Fine vita: udienza a Firenze per Cappato, Lalli e Maltese

Marco Cappato

Il GIP ha dato 15 giorni di tempo al PM per deposito delle contromemorie e si riserva di decidere se archiviare, iniziare il processo oppure sollevare la questione di legittimità costituzionale


Si è tenuta oggi l’udienza dinanzi al Giudice per le indagini preliminari di Firenze (dott.ssa Agnese Di Girolamo), per decidere sulla richiesta di archiviazione formulata dal Procuratore Carmine Pirozzoli, in relazione al procedimento a carico di Marco Cappato, Chiara Lalli e Felicetta Maltese, indagati per il reato di “aiuto al suicidio”. Il Giudice per le indagini preliminari ha dato 15 giorni al Pubblico ministero per il deposito delle contromemorie e si è riservata di decidere.

Gli avvocati difensori che assistono gli indagati hanno insistito per l’accoglimento della richiesta di archiviazione formulata dalla Procura della Repubblica e in subordine richiesto di rimettere la questione di legittimità costituzionale alla Consulta per un suo nuovo intervento relativamente al solo requisito del trattamento di sostegno vitale.

Lalli e Maltese, iscritte all’Associazione Soccorso Civile, a dicembre 2022 avevano accompagnato in Svizzera Massimiliano, 44 anni toscano affetto da sclerosi multipla da 6 anni, per poter ricorrere al suicidio medicalmente assistito, poi si erano autodenunciate ai carabinieri di Firenze insieme a Marco Cappato che aveva partecipato all’aiuto fornito tramite l’Associazione Soccorso Civile. Massimiliano non era tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale, pertanto escluso dalla possibilità di accedere al suicidio assistito in Italia poiché privo di uno dei requisiti della sentenza 242\2019 della Corte Costituzionale sul caso “Cappato-Dj Fabo”.

Nel nostro Paese, proprio grazie alla disobbedienza civile di Cappato per l’aiuto fornito a Fabiano Antoniani e quindi grazie alla sentenza 242/19 della Corte costituzionale, l’“aiuto al suicidio” è possibile legalmente quando la persona malata che ne fa richiesta è affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che ella reputa intollerabili, pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli e – appunto – è tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale. Tali condizioni e le modalità devono essere state verificate dal SSN, come accaduto nel caso di Federico Carboni, il quale a giugno 2022 ha potuto accedere al “suicidio assistito” senza che l’aiuto fornito configurasse reato.

Dichiara l'avvocata Filomena Gallo, difensore e coordinatrice del collegio legale di studio e difesa per le disobbedienze civili* e Segretaria dell’Associazione Luca Coscioni: “Il trattamento di sostegno vitale, tra i requisiti individuati dalla Consulta per accedere al suicidio medicalmente assistito in Italia, costituisce una grave discriminazione tra persone malate. Infatti non tutte le persone, seppur affette da patologie irreversibili che siano fonte di sofferenze psichiche o fisiche intollerabili, necessitano di un trattamento di sostegno vitale o comunque questo potrebbe essere necessario in uno stadio così avanzato della malattia da obbligare il malato a sopportare mesi, se non anni, atroci sofferenze”.

“Il Giudice per le indagini preliminari ha dato 15 giorni al Pubblico ministero intervenuto per il deposito delle contromemorie, e si è riservata di decidere: se dovesse accogliere la nostra richiesta di archiviazione  andrebbe a confermare che l’assenza del trattamento di sostegno vitale, inteso come trattamento farmacologico o meccanico, non può precludere l’accesso alla morte assistita, nel caso in cui siano soddisfatti tutti gli altri requisiti stabiliti dai Giudici costituzionali, finalmente abbattendo una grave discrimine tra persone malate. Se invece dovesse sollevare la questione di legittimità costituzionale, richiedendo così un nuovo intervento della Consulta, andrebbe a evidenziare quanto abbiamo sempre detto: il requisito del trattamento di sostegno vitale, individuato con specifico riferimento alla situazione di Fabiano Antoniani su cui la Corte costituzionale si era trovata a decidere nel 2019, discrimina le persone malate e deve essere superato diventando non necessario, al fine di garantire il rispetto del principio di autodeterminazione terapeutica e quello di eguaglianza”.

