È morto in Svizzera con suicidio assistito il toscano Massimiliano

Massimiliano con il padre Bruno

Il 44enne, affetto da sclerosi multipla, nei giorni scorsi aveva lanciato un appello in cui chiedeva di poter morire in Italia vicino alla famiglia: "Sono costretto ad andarmene via, per andarmene via"


Dopo l’appello pubblico per poter porre fine alle sue sofferenze in Italia, Massimiliano, 44 anni toscano, affetto da sclerosi multipla, è morto oggi in una clinica Svizzera tramite suicidio assistito.

Massimiliano è stato accompagnato da Felicetta Maltese, 71 anni di Firenze che aveva raccolto l'appello, iscritta all’Associazione Luca Coscioni e attivista della campagna Eutanasia Legale e da Chiara Lalli, giornalista e bioeticista. Entrambe, per questa azione di disobbedienza civile, rischiano fino a 12 anni di carcere per il reato di aiuto al suicidio e domani andranno ad autodenunciarsi a Firenze presso la Stazione Carabinieri Santa Maria Novella alle ore 11. Anche Marco Cappato, che in questa occasione non ha direttamente accompagnato Massimiliano, si autodenuncerá in veste di legale rappresentante dell’Associazione Soccorso Civile che ha organizzato e finanziato il viaggio di Massimiliano verso la Svizzera. Ad accompagnarli Filomena Gallo, avvocato e segretario Nazionale dell’Associazione Luca Coscioni.

Nel suo ultimo video messaggio Massimiliano dichiara: "Sono quasi completamente paralizzato e faccio fatica anche a parlare. Da un paio di anni siccome non ce la faccio più, questo corpo è guasto, non ce la fa più così ho iniziato a documentarmi su internet su metodi di suicidio indolore [….]. E finalmente ho raggiunto il mio sogno. Peccato che non l’ho raggiunto in Italia, ma mi tocca andare all’estero. E questa è una cosa un po’ bruttina. Perchè non posso farlo qui in Italia? A casa mia, anche in un ospedale, con i parenti, gli amici, vicino che mi supportano. No, devo andarmene in Svizzera. Non mi sembra una cosa logica questa. E quindi sono costretto ad andarmene via, per andarmene via".

Massimiliano in un video appello nei giorni scorsi aveva chiesto di poter essere aiutato a morire senza soffrire in Italia, a casa sua, vicino ai suoi cari. "Ma non può farlo però - spiega la nota dell'associazione Luca Coscioni - perché non è "tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale", quindi, non rientra nei casi previsti dalla sentenza 242/2019 della Consulta sul caso Cappato\Dj Fabo per l’accesso al suicidio assistito in Italia. Nel nostro paese, proprio grazie alla disobbedienza civile di Cappato per l’aiuto fornito a Fabiano Antoniani e quindi grazie alla sentenza 242 della Corte costituzionale che ha valore di legge, il suicidio assistito è possibile e legale quando la persona malata che ne fa richiesta è affetta da una patologia irreversibile, fonte di intollerabili sofferenze fisiche o psicologiche, pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli e tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e queste condizioni siano state verificate dal SSN. Requisiti sussistenti e verificati per Federico Carboni che lo scorso giugno ha invece potuto accedere al suicidio assistito senza che l’aiuto fornito configurasse reato".

Anche il padre Bruno era apparso nel primo video dove Massimiliano chiedeva di porre fine alle sofferenze in Italia senza andare all'estero. "Davanti al silenzio da parte della politica dopo la richiesta di aiuto di Massimiliano" il padre ha poi lanciato un suo ultimo appello a sostegno della libertà di scelta del figlio: "È cosciente della sua vita. Lui è lucido di mente. È arrivato a questo punto qui perché non ce la fa più. Non ce la fa più. È una sofferenza continua, giorno dopo giorno. È un volere suo, perché deve negare questo volere. Il corpo è suo, lo sente lui cosa soffre. E noi non possiamo dire di no. Sarebbe solo egoismo, per farlo soffrire ancora di più. Vorrei che fosse una cosa fatta in Italia".



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