Malattie infettive in gravidanza, un'app da UniFi

Informazioni utili sulle malattie infettive in gravidanza, validate da un gruppo di specialisti dell’Università di Firenze e dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi, a portata di telefono cellulare. Si chiama GAIA! l’applicazione gratuita dell’Università di Firenze (scaricabile da  Apple Store e Google Play) che si propone come strumento per l’iter diagnostico-terapeutico destinato agli operatori sanitari e quale canale di prevenzione dalle infezioni rivolto alle pazienti.

L’applicazione è il risultato di una collaborazione che coinvolge il Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica (Lorenzo Zammarchi,  responsabile del progetto di realizzazione della App), il Centro di Riferimento della Regione Toscana per le Infezioni in Gravidanza (Michele Trotta), il Dipartimento di Neurofarba (Alfredo Vannacci), il laboratorio congiunto Scarab Lab (Roberto Bonaiuti) , il Dipartimento di Scienze della Salute (Paolo Bonanni), il Centro di Riferimento della Regione Toscana per lo Studio e la Cura delle Malattie Tropicali (Alessandro Bartoloni) e CiaoLapo ETS (Claudia Ravaldi).

“L’idea – spiegano i ricercatori e medici -  è nata dalla volontà di colmare un bisogno di conoscenze in questa materia e dalla disponibilità di un gruppo di medici e farmacisti di metterle in condivisione con uno strumento facilmente consultabile”.

“Sul web le notizie di carattere medico si trovano molto facilmente, ma possono essere approssimative o scorrette – prosegue il team che ha pensato e realizzato la App– questo strumento invece costituisce una fonte verificata, autorevole e attendibile sia per i professionisti sanitari che per i pazienti”.

Approvata dal Dipartimento Materno Infantile dell'Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi, l’applicazione è stata realizzata con il sostegno di Fondazione CR di Firenze nell’ambito del bando "Ricerca scientifica e tecnologica" del 2016. La realizzazione tecnica della APP è stata curata da Spindox spa e dallo spin-off accademico Dynamedics srl.

Fonte: Università di Firenze - ufficio stampa

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