Un "grado minimo di offensività" di fronte alla "necessità di guadagnare per vivere e per fare fronte agli impegni presi verso terzi" e la "tenuità del fatto" hanno portato alla non punibilità del titolare del ristorante Da Tito a Firenze, che in piena pandemia rimosse i sigilli ben 10 volte. La sentenza è stata resa nota per Mohamed El Hawi, imputato leader del movimento IoApro, ristoratore che si scagliò contro i Dpcm emergenziali del covid. El Hawi dapprima aveva fatto ricorso contro le multe per cui fu sanzionato e un giudice di pace, a febbraio scorso, accolse un suo ricorso per le stesse motivazioni della sentenza in tribunale: aveva agito in stato di necessità.
"Il giudice del tribunale ordinario mi assolve in formula piena", scrive l'imprenditore in un post sui social, "dopo due anni neri per la storia dei diritti umani, portiamo a casa una grande vittoria. Ho rimosso 10 volte i sigilli alla mia attività, perchè sicuro di stare rispettando le regole della Costituzione ma soprattutto del buonsenso. Hanno fatto di tutto per mettermi i bastoni fra le ruote, farmi chiudere e rinchiudermi in galera buttando la chiave. Ma se quello che fai è giusto, che la strada è quella, devi fare solo una cosa: continuare a camminare. E ora, comincio a giocare io la mia partita, non pensate di cavarvela così finché giustizia non sarà totale".
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