Il cardinale Ernest Simoni torna a Radda in Chianti, la visita del "martire vivente"

Sabato 4 dicembre, di ritorno nell’Arcidiocesi di Firenze da Roma (dove aveva incontrato il nuovo presidente albanese, Bajram Begaj - nominato lo scorso giugno - in occasione dei festeggiamenti per l’indipendenza dell’Albania), il Cardinale Ernest Simoni ha visitato per la seconda volta la comunità raddese, accolto dalla Propositura di san Niccolo’ nelle persone di padre Massimiliano Maria e don Hector Largo, e dalle autorità cittadine.

Il presule, sfidando nei suoi 94 anni pioggia, nebbia e freddo, pur dopo i faticosi impegni presso l’Apostolato della capitale, non è voluto mancare all’incontro con il popolo raddese. Padre Ernest Simoni, nei suoi anni giovanili incarcerato e condannato a morte più volte, è stato salutato "martire vivente" da papa Francesco dopo aver ascoltato la sua testimonianza quale, ad oggi, unico religioso sopravvissuto alla persecuzione in odio alla fede perpetrata dal regime comunista ateo del dittatore Enver Hoxha nello scorso secolo, regime durante il quale fu perseguitata ogni professione religiosa, ogni culto, e quindi anche la "Chiesa del silenzio" di Albania.

Il prossimo anno saranno sessanta anni dall’arresto del religioso, più volte condannato a morte, il quale, presentandosi davanti ai plotoni di esecuzione sorrideva, come lui stesso racconta, dicendo "Nulla potete fare se non dettato dal Signore l’Altissimo, che è padre di tutti e anche vostro"; e anche "Quale gioia più bella fare ritorno alla casa del Padre!".

Dopo l’arresto, nel dicembre del 1963, il porporato ha vissuto ventotto anni tra prigionia e lavori forzati nelle miniere di rame e pirite, con altri 4.000 prigionieri tra religiosi e oppositori politici del regime. Nel 1991 concludeva la sua detenzione nelle fogne di Scutari.

Santa Madre Teresa di Calcutta, inviata in Albania da San Giovanni Paolo II per constatare in quali condizioni versava la chiesa di Albania, si recava a casa di don Ernest Simoni, che in quel momento viveva con suo cugino, unico arcivescovo del "paese delle aquile" sopravvissuto alla persecuzione. Nell’agosto dello stesso 1991, grazie all’interessamento della Santa di Calcutta, originaria dei Balcani, il presule poté abbracciare in Castel Gandolfo il Santo Giovanni Paolo II, contro il quale mai aveva bestemmiato o rivolto offese, come invece volevano i funzionari del regime, allo scopo di voler fondare una chiesa patriottica di Stato. Ma tutti i religiosi albanesi rimasero fedeli al Santo Padre. Degno di nota è ricordare che il cardinale, prima dell’arresto, spronava i giovani che gremivano la chiesa con queste parole: "Se occorre, vale la pena dare la vita per Gesù".

La Santa Messa delle 18, celebrata dal Cardinale nella Chiesa di San Niccolo’, ha visto la partecipazione attenta e commossa di molti fedeli, accorsi ad ascoltare con gratitudine le parole del presule, la cui veneranda età niente toglie alla lucidità del suo pensiero, delle sue raccomandazioni a camminare con determinazione nella via della fede e della speranza.

La breve ma intensa presentazione della sua vita (a cura di Vieri Lascialfari, della segreteria fiorentina del Cardinale), segnata da eventi drammatici, ci ha restituito e comunicato il senso vero della parola "testimonianza", del termine "martire"; ci ha reso più consapevoli di cosa significa essere testimone di una fede viva, salda, forte, convinta e convincente; ci dona la condivisione di una esperienza su cui ognuno di noi può riflettere, per poi avere il coraggio e lo sprone di decidere che vale davvero la pena mettersi nella mani amorevoli di Dio, affidarsi a Gesù e a Maria ogni giorno, in ogni circostanza, in ogni incontro della nostra vita.

La presenza del Cardinale è di quelle che non si dimenticano, di quelle a cui rivolgersi con deferenza sincera, di quelle che invitano all’ammirazione, certo non l’ammirazione mondana e frivola, ma l’ammirazione gioiosa di chi vede la presenza di Cristo; e non perché si tratta di un racconto, di una narrazione, ma di vita vera, vissuta, carne e sangue veramente versati per la salvezza delle anime, anche delle nostre.

Così, nel tempo di Avvento, la sua omelia acquista un valore ancora più grande, un accompagnamento alla nostra attesa del Salvatore che viene per ognuno di noi, fatti certi che, come recita il motto del Cardinale, Maria ripete: "Zemra jeme do-të triumfojë" , ovvero, "Il mio cuore trionferà".

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