La vicenda gassificatore vista con gli occhi di un tecnico, quelli dell’ingegner Paolo Gini. A capo del settore dei lavori pubblici e manutenzioni del comune di Empoli durante i mandati Bugli e Cappelli, è ora in pensione ed è entrato nella questione intervenendo a dibattiti pubblici e consegnando, proprio in uno di questi, una sua relazione tecnica alla sindaca Brenda Barnini
Perché Paolo Gini si è interessato di questa vicenda?
L’ho saputa casualmente. Io abito ad Avane e mia figlia a Pagnana ed un giorno mi disse che aveva saputo di questa cosa.
Quindi non l’ha saputa dai passaggi in consiglio comunale?
No, diciamo da quando ha preso il via il percorso partecipativo. Ho iniziato ad informarmi e, visto che alla prima serata non ho trovato posto per entrare, sono andato alle successive ponendo anche domande.
La prima impressione?
Sono rimasto sbalordito quando ho capito che ne volevano fare tre uguali: uno dentro l’Eni a Livorno, uno dentro la Solvay ed uno nei campi di Marcignana. Qui c’è un errore, mi sono detto. Come si possono paragonare quei comparti industriali con la campagna empolese?
Lo ha chiesto?
Sì, ho posto la domanda alla sindaca al Palazzo delle Esposizioni: come è che andate ad occupare terreni considerati da cinquanta anni come un filtro per preservare la frazione dalla zona industriale, una zona che il regolamento urbanistico definisce ad esclusivo uso agricolo?
Risposta?
"Dopo 50 anni tutto si può cambiare", mi disse. E’ vero, ma è anche vero che se si cambia un'area di quel tipo si fa con realizzazioni residenziali, commerciali ed amministrative, non con questo impianto. Mi pare paradossale.
A quel punto cosa ha fatto?
Ho iniziato ad analizzare le informazioni che la proponente ha fatto per capire come si relazionano alla legge.
Cosa ha capito?
Partiamo dalle quantità trattate. Si parla di 256mila tonnellate di quel tipo di rifiuti, un numero enorme dal quale loro dicono che si tireranno fuori 125mila tonnellate di metanolo e 1600 di idrogeno. Fra quanto entra e quanto esce c’è un gap i 130mila tonnellate e nessuno ha specificato cosa sono. Poi c’è la questione dello stoccaggio.
Ovvero?
Basta dividere e si capisce che 360 tonnellate di metanolo e 4,5 circa di idrogeno sono la produzione giornaliera che, stoccata, porta per due giorni rispettivamente a 700 tonnellate del primo gas ed 8/9 del secondo. Siccome l’impianto rientra nella Seveso 3, si superano i limiti stabiliti. A questo loro hanno risposto a chi ha chiesto la cosa che, dalle loro analisi, avrebbero fatto vedere che il rischio per le abitazioni non ci sarebbe stato.
Vediamola più in dettagli questa Seveso 3 che prende il nome dal disastro avvenuto il 10 luglio 1976 quando, nell'azienda ICMESA di Meda, ci fu la fuoriuscita e la dispersione di una nube di diossina TCDD, una sostanza artificiale fra le più tossiche.
Intanto la legge indica quali sono le distanze dall’impianto. In mancanza di dati forniti ritenuti certi e sicuri da parte dei proponenti, cautelativamente si dice di verificare mille metri di distanza. A questo punto faccio una premessa.
Quale?
Io parto dal presupposto che l’approccio dell’amministrazione sia improntato alla prudenza, cosa che la sindaca ha sempre detto.
Torniamo alla Seveso
La legge dà indirizzi in campo urbanistico, parla di pratiche emergenziali e fa riferimento ad un nuovo decreto che dovrebbe uscire e ad un Dmll lavori pubblici del 9 maggio 2001 dal titolo: linee guida per la sicurezza degli impianti a rischio rilevante. Scorrendolo si vede che si divide l’analisi in tre fasi: nella prima analizza le vulnerabilità nel raggio dei mille metri e le divide in fasce. Quella zona è in fascia A. Parla di scuole materne ed elementari e quella vicino al circolo c’è dentro. Poi c’è la parte ambientale ed ho fatto notare come quella che c’è oltre al provinciale è area ambientale di tutela e pregio da salvaguardare. Infine ci sono vicino aree di trasporto fondamentali come treno e Fi-Pi-Li. Tutto è in fascia A.
Andiamo avanti
Si parla di quello che è il rischio di danno. I proponenti devono presentare una relazione analitica sui danni eventuali ed anche qui ci sono tipologie di danni con relative tabelle. In queste ci sono le probabilità di evento e le tipologie di lesioni che può causare. Anche qui ci sono fasce divise in lettere.
Risultato?
Anche considerando l’ipotesti migliore, ovvero la più bassa probabilità di evento e lesioni più lievi possibili, quell’area non ci sta dentro. Se l’approccio è la prudenza, in un quadro simile, il no mi pare evidente.
Su questo cosa si risponde?
Il proponente può dimostrare dati alla mano perché non rispetta questi valori e, in teoria, potrebbe avere l’ok dagli organi di controllo. Quindi, quando loro dicono che lo faranno, dicono la verità ma, francamente, non so come ci riusciranno.
I gas che verranno prodotti?
L’idrogeno è una brutta bestia ed è per questo che la scelta dei siti è legata alla vicinanza con chi lo utilizza. Per capirci, basti dire che chi trasporta idrogeno non può nemmeno passare in una galleria. Oltretutto ancora non ci sono forni che vanno ad idrogeno, una cosa che è nota.
Concludendo?
Per il proponente è un’opportunità economica importante, ma oggettivamente ci sono dei rapporti fra impianto e territorio che ne rendono impossibile la realizzazione in quella zona.
Dopo i suoi interventi pubblici l’hanno cercata dal Comune?
No, nessuno ma non è questo il punto. Io ho ovviamente rapporti con i vecchi colleghi ma il mio obiettivo è solo far capire quanto questo progetto sia in un posto del tutto inadatto.
Ingegnere, fa parte del comitato Trasparenza per Empoli?
No, mi chiedono di intervenire alle iniziative per approfondire l’argomento ma mi siedo fra il pubblico.
Che sensazione ha avuto dall’ultimo Consiglio comunale?
Positiva, detto anche ieri nella serata di Bassa. Hanno iniziato un percorso per uscirne partendo dal presupposto che tutto è iniziato perché anche le altre forze politiche e quelle sociali erano di questo avviso. Poi, col passare dei giorni, ci sono state le iniziative che tutti conosciamo, la Cna ed i sindacati hanno manifestato perplessità e, alla luce di tutto questo, si chiedono se non sia il caso di rivedere questa decisione.
Il primo passo, come da noi anticipato nei giorni scorsi, dello stop al progetto. Il percorso gassificator-exit è iniziato. Prima finisce, meglio è per tutti.
Marco Mainardi
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