Mostra su Canova all’Accademia di Belle Arti

Inaugura oggi, nella sede storica dell’Accademia di Belle Arti in via Ricasoli, la mostra Il Culto del Bello. Antonio Canova, Giovanni degli Alessandri e l’Accademia di Belle Arti di Firenze, curata da Sandro Bellesi e realizzata in occasione del bicentenario della morte del grande scultore trevigiano. La mostra si svolge con il contributo di Fondazione CR Firenze e con il patrocinio del Ministero della Cultura, della Regione Toscana, del Comune di Firenze e del Comitato nazionale per le celebrazioni del bicentenario della morte di Antonio Canova.

Per tre mesi sarà possibile ammirare cento opere tra cui sculture, bassorilievi, stampe e documenti d’archivio provenienti, fra gli altri, da importanti musei pubblici – tra cui il Museo del Bargello, il Museo dell’Opificio delle Pietre Dure, il Museo di Casa Martelli, il Museo civico di Pistoia, il Museo di Palazzo Pretorio di Prato – e da collezioni private. L’iniziativa, che nel titolo richiama quella ricerca del “bello ideale” propria dell’arte neoclassica, è stata anche l’occasione per valorizzare il patrimonio storico-artistico dell’Accademia, in parte sottoposto a una campagna di restauro straordinaria, che ha riguardato, ad esempio, la statua del Perseo trionfante restaurata dall’Opificio delle Pietre Dure.

Allestita negli spazi monumentali della Sale Ghiberti e della Sala Minerva, nel Corridoio dei Bassorilievi e nella Biblioteca ottocentesca – che per l’occasione espone una preziosa selezione di edizioni antiche dedicate all’opera di Antonio Canova –, “Il Culto del Bello” trasforma per la prima volta l’Accademia di Belle Arti in un vero e proprio spazio espositivo che ne ripercorre i primi 45 anni di vita: dal 1784 – anno di fondazione da parte del Granduca di Toscana Pietro Leopoldo – al 1828, ultimo anno di presidenza del nobile fiorentino Giovanni degli Alessandri, figura chiave per comprendere anche il legame che l’Accademia seppe costruire e mantenere a lungo con Antonio Canova. Anni che si intrecciano inevitabilmente con i maggiori avvenimenti storico-artistici del tempo tra cui la dominazione napoleonica e l’ascesa di Antonio Canova che in quegli anni non era soltanto un artista richiestissimo, ma anche Ispettore generale delle Belle Arti per lo Stato pontificio e sovrintendente del patrimonio artistico, fino a ottenere – grazie anche all’impegno profuso nel recupero dei beni artistici trafugati dai francesi – un vitalizio che destinò al sostegno delle Accademie. Fu in questo periodo che, grazie all’amicizia con Degli Alessandri, Canova fece da tramite, ad esempio, per far arrivare da Londra alcuni dei primi calchi dei fregi e delle statue del Partenone.

La mostra sarà visitabile con ingresso gratuito fino all’8 ottobre dal martedì al venerdì, dalle ore 10 alle 18, e il sabato dalle ore 10 alle 13. Nel mese di agosto, invece, la mostra resterà aperta dal martedì al venerdì, dalle ore 10 alle 14, e chiusa nella settimana di ferragosto.

Statue, calchi e bassorilievi in gesso

Protagoniste della mostra sono le statue in gesso, calchi a grandezza naturale di originali in marmo che tra settecento e ottocento le Accademie d’arte utilizzavano per fini didattici. Un patrimonio che – ricorda Steffi Roettgen in uno dei saggi che compongono il catalogo della mostra – nel XX secolo cadde progressivamente in disgrazia, arrivando a subire persino atti di vandalismo da parte di studenti che in questo modo intendevano rompere con i metodi educativi del passato. Solo recentemente i gessi sono stati rivalutati e hanno ritrovato una loro dignità artistica, insieme ai maestri formatori. “Trarre il calco da un’opera antica – si legge nello stesso saggio – era un’operazione delicata che richiedeva precise capacità, tanto che il permesso veniva concesso con parsimonia”.

Tra i formatori spicca nella mostra il nome di Gaetano Ciampi, autore dei calchi dell’allora richiestissimo Gruppo della Niobe – oggi ospitato in una sala dedicata alle Gallerie degli Uffizi – che con le sue 14 statue era ritenuto una delle serie di statue antiche più complete. Fu proprio grazie all’invio di questi calchi al British Museum di Londra – operazione caldeggiata da Antonio Canova – che l’Accademia di Belle Arti poté ottenere in cambio i calchi dei fregi e delle statue del Partenone che tuttora adornano la Sala Minerva.

Fra le opere in gesso merita un’attenzione particolare la statua del Perseo trionfante, calco dell’originale in marmo, donato all’Accademia dallo stesso Canova e proveniente direttamente dal suo atelier romano, come testimoniano alcuni particolari rilevati dai restauratori dell’Opificio delle Pietre Dure durante l’ultimo restauro (materiali, tecniche d’esecuzione, patinatura esterna). Il gesso del Perseo entrò a far parte delle collezioni dell’Accademia nel 1803.

Tra le opere in gesso anche numerosi bassorilievi, testimoni dei concorsi e del cosiddetto pensionato artistico a Roma, una sorta di borsa di studio quadriennale, grazie alla quale gli studenti dell’Accademia di Firenze potevano frequentare le botteghe degli artisti più importanti, tra i quali Antonio Canova, ed essere seguiti da questi.

Dipinti e fonti archivistiche

Fra i dipinti in mostra è particolarmente significativa una tela di Gaspero Martellini che raffigura Elisa Bonaparte Baciocchi, sorella di Napoleone e granduchessa di Toscana, mentre distribuisce i premi durante uno dei concorsi indetti annualmente dall’Accademia di Firenze (qui siamo nel 1809). Con lei anche Antonio Canova. Nonostante fosse stata nominata granduchessa di Toscana soltanto pochi mesi prima, Elisa Baciocchi, che era anche una grande estimatrice delle arti, volle presenziare alla cerimonia insieme alla famiglia, sottolineando così il suo ruolo di mecenate e l’importanza che riconosceva alla formazione artistica.

Fra i documenti d’archivio, invece, sono di particolare rilievo le tavole di un progetto quasi dimenticato: la costruzione di un tempietto per ospitare il gruppo della Niobe al giardino di Boboli. Prima di trovare collocazione in una sala dedicata agli Uffizi, gli addetti ai lavori discussero molto sull’opportunità di collocare il gruppo scultoreo all’aperto. Il documento, custodito nell’archivio storico dell’Accademia, aggiunge un tassello di conoscenza in più alla vicenda di uno dei gruppi scultorei più celebrati dal gusto neoclassico.

Fonte: Accademia di Belle Arti - Ufficio Stampa

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