Giovanni Gentile, filosofo fra i massimi del Novecento europeo, unì all’elaborazione costante del suo pensiero una vocazione di riformatore politico-religioso, e ripensò la tradizione italiana alla luce di queste attitudini...», così Biagio de Giovanni definisce Gentile, colui che secondo Norberto Bobbio fu certamente «la più perfetta incarnazione dello spiritualismo italiano».
Giovanni Gentile, insieme a Benedetto Croce, ha indubbiamente segnato la filosofia italiana ed europea del Novecento. Insieme creano e connotano quella che Bobbio definisce «ideologia italiana», precisandola come «orientamento dominante, egemone, quasi ufficiale».
Gentile è un filosofo della crisi ma non un decadente, perché la sua opera attende a un grande «risveglio» morale e nazionale, alla codifica di un’identità italiana che affonda le radici nella storia. Non è un caso che Giuseppe Prezzolini affermi che Gentile, con La filosofia di Marx del 1899, abbia messo in ginocchio il positivismo socialista e abbia dato un contributo determinante ad aprire il Novecento.
Il sistema gentiliano si comprende anche alla luce di una concezione storica dell’Europa e dell’Occidente in cui la civiltà greco-romana deve ritrovare un nesso tra potenza e tradizione, una ritrovata vitalità che si rinnova nel ricreare il passato.
Gentile, seppur nominato ministro della Pubblica Istruzione del primo governo Mussolini, cerca di mantenere una coerenza del suo sistema filosofico, attirandosi per questo le avversioni e le antipatie dei fascisti intransigenti. Al riguardo osserva Norberto Bobbio: «Gentile rimase nell’animo e nel costume un liberale all’antica e cercò spesso con la sua opera personale di rimediare, specie nel campo della vita intellettuale, alle malefatte del regime». Nell’aprile del 1925 Gentile si fa promotore del Manifesto degli intellettuali fascisti, cui Croce risponde nel maggio successivo con il Manifesto degli intellettuali antifascisti.
Gentile commette, l’errore di sostenere l’azione tragica di Mussolini, anche se nel 1929 esce dal Gran Consiglio del fascismo e non ha un ruolo politico di primo piano, mentre in privato si spende per proteggere intellettuali antifascisti e di religione ebraica. “Genesi e struttura della società” è l’ultima opera di Giovanni Gentile. Alcuni concetti che essa racchiude denotano l’attualità del suo pensiero. L’idea di Gentile è che la comunità prevalga sul concetto di società. Il filosofo riconosce un valore e un ruolo alla Vox populi, ossia: “voce di un popolo ideale immanente all’individuo, e che gli parla senza essere interrogata, senza indugi od esitanze; essa lo conforta a parlare ed agire e vivere, essa lo sostiene di dentro come la sua forza: quella ideale chiesa che ogni credente ha in sé medesimo, e fa tutt’uno con la sua anima».
Per il filosofo, accanto all’umanesimo della cultura è necessario promuovere un umanesimo del lavoro, poiché non è solo un fatto salariale ma è una delle più alte espressioni dello spirito umano. Queste riflessioni che ereditiamo da Gentile, sono lezioni utili perché rappresentano tentativi di dare delle risposte a criticità ancora vive nel presente. La nostra società tecnocratica ha infatti provato a estirpare ogni aspetto spirituale dalla quotidianità, di indebolire il legame con l’altro, promuovendo una forma di atomizzazione sociale e prospettando una utopica era post-lavorativa. Un progetto politico e culturale che ha risvegliato negli individui, come reazione contraria, una rinnovata urgenza di trascendenza e il desiderio di continuare a essere protagonisti attivi del contesto produttivo, oltre che sociale, culturale e politico.
Chiare le parole di Massimo Cacciari, per cui: «I conti ancora aperti sono con l’opera di Gentile. Ancora attuale è discutere Marx in quanto grande filosofo classico, come ha fatto Gentile, individuando il pensiero marxiano in una filosofia della pura immanenza. Gentile ha mostrato come per Marx la verità del pensiero consista nel suo verificarsi, come ci sia assoluta identità fra teoria e prassi, come il vero filosofo sia il politico. Ecco perché Marx assume una posizione centrale nella cultura del Novecento [...] Marx, e con lui mi sembra di capire Gentile [...] Gentile anticipava perfino Martin Heidegger che, paradossalmente, lo ignorava».
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