Accertati migliaia di sversamenti illeciti in un tombino della rete fognaia pubblica livornese, oltre al recupero dei redditi occultati al fisco. Nel 2020 l'indagine portò a 3 arresti e 7 indagati
Furono 3 gli arresti nel dicembre 2020 e altri 7 gli indagati per presunto smaltimento illecito di liquami domestici. Adesso nell'inchiesta della guarda di finanza di Livorno, coordinata dalla Dda di Firenze, sarebbero stati accertati 7mila "svuotamenti di fognature, pozzi neri e fosse settiche di abitazioni residenziali e impianti industriali cui seguirono altrettanti incredibili sversamenti in un tombino della rete fognaria pubblica livornese, in particolare intorno a Castiglioncello". Alle condotte già scoperte a fine 2020, ora si aggiunge il recupero a tassazione dei redditi "occultati" al fisco negli ultimi cinque anni, 1 milione di euro e 230mila euro di Iva evasa constatata. L'attività era svolta al nero da una srl multiservizi con il consenso dei clienti, attratti dal prezzo di 150 euro per ogni autospurgo senza fatturazione.
Questo quanto ricostruito in particolare dalla guardia di finanza di Castiglioncello, a conclusione dell'indagine "Stop stinks", in materia di traffico illecito di rifiuti.
L’inchiesta ora è stata definita su richiesta degli imputati in sede di processo innanzi al Gup con il patteggiamento della pena. "1 anno e 2 mesi di reclusione con sospensione condizionale della pena e la non menzione della condanna nel certificato del casellario per gli imputati, con pena pecuniaria di oltre 36mila euro per la srl multiservizi" spiegano le fiamme gialle.
Le indagini hanno accertato che la srl multiservizi, attiva anche durante il primo lockdown della pandemia, non rispettava la normale procedura di smaltimento dei liquami considerati rifiuti speciali non pericolosi, sversandoli direttamente nella rete fognaria pubblica anziché presso strutture idonee. Omessi inoltre formulari di movimentazione e gestione dei rifiuti e la documentazione contabile comprovante attività di svuotamento e pulizia delle fosse settiche e dei pozzi neri.
Un'evasione portata avanti dal "tacito consenso di parte della clientela" aggiunge la Gdf, spiegando che ogni autospurgo non fatturato costava 150 euro, il 20-30% in meno rispetto al prezzo medio di mercato. Dunque, al termine della manutenzione, la clientela probabilmente attratta dal prezzo, dava il proprio assenso a non ricevere il documento fiscale, "concretizzando i termini di una deplorevole evasione da consenso" afferma la guardia di finananza.
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