Fermata la produzione di 400 ambulanze a Montopoli perché mancano i furgoni da Stellantis

Un gruppo di dipendenti con l'ad Andretta (in piedi) e il responsabile commerciale Tavoni (seduto in fondo)

La crisi delle materie prime sta creando un pericoloso effetto domino nell’industria della provincia di Pisa e non solo. Un esempio è il caso di Intech Services, l’azienda di Montopoli Valdarno che è ferma da diversi mesi (con centinaia di ordini arretrati) in seguito allo stop della produzione di furgoni destinati a diventare ambulanze. “La situazione è molto preoccupante ed è assolutamente necessario un intervento drastico e coraggioso della politica”, commenta Patrizia Alma Pacinipresidente dell’Unione Industriale Pisana. “La vicenda di Intech, che la nostra associazione sta seguendo da vicino e ha portato all’attenzione della Regione Toscana non è dissimile da altre imprese non solo in Toscana. Il fatto che, in questo caso, vi siano di mezzo la sicurezza e la salute, non può che spingere a una veloce e doverosa soluzione”.

 - IL CASO DI INTECH SERVICES -

Venti persone in cassa integrazione, nessuno dei contratti a tempo determinato rinnovato, circa 300 ordini inevasi e un altro centinaio in arrivo e da rinviare. Da ottobre 2021 l’azienda Intech Services, di Montopoli in Val d'Arno in provincia di Pisa, che per Orion s.r.l. (primo produttore italiano di veicoli di soccorso) progetta e produce ambulanze, si è dovuta fermare perché da allora non riceve i furgoni destinati ad essere ‘trasformati’ in ambulanza. L’azienda, come le sue concorrenti in questo comparto, non è che una delle tessere di un domino scatenato dalla carenza di materie prime che, da mesi, investe anche il settore dell’automotive. Quello delle ambulanze è però un ambito altamente sensibile che, in particolare dalla pandemia, ha incrementato il proprio fabbisogno e vive adesso una situazione drammatica - già ampiamente segnalata a livello nazionale dalle principali associazioni di volontariato come Croce Rossa, Anpas e Misericordie – che coinvolge diverse aziende sul mercato italiano e, in particolare, su quello toscano che, da solo, soddisfa per circa l’80% il fabbisogno nazionale di ambulanze.

Paolo Andrettaamministratore delegato di Intech Services, e Pietro Tavoni, il responsabile commerciale, ripercorrono le tappe di una situazione che nel giro di pochi mesi è precipitata e sollecitano una azione morale verso Stellantis “per non paralizzare il settore sanitario e del soccorso”.

“La nostra – spiegano – non è una battaglia individuale ma è nell’interesse di tutte le aziende che operano in questo settore. In tutta Italia la produzione di auto-ambulanze è concentrata fra 10-11 aziende che coprono il fabbisogno nazionale; di questo, l’80% è coperto da imprese che operano in Toscana. L’intero settore è ora bloccato perché Stellantis ha fermato la produzione di furgoni, i classici Ducato, che nei nostri stabilimenti vengono adattati e allestiti per diventare ambulanze. Questo stop investe ovviamente tutto l’indotto, quindi anche le imprese che producono apparecchiature elettromedicali, barelle e tutto quanto si trova all’interno di una ambulanza. Parliamo insomma di decine di aziende e di migliaia di persone”.

“Ogni anno, il mercato italiano – spiega Pietro Tavoni, responsabile commerciale Intech - richiede circa 1400-1500 ambulanze. Intech, assieme a Orion, ne realizza circa 600; i clienti finali sono le associazioni di soccorso, ma anche le Asl. Un esempio: in Puglia, al momento, c’è, ferma, una commissione per 150 macchine a sua volta legata a nuove assunzioni. Superfluo dire che anche queste sono bloccate”. “Il problema – prosegue Tavoni – non riguarda solo la paralisi delle aziende per la mancanza dei furgoni, ma si estende anche al diritto alla salute degli operatori e dei pazienti: la vita di una ambulanza è di 4 anni o di 150mila chilometri; se ne deduce che c’è un continuo bisogno di questi mezzi, mentre le notizie che ci arrivano dagli operatori sono estremamente preoccupanti. Molti mezzi sono super-sfruttati, oramai obsoleti, alcuni addirittura si fermano. Insomma – conclude il responsabile commerciale di Intech Services – la questione è diventata molto delicata e pericolosa”.