Nel frattempo, prende il via anche in Toscana la raccolta firme per la proposta di legge popolare regionale "Liberi Subito", elaborata dall’Associazione Luca Coscioni, per regolamentare l’aiuto medico alla morte volontaria: la proposta di legge interviene in materia di organizzazione sanitaria per garantire tempi e procedure certi a chi, nel rispetto di quanto previsto dalla sentenza 242/2019, richiede al Sistema Sanitario Nazionale le verifiche sulle proprie condizioni per avere accesso all’aiuto medico alla morte volontaria, il cosiddetto “suicidio assistito”. L’obiettivo è raccogliere almeno 5.000 firme autenticate e certificate di cittadini residenti nel territorio regionale entro la fine di marzo 2024. Lo scopo è quello di arrivare a una normativa di attuazione (procedure e tempi), secondo i principi dettati dalla Corte Costituzionale (sentenza 242/2019), per accedere alla morte volontaria attraverso l’auto somministrazione del farmaco letale. Una volta raccolte e depositate le firme necessarie potrà iniziare l’iter di discussione, avendo già la Regione dichiarato ammissibile la proposta di legge, ossia rientrante nelle competenze regionali. A questo link tutti i tavoli presso cui sarà possibile firmare in Toscana.

“Innanzitutto ringrazio Massimiliano per la fiducia che ci ha dato perchè in situazioni come la sua è più facile agire in clandestinità”, ha dichiarato Marco Cappato, tesoriere Associazione Luca Coscioni e imputato, “Il fronte delle disobbedienze civili sul fine vita si sta allargando: ora sono 4 i tribunali coinvolti (Firenze, Bologna, Milano e a breve anche Roma, a seguito della recente disobbedienza civile per Sibilla Barbieri), tra i disobbedienti ci sono anche dei parlamentari e sono 35 le persone iscritte all’Associazione Soccorso Civile, pronte ad assumersi il rischio di conseguenze penali per aiutare persone malate a porre fine alle proprie sofferenze. Noi andiamo avanti con queste azioni nonviolente di disobbedienza civile perché l’importanza di poter scegliere alla fine della propria vita diventa ogni giorno più importante. E andremo avanti fino a quando lo Stato si assumerà la responsabilità o di condannarci o di legalizzare queste pratiche e di aiutare le persone a poter decidere liberamente e consapevolmente di interrompere la propria vita. Da qui la forza della raccolta firme sulla proposta di legge “Liberi Subito” che parte da un'urgenza sociale che cresce e sulla quale ci sentiamo in grado di mettere a disposizione gli strumenti per trasformare tutto questo in nuovi diritti e nuove libertà per le cittadine e cittadini di questo Paese”.

Esiti possibili a seguito dell’udienza

1. Accoglimento della richiesta di archiviazione con motivazioni che possono essere sia quelle prospettate dal pubblico ministero nella sua richiesta sia quelle addotte dalla difesa degli indagati nella memoria depositata e in discussione. Non è, comunque, escluso che possa farlo anche con sue motivazioni, diverse da quelle delle parti. In tal caso pronuncia decreto motivato e restituisce gli atti al pubblico ministero.

2. Può ritenere necessarie ulteriori indagini, le indica con ordinanza al pubblico ministero, fissando il termine indispensabile per il compimento di esse, altrimenti provvede entro tre mesi sulle richieste.

3. Ritiene necessario l’approfondimento del giudice del merito, quindi dispone con ordinanza che, entro dieci giorni, il pubblico ministero formuli l’imputazione (la c.d. imputazione coatta). Entro due giorni dalla formulazione dell'imputazione, il giudice fissa con decreto l’udienza preliminare.

4. Potrebbe sollevare la questione di legittimità costituzionale

Fonte: Ufficio Stampa

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