"Viaggio di una bottiglia": alla scoperta del riciclo del vetro a Empoli

(foto gonews.it)

Dalla raccolta al recupero, come rinasce una bottiglia? Le tappe nei consorziati Coreve, le empolesi Revet vetro e Zignago: “Esempio di Economia circolare reale”


Riempita, messa nel mercato, presa dagli scaffali, svuotata e buttata via, verso una nuova vita. Dal buio della campana al caldo incandescente dei forni, quello del riciclo delle bottiglie di vetro è un lungo viaggio che passa anche da Empoli. Città dall’antica tradizione vetraia, qui più stabilimenti si occupano del recupero degli imballaggi di questo materiale, riciclabile all’infinito, al 100%. Con quasi 5 milioni di tonnellate, l’Italia è il terzo produttore di bottiglie e barattoli di vetro, dopo Cina e Stati Uniti e, con 11 anni di anticipo, ha raggiunto e superato l’obiettivo di riciclo fissato dall’Europa per il 2030. A dirlo è Coreve, Consorzio di recupero vetro che però, sottolinea come nonostante i dati virtuosi, molte persone non sappiano ancora riciclare correttamente il vetro. Per questo il Consorzio, che opera all’interno del sistema Conai, in poco più di 2 anni ha investito oltre 22 milioni di euro con Anci, per migliorare quantità e qualità della raccolta.

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In Toscana nel 2023 ogni cittadino ha raccolto e avviato al riciclo 39,2 kg di vetro, in linea con l’anno precedente e in crescita di 37 kg rispetto al 2021, ma inferiore alla media nazionale, a 42,6 kg per abitante. Per questo Coreve ha cofinanziato nella regione progetti per 577mila euro, con l’obiettivo di potenziare o passare alla raccolta monomateriale. "Solo bottiglie e vasetto, per un riciclo perfetto. E toglili sempre dal sacchetto" recita lo slogan di Coreve per una buona raccolta differenziata, ricordando i "falsi amici" del vetro, da gettare invece nell’indifferenziato o conferire alle piattaforme ecologiche, tra i quali cristallo, contenitori in borosilicato o ancora ceramica, porcellana, contenitori in vetro di farmaci, vetri armati, pietre, materiali edili e i Raee come lampadine, schermi o neon.

Riciclo del vetro, la visita negli stabilimenti di Empoli Vetro Revet e Zignago

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Una volta gettata via la bottiglia, che succede? A Empoli, nella zona industriale del Terrafino, arriva in veste di rifiuto e, da rottame, si trasforma nuovamente in bottiglia: un percorso illustrato in una visita organizzata da Coreve nei due consorziati, Vetro Revet Srl e Zignago Vetro. La prima serve Toscana, Lazio nord e Umbria con una potenzialità di 150mila tonnellate all’anno di rifiuti da trattare: nata negli anni Ottanta da un’imprenditore locale che voleva recuperare il vetro proveniente dalle aziende della zona, nel tempo cresce e cambia, fino a metà degli anni ’90 quando la lavorazione della plastica si stabilisce nella vicina Pontedera lasciando a Empoli solo la lavorazione del vetro. Nel 2017, dopo varie proprietà, Zignago Vetro e Revet Spa danno vita alla nuova società, l'odierna Vetro Revet Srl. Dal 2018 l’impianto ha visto l’aggiunta di nuovi selettori ottici, telecamere ad altissima definizione che riescono a selezionare e ad espellere ciò che non è vetro. Ma non finisce qui: nel 2026 nascerà il nuovo impianto, adiacente alla Zignago.

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Tra gli enormi cumuli scaricati nell'impianto sono presenti però anche altri materiali, gettati insieme a bottiglie e vasetti. Tra questi si trovano alluminio, ferro, ceramica e altro che, insieme al vetro di scarto, vengono comunque recuperati e avviati a riciclo in altri impianti. Mentre il 4% finisce in discarica, circa l’82% è invece il vetro recuperato, il cosiddetto pronto forno misto verde, che torna in vetreria. "È uno dei pochi esempi in Italia di economia circolare reale" afferma Silvio Marano, direttore operativo di Vetro Revet, "la Revet si occupa della raccolta, noi ripuliamo, il vetro torna in vetreria". Selezionato tra tecnologia e a mano, ripulito e sminuzzato, il viaggio del vetro stavolta è breve: solo 1 km in linea d’aria e arriva alla seconda tappa, la Zignago Vetro, produttrice di bottiglie nel settore alimentare, beverage ma anche vasi destinati alla cosmesi.

È da qui che l’imballaggio uscirà riciclato: a migliaia di gradi, due forni lavorano incessantemente trattando circa 700 tonnellate di vetro fuso in 24 ore, che si traducono in 250mila tonnellate all’anno. Come spiegato, la ricetta prevede il 95% di rottame, vetro da precedenti imballaggi che consente di abbassare il punto di fusione e limitare i consumi, e per il resto altre componenti come sabbia, soda e marmo. Goccia per goccia, il vetro fuso finisce negli stampi e la bottiglia prende forma: infine dopo la ricottura, che evita di far rompere il vetro, tre macchine di ispezione controllano ogni parte, con l’aggiunta dell’occhio umano. Pronto per uscire dai magazzini, il rinnovato imballaggio in vetro prosegue verso il produttore. Restando nell’Empolese Valdelsa, da questi stabilimenti le bottiglie arrivano anche alla Montalbano Agricola Alimentare Toscana sulle colline di Vinci, dalla quale spiegano che "il vetro è il principale imballaggio, per l’85%". A seconda dei formati, gli imballaggi sono suddivisi in tre linee di imbottigliamento: sui nastri trasportatori le bottiglie scorrono in fila indiana per essere riempite d’olio, tappate e infine inscatolate. Così termina il viaggio della bottiglia o, a seconda del punto di vista, ricomincia. Dallo scaffale, al consumatore, al riciclo. Senza fine.

Margherita Cecchin



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