"Diffamò mio nonno partigiano, ora archiviato": lo sfogo di Falorni contro i 'leoni da tastiera' sui social

"Hanno archiviato la pratica di un tizio che scrisse che mio nonno, partigiano comunista, era in realtà un picchiatore fascista e aveva sparato a una donna…figuriamoci che corso si può dare sul piano della giustizia a una infamata semplice di qualsiasi tipo". È lo sfogo del sindaco di Castelfiorentino Alessio Falorni, che in un post sul suo profilo facebook ricorda una vicenda che lo ha toccato personalmente, risalente ormai a qualche anno fa, per lanciare una critica ai cosiddetti 'leoni da tastiera' e a tutti coloro che usano i social network per lanciare offese e falsità.

Nel post si fa appunto riferimento ad una vicenda dell'ottobre del 2017, quando un utente, attraverso un profilo risultato poi falso, commentò un post del sindaco riguardante il nonno, Libero Falorni, accusandolo di essere fascista e addirittura di aver sparato ad una donna. Il nonno del sindaco, Libero Falorni, fu in realtà partigiano della Brigata d'assalto Garibaldi Antonio Gramsci di Castelfiorentino e membro del Comitato direttivo del PCI, autore anche di un libro di memorie sulla Resistenza toscana dal titolo 'La Memoria della libertà. Il movimento partigiano in Valdelsa'. Si trattava, quindi, solo di accuse infamanti, tanto che il sindaco decise di sporgere querela per diffamazione in memoria del defunto.

Nel dicembre del 2020, però, la querela è stata incredibilmente archiviata. Come riporta l'avvocato del primo cittadino Luca Tafi, la diffamazione fu ovviamente riconosciuta come tale, eppure non fu possibile risalire all'identità dell'autore del post. Il profilo era falso, sono note le difficoltà nell'ottenere informazioni dal colosso Meta, inoltre il Gip ha rilevato che qualora si fosse risaliti anche all'Ip dell'utente ciò non sarebbe bastato: il solo IP non bastava, infatti, ad accertare l'identità fisica dell'utente che aveva scritto quelle frasi, non avrebbe cioè garantito che l'autore del post e il proprietario dell'IP coincidessero. Senza individuo fisico, non poteva esserci responsabilità penale. Da qui l'archiviazione.

Le piattaforme social rischiano quindi di inquinare i pozzi dell'opinione pubblica, e non sempre esistono strumenti per garantire controlli e sanzioni. La vicenda di Libero Falorni, evocata dal nipote Alessio nelle vesto di sindaco, fa quindi luce su un tema molto più ampio che tocca tutti:

"È incredibile la quantità di veleno e di falsità (su Castello, ma ad esempio anche su di me personali) che ogni giorno questa gente butta in pasto all’opinione pubblica, contando su due cose: il fatto che non tutti li conoscano (digitare su un computer fa sembrare normali anche persone che a un bar sarebbero evitate), e il fatto che oggigiorno purtroppo anche una querela per diffamazione, da parte di un personaggio “pubblico”, lascia il tempo che trova. [...] questa roba è uno schifo, e anche se dopo nove anni uno ci fa il callo, reggere quintali di letame sparsi a piene mani da questi individui alla fine è fiaccante per chiunque. [...] È uno spaccato piuttosto rappresentativo di come funziona oggi l’opinione pubblica".

 

 

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