Il 'Giglio magico' di Bruna Scali e Silvano Salvadori nella rotonda di Castelfiorentino

Il “Giglio rosso su fondo bianco”, quale stemma del nostro Comune, sottolinea la fedeltà del Castrum Florentinum a Firenze, confermata nel giuramento del novembre 1236 col vescovo di Firenze Ardingo alla presenza di ben 184 abitanti del paese; questo patto di fedeltà farà sì che proprio qui fu siglata nel 1260 la pace fra Firenze e Siena dopo la battaglia fra guelfi e ghibellini a Montaperti.

E’ detto “giglio bottonato”, formato da cinque petali superiori (tre principali e due stami più sottili e bocciolati) e dalle ramificazioni inferiori, tutte disposte in modo simmetrico.

Usato fin dall’XI sec., solo il 25 luglio del 1929 ha avuto il suo riconoscimento ufficiale: il bozzetto originale è conservato alla Biblioteca delle Oblate: scudo ovato d’argento, giglio aperto e bottonato di rosso. Di recente ne è stata graficamente decretata l’esatta forma con un apposito incarico di restyling.

E’ curioso analizzare le vicende dello stemma araldico di Castelfiorentino.

Sembra che nella sua prima versione ci fosse un “centopelle”, essendo gli antichi abitanti del nostro borgo verso Timignano dediti alla lavorazione delle pelli, dal cui fatto s’è originato un dibattito fra i sostenitori sul primato del piatto di trippa castellano rispetto a quello del lampredotto fiorentino.

Ma Firenze poi concesse il suo stemma a quelle comunità amiche per meriti militari e commerciali; lo concesse, piccolo o frammentato, a Firenzuola, Scandicci e Colle val d’Elsa che se ne fregiano; solo Scarperia e Castelfiorentino lo hanno in pieno campo.

La leggenda vuole che il Giglio Fiorentino, simbolo araldico della città di Firenze, abbia origine dalle vaste distese di iris, o giaggioli, che nascevano spontanei nelle campagne e lungo le sponde dell’Arno. Il termine giaggiolo (iris germanica var. florentina) altro non era che una storpiatura del fiorentino “ghiacciolo” in quanto l’iris fiorentino appariva bianco con delle venature azzurre e, proprio per questa particolarità, ricordava il colore del ghiaccio. Questo fiore simboleggia la purezza e per questo è divenuto il fiore della Madonna.

Intorno all’anno Mille, o poco dopo, tanto che fu vessillo nella prima crociata, questo simbolo venne eletto come immagine della città: era un giglio bianco in campo rosso. Ma il giglio fiorentino si distingueva e si differenziava da quello generico. In araldica infatti ancora oggi esistono due tipi di giglio: quello “normale” a tre petali (giglio di Francia) usato nella quasi totalità di stemmi, scudi, vessilli e bandiere, mentre il “giglio bottonato” fiorentino” ha gli “stami” che lo differenziano e lo contraddistinguono da tutti gli altri, essendo “fiorito”.

Il giglio inoltre si adattava perfettamente anche al nome della città: Fiorenza, ovvero la “città del fiore”, anche se gli studiosi sono concordi nello stabilire che ci sia un’attinenza con la Dea Flora, divinità propiziatoria, simbolo della Primavera e della fioritura delle messi, a ricordo del momento della fondazione della città nel 59 a.C. ad opera del certo mitico Pretore romano Fiorino.

 

IL PROGETTO PER LA ROTONDA

Il nostro progetto si intitolava “Giglio magico”, in quanto mirava a fornire una visione dinamica dell’emblema comunale, con una serie di immagini differenziate secondo le diverse angolature di visione per chi compie la rotatoria.

Ben ha creduto il Comune di Castelfiorentino nel 2018 di valorizzare questo suo stemma facendone oggetto di un concorso volto ad arredare una rotonda, quella di via dei Profeti, così che i castellani si sentissero orgogliosi della loro identità civica ed i sempre maggiori frequentatori della via Francigena lo riconoscessero sul loro cammino quale emblema della nostra ospitalità.

Per questo è stata scelta la rotonda in cui si interseca la circumvallazione con la vecchia via che porta verso Gambassi, su cui, provenendo da Coiano, si può continuare il percorso della Francigena.

La simmetria del giglio su fondo chiaro ci ha consentito di poterlo squadernare su otto facce così da renderlo sempre visibile nel corso della rotazione sia in una visione frontale che d’angolo.

Quali materiali sono stati scelti il cotto, l’acciaio inox e il vetro, in quanto testimoni delle attività industriali e artigianali della nostra comunità storicamente impiegata nelle numerose fornaci, nell’attività vetraria e in quella metallurgica.

I due dischi di acciaio inox intersecantesi sono formati da quattro parti a doppia faccia, in ognuna delle otto facce è tagliato col laser un mezzo giglio. Ogni parte è scatolata in maniera da poter contenere una lastra stratificata di vetro rosso temperato con cinque pellicole. Ogni disco è supportato da un telaio portante su cui sono fissate le tre lastre di vetro: una intera frontale e le altre due ortogonali ad essa. Le otto lastre inox traforate col laser sono scostate di qualche millimetro dal vetro onde ottenere effetti di ombreggiature che creino, a seconda dell’insolazione, effetti di tridimensionalità.

Fra il vetro e l’acciaio c’è una pellicola di dilatazione. Le lastre sono fissate da una serie di viti onde evitare le deformazioni dovute alle saldature nell’acciaio inox.

Il tutto è ancorato ad una complessa struttura ad incastro ben fissata al suolo e coperta da una semisfera in cotto. È stato possibile eseguire questa cupola, di non facile realizzazione in quanto perfettamente semisferica, tramite una centinatura complessa in compensato marino su cui sono adagiati in raggera i mattoni in cotto dell’Impruneta.

In ogni momento l’illuminazione solare crea su ognuno degli otto angoli percepiti effetti assai diversi, complicati a volte dalle reciproche possibilità di rispecchiamento e dalle ombre stesse dei dischi, effetto che si esalta con l’illuminazione notturna.

L’opera, dell’altezza di mt. 2,5, è stata dimensionata in maniera da reggere l’impatto con la vasta area dell’aiuola.

 

SILVANO SALVADORI e BRUNA SCALI

Commissione giudicatrice del Concorso:

Presidente Dott.ssa Serena Nocentini

Membri: Geom. Alessando Mencacci, Dott.ssa Ilaria Dainelli

Collaboratore all’esecuzione: arch. Antonio Tamburini

Esecuzione: CIF lattoneria di Calogero Agnello, Empoli

Vetri: Bini vetri, Empoli

Cotto Chiti, Ferrone Impruneta

Lavorazione inox: S.C. Costruzioni Meccaniche srl, Empoli

Lavoro edile: Kurti Luan

Centina in legno: Beppe Calvetti e studenti del corso di formazione professionale “Coeso”

Responsabile di seguire i lavori per il Comune di Castelfiorentino: Geom. Alessandro Mencacci

DEDICA

Dedico questo mio lavoro ai miei genitori, Bruno Scali e Marina Cambi, orgogliosi cittadini di Castelfiorentino. Mio padre ha sempre lavorato alla fornace COLC di Praticelli (ed era obbligo per me usare del cotto); anche mia madre vi ha lavorato, oltre ad impagliare i fiaschi. La fedeltà del loro amore, verso Castello e S. Verdiana, è sigillata nel mio cuore.

Bruna

TITOLO IL “GIGLIO MAGICO” PER LA ROTODA di CASTELFIORENTINO

Bruna Scali Silvano Salvadori

Comune di Castelfiorentino

 

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