Salute di genere, Bezzini: “In Toscana una lunga storia e vogliamo rilanciarla”

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Simone Bezzini

La Toscana rilancia sulla salute e sulla medicina di genere, che non vuol dire – sia chiaro - medicina delle donne, ma è una medicina, come spiegano i professionisti, che tiene conto delle differenze:  una sorta di antesignana della medicina personalizzata del futuro. Se n’è parlato stamani nel corso di un convegno a Palazzo Strozzi Sacrati a Firenze, inserito nel programma della sei giorni “La Toscana delle donne” organizzata dalla Regione. Ma se n’è discusso nel pomeriggio anche ad Arezzo,  nel secondo dei quattro giorni della diciassettesima edizione del Forum Risk Management dedicato alla sanità di oggi e di domani.

Donne e uomini non rispondono allo stesso modo ai farmaci, che però spesso vengono testati (almeno in passato) quasi esclusivamente tra gli uomini. Oppure donne e uomini vivono in maniera diversa una stessa patologia o si ammalano più facilmente in alcuni casi e di meno in altri: il Long Covid ad esempio pare riguardare maggiormente le donne. I virus non agiscono allo stesso modo e dinamiche diversificate hanno tante volte anche i comportamenti a rischio. La salute insomma  non è neutra e la medicina di genere poggia su fatti ben precisi. Ci sono delle specificità. E quelle specificità, è l’assunto, vanno considerate per curare meglio le persone.

“Spesso la salute e la medicina di genere viene associata alla sfera sessuale e riproduttiva. E’ l’aspetto chiaramente più evidente – sottolinea l’assessore – ma non é solo questo”.

Ecco così che Katia Belvedere, direttrice di Ispro,  l’istituto per lo studio, la prevenzione e la rete oncologica della Regione Toscana, spiega come, tra i tumori, il melanoma sia ad esempio meno diffuso tra le donne e quand’anche si presenti le colpisce in maniera meno aggressiva. Racconta anche di come il tumore ai polmoni causi, in questo momento, tra il sesso feminile più decessi di quelli alla mammella e di quelli ginecologici insieme. Un’occasione anche per ribadire l’importanza degli screening oncologici, su cui Regione ed Ispro, assieme alle aziende territoriali, intendono ulteriormente investire.

“La Toscana – ricorda l’assessore Bezzini -  è stata una delle prime regioni che ha iniziato a lavorare su tutta una serie di progettualità e che si è dotata di strumenti tesi a promuovere la salute e la medicina di genere. Si tratta di un tema importantissimo”. “Abbiamo una storia qui in Toscana – prosegue – Ma l’obiettivo del convegno di stamani non era solo quello di raccontarsi e raccontare ciò che è stato fatto negli ultimi dieci anni, dopo la pandemia che ci ha spinto a concentrare le attenzioni sull’attività emergenziale. Lo scopo è anche quello di socializzare riflessioni per costruire traiettorie per il futuro”.   Per un sistema sanitario in grado di garantire un uguale accesso alle cure. E per curare prima di tutto le persone e non solo le malattie.

Con il centro di coordinamento e salute di genere inserito dal 2014 tra le strutture del governo clinico regionale la Toscana ha precorso i tempi. “E la forza ed efficacia delle azioni, in questo come in altri settori, sta nel creare reti” commenta Moigan Azadegan, medico donna del coordinamento regionale per la medicina di genere. Ecco così, tra i percorsi diagnostici terapeutici assistenziali, un progetto sulla preservazione delle fertilità o sulla valutazione del rischio cardiovascolare della donna in menopausa. E poi screening e diagnosi prenatali, una rete per la gestione delle gravidanze a rischio  o sulla depressione post partum.

Anche le medicine complementari integrate entrano in campo: dall’agopuntura alla fitoterapia e l’omeopatia. La loro visione olistica della salute, dove mente e corpo formano un insieme unico, hanno sempre dedicato un’attenzione particolare all’approccio di genere e risultano particolarmente ‘affini’ ai bisogni delle donne.

Anche la Rete dei codici Rosa sono uno spaccato, a suo modo, di medicina di genere: un percorso di accesso al Pronto Soccorso dedicato alle vittime di violenze ed abusi, in particolare donne e bambini ma anche persone oggetto di crimini d’odio,  un progetto sanitario diventato nel tempo socio-sanitario, per costruire percorsi che coinvolgano più professionalità ed adeguati alla tipologia delle vittime.  Nasce nel 2010 nell’Asl di Grosseto come esperienza pilota. Nel 2011 diventa progetto regionale e all’inizio del 2014 si completa la diffusione in tutte le aziende sanitarie della regione. A dicembre 2016 nasce la rete.

Dal 2012 al 2021 sono stati oltre 25 mila gli accessi nei pronto soccorso in “codice rosa”. “Pandemia e lockdown hanno ridotto il numero dei casi, che nel 2021 sono però tornati ai livelli del 2019” racconta la responsabile regionale Vittoria Doretti: 1918 casi, con un aumento del 14,6 per cento rispetto al 2020.

Fonte: Regione Toscana

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