"Stiamo bene qui a Empoli, so lavorare nel ricamo e voglio lavorare, i miei figli e la mia famiglia vivono bene qui e vogliamo rimanere".
È questo l'appello di Wasy Abdul, 37enne rifugiato politico giunto ormai 9 mesi fa dall'Afghanistan con la sua numerosa famiglia (lui padre, sua moglie e ben 6 figli dai 4 ai 16 anni di età) e stanziale a Marcignana di Empoli, in un'abitazione messa a disposizione all'interno del sistema di accoglienza statale.
Wasy si è fatto aiutare da Marco, un vicino di casa divenuto amico col passare del tempo, per tentare di farsi una nuova vita qui in Italia. Lavorava a Kabul, alla base militare, dove come privato ricamava a livello industriale le divise per i comandi militari alleati che si sono succeduti, tra cui anche l'Italia. Un lavoro che lo ha portato ad avere un tenore di vita agiato e una vita tutto sommato tranquilla.
Al ritorno dei talebani dopo 10 anni la situazione è precipitata. Wasy è stato evacuato nel corridoio umanitario con un aereo che lo ha portato, assieme alla sua famiglia, prima a Roma, poi a Montecatini Terme in un albergo sanitario per la quarantena obbligatoria, infine a Empoli, nella frazione di faccia all'Arno.
Wasy ci racconta che i suoi figli si stanno ben integrando con i compagni di classe, il più grande ha già imparato l'italiano molto bene guardando i programmi in tv con i sottotitoli. Per questo l'ipotesi che tutto possa cambiare da un giorno all'altro per i meccanismi del sistema di accoglienza lo porta a cercare un lavoro, con la mira di poter raggiungere l'indipendenza economica.
Abbiamo raccolto l'appello di Wasy come giornale online. Mettiamo a disposizione il contatto WhatsApp della nostra redazione al 392/9057087 per raccogliere eventuali offerte di lavoro che verranno poi girate all'interessato. "Mi rendo disponibile per lavorare sia nel settore in cui ho esperienza sia in altri ambiti, sono pronto a tutto", conclude il rifugiato.
Elia Billero
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