La donna albanese di 39 anni, imputata di aver ucciso e fatto a pezzi i genitori del suo ex fidanzato, è stata condannata in primo grado a 30 anni
Gli avvocati difensori di Elona Kalesha hanno proposto ricorso in Corte di appello contro la condanna a 30 anni inflitta in primo grado alla donna albanese di 39 anni, imputata di aver ucciso e fatto a pezzi i genitori del suo ex fidanzato: Shpetim e Teuta Pasho.
Il processo in assise d'appello si aprirà il 18 settembre e secondo il ricorso avanzato dai due avvocati "troppi ragionevoli dubbi aprono una voragine forse incolmabile circa la ricostruzione di fatti datati otto anni fa. Non esiste alcuna risultanza istruttoria – proseguono – che consenta di individuare l'appartamento di via Fontana quale il luogo dove è stato consumato l'omicidio”. Secondo i legali della 39enne, dopo che l'istruttoria dibattimentale ha acclarato che le due valigie portate via dall'appartamento di via Fontana non sono quelle "contenenti i resti delle vittime è disarticolato l'elemento indiziario principale che ha orientato le indagini e ha condotto all'arresto di Elona Kalesha".
“Si propende ora per una condotta plurisoggettiva con il concorso di ignoti, la cui individuazione non è più neppure ipotizzata dopo che inizialmente erano stati indagati due soggetti". Inoltre, ricostruiscono gli avvocati difensori della donna, "non è neppure azzardata l'ipotesi di quale sarebbe stata la condotta compiuta in concreto da Elona Kalesha”.
Dubbi anche sullo smembramento dei cadaveri e sul trasporto dei resti nel campo tra la Fi-Pi-Li e il carcere di Sollicciano, a Firenze, dove furono ritrovati nel dicembre 2020, occultati in quattro valige. “Come li ha spostati trattandosi di quattro valigie dal peso complessivo di centinaia di chili – incalzano i legali difensori –? E come e da chi sono state portate presso il carcere di Sollicciano?".
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