Il sonno può aiutare a curare la sindrome dell’occhio pigro dato che contribuisce a potenziare l’attività plastica del cervello in risposta agli stimoli visivi. La scoperta arriva da una ricerca pubblicata sulla rivista eLife e condotta da Danilo Menicucci, Andrea Zaccaro, Maria Concetta Morrone e Angelo Gemignani dell’Università di Pisa insieme a Claudia Lunghi, ex collega dell’Ateneo pisano ora all’École Normale Supérieure di Parigi.
“La plasticità neurale è una proprietà fondamentale del sistema nervoso che ci consente di cambiare i nostri circuiti cerebrali in risposta alla pressione ambientale – spiega il professore Danilo Menicucci – Questo processo è in atto tutte le volte che acquisiamo nuove nozioni o impariamo un nuovo sport, ma è grazie al sonno che i cambiamenti diventano permanenti”.
La novità dello studio dei ricercatori dell’Università di Pisa è stata quindi dimostrare per la prima volta che questa funzione del sonno vale anche per i processi plastici a carico delle cortecce visive. La questione infatti non era affatto scontata dato che la plasticità di queste strutture è tradizionalmente considerata scarsa e che, soprattutto, si basa su meccanismi diversi da quelli alla base di apprendimenti più classici.
La sperimentazione condotta ha sfruttato le tecniche più avanzate di elettroencefalografia del sonno in combinazione con una manipolazione dell’esperienza visiva. A tale scopo, alcuni volontari hanno tenuto un occhio bendato per due ore e sono poi stati invitati a dormire per altre due. I ricercatori hanno così potuto verificare che gli effetti indotti dal bendaggio oculare sono durati più a lungo di quanto sarebbe invece avvenuto se i soggetti fossero rimasti svegli.
“Il cervello di una persona adulta che venga bendata per poche ore, poi dà più importanza agli input visivi che gli arrivano dall’occhio che è stato bendato – dice Danilo Menicucci – come noi abbiamo dimostrato, il sonno aiuta a mantenere più a lungo questo sbilanciamento, specie in quei soggetti che dormendo producono più onde lente”.
Le onde lente sono infatti un segnale che indica l’attività di consolidamento dei cambiamenti plastici nel nostro cervello. Dallo studio è inoltre emerso che insieme al coinvolgimento delle cortecce visive c’è anche quello delle aree cerebrali frontali, tradizionalmente legate al ragionamento e al pensiero umano, a riprova della complessa integrazione tra le aree che è alla base del funzionamento del nostro cervello.
I risultati della ricerca secondo gli studiosi possono quindi contribuire a chiarire cosa succede al nostro cervello dopo una lesione e permettere l’affinamento di nuovi approcci terapeutici per la sindrome dell’occhio pigro.
Fonte: Università di Pisa - Ufficio Stampa
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