Frode nelle forniture pubbliche, truffa aggravata allo Stato, sfruttamento del lavoro, manodopera clandestina, subappalto violato per contratti con la pubblica amministrazione.
Questi i reati per i quali il gip di Prato ha emesso una misura cautelare per 16 persone in 16 province, tra cui Prato e Roma, oltre ad altri 11 avvisi di garanzia. Il totale è di 27 indagati per l'inchiesta che prevede anche un sequestro preventivo da oltre 43 milioni di euro.
L'indagine è stata svolta dalla squadra mobile di Prato coordinata dalla procura locale, assieme al Gruppo Specializzato di Prato per la prevenzione e contrasto ai fenomeni di sfruttamento del lavoro della ASL Toscana Centro.
Le forniture di camici e tute per i sanitari durante l'emergenza Covid sono al centro delle 10 ordinanze (4 in carcere, 6 ai domiciliari) e altre 6 misure cautelari.
Lo sfruttamento da parte di un sindacato verso un lavoratore senegalese in un'azienda tessile cinese di Prato ha portato a scoprire il sistema di subappalti per la produzione di Dpi, in violazione alle norme sulle gare pubbliche.
Al centro delle indagini, gli appalti vinti dalla Consorzio Gap, azienda romana aggiudicandosi commesse del commissario straordinario per l'emergenza Covid e della Regione Lazio. Il consorzio ha usato aziende del Pratese e di altre province italiane. Su Prato le imprese cinesi sfruttavano stranieri (bengalesi, africani, orientali e pakistani) che lavoravano fino a 12 ore al giorno, festivi inclusi.
I principali contratti esaminati dagli inquirenti, si legge in una nota della procura, sono "la fornitura di circa 2 mln di camici monouso in favore della Asl Roma 2 aggiudicata il 28 settembre 2020 nonchè una commessa prevista dal commissario straordinario con cui è stata affidata al Consorzio Gap il 12 novembre 2020 la fornitura di 5 mln e mezzo di tute protettive sterilizzate per un totale di 44,5 milioni di euro nonchè 5,5 mln di tute non sterilizzate per un totale di 39,05 milioni".
La procura ha poi emesso 11 avvisi di garanzia disponendo perquisizioni per imprenditori italiani e stranieri di Reggio Emilia, Lecco, Pisa, Campobasso, Vicenza, Bologna, Arezzo, Torino, Brescia, Lecce, Pavia, Modena e Isernia: si tratta di 'terzisti' che per l'accusa avrebbero prodotto camici e tute violando il divieto di subappalto in commesse pubbliche e ai quali è contestata anche il reato di frode.
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