte in cui l’autonomia energetica sarà fondamentale. Nel secondo caso, dal momento che il nuovo mezzo attivo proposto da APACE è costituito da unità di dimensioni nanoscopiche, Celardo sottolinea come “l’utilizzo del nanolaser possa trovare impiego nella componentistica elettronica come quella dei Pc, sostituendo i fili elettrici e integrandosi con chip e circuiti, così da limitare la dispersione energetica”.
* Foto in allegato - I cromatofori, unità fotosintetica dal batterio viola R. sphaeroides (dimensioni ≈ 60 nm), contengono circa 5000 molecole di batterioclorofilla e sono composti da diversi complessi molecolari: LH2 (in verde), LH1 (in blu) ed i centri di reazione (in rosso). L'energia solare catturata dai cromatofori viene trasportata ai centri di reazione con una efficienza vicina al 100%. La figura è stata presa da https://naturedocumentaries.org/chromatophore/.
Fonte: Università degli Studi di Firenze
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