"Erano dei poeti, devo a loro, con 'La notte di San Lorenzo', il ricordo più bello della mia giovinezza, ora il cerchio si chiude". È commosso Claudio Bigagli, non riesce a trattenere le lacrime dall'emozione. L'attore toscano è uno dei tanti volti noti del cinema presenti al funerale di Paolo Taviani, tenuto a Roma alla Promoteca in Campidoglio. Il regista originario di San Miniato è morto a 92 anni, pochi anni dopo il fratello Vittorio, con cui ha firmato pellicole memorabili.
Tra i progetti di Paolo Taviani c'era anche 'Il canto delle meduse', un film con al centro delle storie incentrate nel periodo della pandemia. Era già stata scelta Kasia Smutniak come protagonista, il lungometraggio era in pre-produzione. "Anche quando è stato malissimo, papà ha sempre cercato rabbiosamente e furiosamente di lavorare al suo nuovo film Il canto delle meduse e il suo desiderio più grande fino all'ultimo momento è stato quello di dire due parole, 'motore e azione'" racconta Ermanno Taviani, figlio di Paolo.
Ad accogliere il feretro, su cui nella sala era adagiato un cuscino di rosse rosse, la vedova del regista, Lina Nerli Taviani, insieme ai figli Valentina e Ermanno e ai nipoti, con il sindaco Roberto Gualtieri, l'assessore Miguel Gotor, il sindaco di San Miniato (comune toscano di nascita dei due cineasti) Simone Giglioli. Ad arrivare per l'ultimo saluto, fra gli altri, Paolo Virzì, Laura Morante, Pupi Avati, Lello Arena, Nanni Moretti che si è seduto commosso in fondo alla sala, Jasmine Trinca, Walter Veltroni, Angelo Barbagallo, Roberto Andò, Mario Martone, Beppe Fiorello, Antonio Manetti.
All'Ansa Paolo Virzì parla di Paolo Taviani come di un amico: "Il cinema dei fratelli Taviani è stato per me fondativo e seminativo di un certo modo di guardare il racconto cinematografico. Paolo era una persona dolcissima e generosa, un grande amico che mi accolse quando ero giovanissimo".
Paolo e Vittorio Taviani "erano grandi artisti, sempre coerenti - sottolinea invece Marco Bellocchio -. Non c'era in loro quell'idea che invece ricorre più spesso, di voler stupire il pubblico, perché loro dicevano delle cose in cui credevano profondamente e che erano profondamente vere. Il loro cinema resterà molto più a lungo di quello di altri cosiddetti geni".
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