Il sindaco Ciappi: "Gli uomini di Fabbrica furono trucidati gratuitamente, senza una ratio militare, vittime del sentimento discriminatorio dei tedeschi durante la loro ritirata"
"Una grande nuvola rossa di fumo, mista a polvere che odorava di violenza e morte, sovrastava il borghetto di Fabbrica, vicino a casa mia, e lo scoppio di una mitragliatrice che rimbombò forte e chiaro confermò che stava accadendo qualcosa di terribile, avvertii subito i miei familiari, volevo scendere in strada e andare a soccorrere ma ero troppo piccolo". Aveva 12 anni Francesco Vermigli, oggi novantenne, quando dalla finestra della propria camera scorse in lontananza l'orrore che si stava consumando a pochi metri dalla sua abitazione. Al ricordo l'anziano, che rievoca alcuni dettagli durante la commemorazione avvenuta a Fabbrica lo scorso 24 luglio, fa fatica a nascondere la commozione.
I tedeschi che avevano allestito nella zona di Fabbrica una linea difensiva e si erano insediati sin dal maggio 1944 nella Villa del Conte Piatti decisero di fare irruzione nella casa di Bruno Viviani, doveva vivevano alcune famiglie di sfollati, catturarono Brunetto Bartalesi, Giuseppe Vermigli, Carlo Viviani e Bruno Viviani. Due adulti e due anziani furono arrestati, condotti dai soldati nazifascisti al di fuori dell'edificio e poi fucilati a colpi di mitraglie nella vicina Fornace di Fabbrica. Solo Carlo Viviani, ferito, riuscì a salvarsi fingendosi morto e a testimoniare che i tedeschi prima di uccidere gli uomini li accusarono di essere partigiani. Carlo Viviani morì qualche anno dopo, nel 1948, a causa di una malattia causata proprio dagli avvenimenti del 24 luglio. A 78 anni dalla Liberazione il Comune di San Casciano in Val di Pesa ha commemorato le vittime della strage di Fabbrica, il 24 luglio, giorno del massacro, con la celebrazione della Santa Messa nella chiesa di Sant'Andrea in Fabbrica, in suffragio delle vittime dell'eccidio con il parroco Don Rosario Landrini. Il ricordo commosso, partecipato da tanti cittadini tra cui Francesco Vermigli e Mirella Lotti, figlia di Carlo Lotti, vittima della vicina strage di Pratale che si consumò il giorno prima, è stato rimarcato dall'intervento del sindaco Roberto Ciappi che in questa occasione ha deposto una corona al Monumento, situato nel borgo di Fabbrica.
"I martiri di Fabbrica erano uomini che non avevano nulla a che fare con la guerra e la barbarie nazifascista – dichiara il sindaco Roberto Ciappi – erano contadini, avevano semmai un forte legame con la terra della quale si prendevano cura con amore e dedizione, eppure furono strappati alle loro famiglie e furono trucidati gratuitamente, senza una ratio militare, i civili di Fabbrica furono vittime del sentimento discriminatorio dei tedeschi durante la loro ritirata, della volontà di sopraffazione e prevaricazione che forse si accendeva all’idea che la loro occupazione fosse vicina alla disfatta, sentimenti di violenza e intolleranza che purtroppo a distanza di tanti anni tornano ad emergere in tanti altri conflitti attuali, come quello vicino del paese ucraino".
"Tali drammatici fatti ci fanno capire quanta strada sia da percorrere e quanto ancora dobbiamo lavorare per la reale costruzione della pace – continua il primo cittadino - che non può scaturire dal sangue o da altra violenza, non sono d’accordo con chi sostiene che la pace si fa con la guerra, è quanto di più distante ci sia dalla mia visione che invece fa leva sui concetti di rispetto, uguaglianza, fratellanza, dialogo e salvaguardia dei diritti umani. Sono questi i temi che danno forma e sostanza alla nostra rinascita, segnata dalla Carta Costituzionale che scaturì proprio dal sacrificio delle innumerevoli vittime civili e militari che lottarono per la nostra libertà e la nostra democrazia. E oggi costituisce un faro, una guida per ogni azione, nella pienezza dei diritti e dei doveri, del vivere civile". All'iniziativa hanno preso parte anche il consigliere regionale Massimiliano Pescini e il sindaco di Barberino Tavarnelle David Baroncelli. Dalla strage di Fabbrica si salvò il giovanissimo Varis Viviani. I tedeschi spinsero e rimandarono il dodicenne in casa facendolo unire al gruppo delle donne.
Fonte: Ufficio Stampa Associato Chianti Fiorentino
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