“La crisi dei furgoni è iniziata a settembre – racconta Paolo Andretta, ad Intech -. Dopo le prime rassicurazioni da parte di Stellantis, in relazione a una ripresa della produzione a febbraio, abbiamo saputo che non se ne riparlerà prima di settembre 2022. Sappiamo molto bene che anche il settore automotive sta viaggiando a ritmo ridotto, ma riteniamo che ci siano le possibilità per dare priorità alla produzione di questi furgoni. Ne basterebbero 400 per consentirci di evadere gli ordini arretrati e di poter così aiutare le associazioni di soccorso. Abbiamo valutato che per produrre 1500 mezzi basterebbe una giornata di lavoro o due mezze giornate negli stabilimenti di Stellantis”.

“Quando la proprietà di questa azienda era ancora italiana – rammenta Andretta –, i manager di Fiat davano sempre, anche nei periodi più difficili, assoluta priorità alla produzione di questi furgoni, consapevoli della loro essenzialità per il sistema sanitario. Dopo tutto si tratta di numeri irrisori e però fondamentali per un settore strategico come è questo”.

L’intervento di Patrizia Alma Pacini, presidente UIP

“Sappiamo bene che il caro energia e la difficoltà di approvvigionamento delle materie prime e i relativi rincari sono fenomeni che ci portiamo dietro dal 2021. La progressione della questione Ucraina e i relativi effetti nella geopolitica e nei rapporti con la Russia – commenta Pacini - hanno aggravato una situazione già assai critica intorno alla quale non erano state ancora messe a punto soluzioni di contenimento”.

“Da tempo rileviamo l’assenza di una visione di politica energetica che – spiega Pacini – ha avuto l'effetto di una sempre maggiore dipendenza della nostra nazione da altri stati e da altre fonti di approvvigionamento. Avremmo invece potuto valorizzare e perfezionare il nostro potenziale interno, interagendo con il mondo della ricerca italiana che rappresenta una eccellenza mondiale. Situazioni imprevedibili come la pandemia o i rivolgimenti degli assetti geopolitici internazionali, come ora la guerra in Ucraina, hanno definitivamente mostrato una realtà di cui è necessario prendere atto e sovvertire, ricorrendo a coraggiose scelte e creando le condizioni per le quali sia conveniente per le aziende investire in Italia e basare qui i propri stabilimenti. Questo è il momento di ripensare tutto il sistema di produzione e acquisto di energia, ma anche di materie prime e componenti”.

Le imprese – riflette Pacini - sono assalite da tre crisi su più fronti che devono gestire e affrontare con le armi spuntate perché già provate e indebolite. La richiesta che si leva dal mondo delle imprese verso il Governo e le istituzioni regionali è quindi di accelerare e di varare misure che alleggeriscano il peso di questa crisi attraverso interventi tempestivi e strutturali". “Il comparto della manifattura, che nella provincia di Pisa e in Toscana rappresenta una eccellenza e un settore consistente che ne traina l’economia, è tra quelli più a rischio: se chiude questo – ammonisce la presidente degli industriali pisani -, crolla il sistema”. “Le piccole e medie imprese - conclude -, come vediamo da vari esempi nel nostro territorio, stanno procedendo con grande spirito di sacrificio per salvaguardare indotti e livelli occupazionali, ma hanno bisogno di poter guardare avanti sentendosi sorrette”.

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