Basta con la contrapposizione stantia movidari e residenti, una Firenze diversa è possibile. Sono determinati i promotori del comitato “Ma noi dove si esce?!”, progetto ancora in evoluzione e non ancora “ufficiale”, ma che sabato 9 aprile alle 16 ha comunque tenuto un'assemblea pubblica in piazza del Carmine proprio per intavolare un discorso condiviso che ascolti voci e idee nuove sulla vita notturna fiorentina.
“Per ora è un progetto di comitato, animato da un gruppo di ragazzi e ragazze tra i 20 e i 30 anni, che intende promuovere una serie di iniziative nelle quali venga offerta alla ‘questione movida’ una lettura diversa rispetto alla classica diatriba generazionale ‘residenti contro giovani’ – spiegano i promotori –. Non ci poniamo in opposizione ai comitati anti degrado notturno, anzi: la movida fiorentina ormai è un problema, siamo pienamente d’accordo con i residenti. Si tratta di un problema strutturale: Firenze è una città caratterizzata da una concentrazione elevatissima di alberghi, studentati di lusso, resort, locali di ristorazione, tutti perlopiù inseriti all’interno dell’area Unesco del centro storico. Oltre 200 esercizi di somministrazione di cibi e bevande per chilometro quadrato, con concentrazione ancora più elevata in determinate vie”.
È inevitabile, quindi, che un numero elevato di esercizi commerciali richiami un’importante quantità di avventori, che vada poi a scontrarsi con la quota sempre più risicata di residenti, creando situazioni di conflittualità. Piazza Santo Spirito ne è l’esempio più evidente.
“Invece di intraprendere la strada del conflitto generazionale, l’Amministrazione dovrebbe intavolare un dialogo che individui soluzioni praticabili, con l’obiettivo di aumentare il numero di residenti e diminuire il numero dei locali, rendere possibile la fruizione libera degli spazi pubblici e dotare questi ultimi di fontane e bagni pubblici. Inoltre, il Comune potrebbe organizzare iniziative gratuite fuori dal centro, in modo da alleggerire l’Area Unesco. Gli eventi ospitati all’Anfiteatro delle Cascine, ad esempio, sono spesso occasioni perse: il più delle volte sono costosi e non incoraggiano una fruizione dello spazio pubblico, che anzi viene trasformato in luogo da cui trarre sempre profitto. Lo abbiamo visto con i tavolini: per ovviare al problema reale degli esercenti senza introiti a causa della carenza turistica determinata dalla pandemia, la soluzione che ha trovato il Comune è stata affittare loro lo spazio pubblico, che invece dovrebbe essere di tutti”.
Un’idea per fronteggiare la malamovida e ripopolare il centro fiorentino potrebbero essere le case popolari. “Il nuovo bando appena uscito non dispone di numeri sufficienti per rispondere alla domanda e noi pensiamo che la concessione di case popolari in centro – non social house o co-housing, ma edilizia residenziale pubblica vera e propria – possa costituire un passo importante per riportare la residenza in centro e garantire un presidio sociale del territorio”
L’assemblea di sabato scorso è stata, da una parte, la presentazione di questa volontà di dialogo, dall’altra, ha mantenuto un’impostazione “da workshop” per costruire una mappa del Quartiere 1 e del centro, per discutere in base all’esperienza personale dei presenti – una trentina – sulle potenzialità e le carenze dei luoghi maggiormente vissuti. Alla manifestazione hanno partecipato non solo i membri del comitato anti movida molesta “Noi quando si dorme”, ma anche la consigliera comunale di Sinistra Progetto Comune Antonella Bundu e del consigliere del Q1 di Sinistra Progetto Comune Francesco Torrigiani, i quali hanno ribadito la denuncia della svendita del patrimonio pubblico immobiliare. “Il comune dice no a nuovi alberghi – incalzano gli attivisti – ma poi sorgono resort e gli studentati di lusso con funzione di hotel possono aprire perché urbanisticamente rientrano come uffici; i B&B continuano a proliferare, i ristoranti hanno il blocco delle licenze ma possono trasferire le suddette licenze da un posto a un altro, così dopo aver divorato un quartiere, una volta che non è più attrattivo si spostano in un’altra zona secondo il meccanismo di domanda e offerta. E la città si trasforma in una groviera.
Con il comitato 'Noi quando si dorme' condividiamo l'ottica generale, pur preferendo metodi differenti. Quello che cerchiamo – concludono i promotori del comitato – non è tanto la nascita di un nuovo comitato strutturato, quanto offrire un momento di dialogo inclusivo. Cerchiamo dibattito, non soluzioni autodirette. Vorremo costruire un’alternativa di discussione, non vogliamo ottenere un nostro piccolo feudo o mera visibilità. È ancora tutto molto fluido: l’idea è far partire un dibattito con un’altra voce, poi le piazze parleranno da sole; quando ci sarà bisogno di spazi le persone sapranno rivendicarli spontaneamente”.
Giovanni Gaeta
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