Doppia cerimonia a Empoli, Comunale e Gambassi tornano 'a casa': presenti parenti e molti studenti e studentesse
C’erano i familiari, le nipoti, i pro nipoti, le bambine e i bambini della scuola primaria di Pontorme e della Leonardo Da Vinci e le ragazze e i ragazzi del ‘Calasanzio’.
La risposta più bella alla memoria storica di questa città che stamattina, giovedì 10 marzo, ha ricordato e riportato a ‘casa’, Gaetano Comunale in Via Chiarugi, 110, e Luigi Gambassi in Via Dainelli, 10, con la posa delle pietre d’inciampo a loro dedicate.
La cerimonia si è svolta in una piazza San Rocco assolata, accompagnata dalla musica della scuola di musica della città, il Cam, dove le parole di Alessio Mantellassi, presidente del Consiglio Comunale con delega alla cultura della memoria; Roberto Bagnoli, presidente Aned Empolese Valdelsa, dei familiari e degli studenti, hanno unito le coscienze anche dei più piccoli che intanto prendevano ‘appunti’.
Presenti le autorità civili, militari, la rappresentanza delle forze dell’ordine, l’Aned, lo Spi Cgil, l’Anpi e tanti cittadini che timidamente si sono avvicinati e sono rimasti ad ascoltare.
Il presidente del Consiglio Comunale ha rivolto il suo intervento alle famiglie e ai giovani: «siamo in tanti anche questa mattina. È una bella risposta da parte delle scuole, dai più piccoli ai più grandi. Siamo stretti, legati, in questa piazza come comunità alla memoria della nostra città. Non vogliamo che quella cicatrice sparisca e stamani mettiamo altre due pietre davanti alle case di altri due vetrai che furono deportati e uccisi perché ebbero la colpa di fare una scelta e pagarono con la vita. Noi non vogliamo cancellarla perché se lo facessimo sarebbe come non sapere da dove arrivano le nostre libertà e i nostri diritti. È importante conoscere la nostra storia per crescere più consapevoli. Questo è un dolore della comunità, è una ferita sulla pelle della città di Empoli che non si chiuderà mai. Per questo metteremo altre pietre d’inciampo. Empoli è una città per la pace che accoglie chi scappa dalla guerra e lo ha fatto sempre. C’è bisogno di aiutare tutti coloro che scappano dalla guerra. Indistintamente. Ed è sempre stata in prima linea perché noi sappiamo che cosa succede quando passano gli aerei e cadono le bombe. I civili muoiono e sappiamo che cosa significa la deportazione. A voi che scappate diciamo, qui troverete sempre un luogo di pace».
Gli fa eco Roberto Bagnoli: «vedo bambini che prendono appunti ed è il segno che sono interessati e questo fa ben sperare. Ci è sembrato doveroso intraprendere questo percorso di memoria collettiva delle pietre d’inciampo per riportarli nel luogo dove hanno vissuto. Strappati da tutto non hanno avuto neppure una degna sepoltura e fare memoria con la pietra d’inciampo è come riportarle a casa dopo tanto tempo. È un ricordo collettivo che entra a far parte delle nostre vite quotidiane, inciampando in quel nome».
Sono seguite le parole di Carmela, figlia di Gaetano: «avevo quattro anni e mezzo quando fu portato via. Le cose me le raccontavano. Mio padre lavorava come maestro vetraio alla vetreria Taddei. Era rientrato al lavoro proprio quell’8 marzo e di lui da quel giorno non si è saputo più niente. Abbiamo avuto solo un suo biglietto spedito da una signora che l’aveva trovato lungo la ferrovia mentre stava tagliando l’erba. Erano buoni per la mensa dove aveva scritto: cara moglie mi portano in Germania, saluti a te e ai bambini. Baci, Gaetano Comunale. Di lui mi ricordo vagamente i pranzi domenicali che amava preparare e cucinare. E mi ricordo bene l’attesa. Da quel giorno se il campanello suonava speravo fosse lui o qualcuno che ci portava notizie. Quando ritornarono i deportati mi ricordo che andavo con la mia mamma a chiedere di lui ma niente. Dopo due anni dalla fine della guerra ricevemmo dalla Croce Rossa l’attestato di morte. Pochi giorni prima della liberazione del campo. Oggi con questa pietra dopo 78 anni è come se Comunale Gaetano finalmente tornasse a casa senza suonare il campanello».
Ha parlato anche la nipote di Luigi Gambassi: «proprio in questi giorni così difficili dove la pace è sempre più minacciata è importante ricordare mio nonno, Luigi Gambassi, vittima innocente della barbarie più atroce, quella di essere preso un giorno qualunque, portato via dalla propria famiglia e dal proprio paese e morto chissà come senza neppure la pietà di una degna sepoltura. Oggi con questa piccola pietra sei finalmente tornato a casa. Speriamo serva a indicare la strada giusta per costruire definitivamente un mondo di pace».
La cerimonia si è conclusa con le letture degli studenti che hanno approfondito il tema della deportazione empolese e poi in ‘corteo’ fino ai civici dove sono state incastonate le ‘pietre’.
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