Caso piscina, per ora solo un brutto spettacolo

Diciamolo subito: non è stato un bello spettacolo. Mentre 40 famiglie, con metodi da Gkn, avevano appena saputo di essere in cassa integrazione da lì a pochi giorni ed ignari clienti avevano sottoscritto regolari abbonamenti, lo scaricabarile social fra Comune e vertici di Acquatempra, condito addirittura da una piccata discussione fra la sindaca di Empoli e la vicepresidente della partecipata, ce lo saremmo risparmiato volentieri noi e chi, in quel momento, aveva da pensare a come pagare le bollette che riceverà per la sua di case ora che è senza stipendio.

Premesso questo, non resta che capire che piega prenderà la vicenda che riguarda prima di tutto chi ci lavora, poi chi della piscina usufruisce non solo per fare una nuotata ma per curarsi, i disabili o i malati oncologici che frequentano la vasca e, più in generale, la nostra città che mai, prima d'ora, aveva visto una crisi così dirompente delle sue vasche di viale delle Olimpiadi.

Insomma, pare davvero un bel pasticcio la cui miccia è stata accesa dal caro energetico viste le cifre riportate dalla Barnini ma che, forse, ha radici più lontane. Di investimenti sulla struttura, a parte il tetto che cadeva a pezzi, ne sono stati fatti pochi negli anni e, se mai qualcuno dovesse essere interessato ad assumerne la gestione, spenderebbe forse meno per assurdo a buttarla giù e rifarla che a sistemarla, visti i tanti problemi che ha.

Dando poi un’occhiata al bilancio pubblicato sul sito, pur senza essere esperti, si vede subito ad esempio che quasi il 50% dei costi è rappresentato da quelli per il personale, una cosa che può reggere se sei la Juve, l’Inter o il Milan, ma non se ti chiami Acquatempra. E, fra gli altri, colpisce anche un pdf che riporta per il 2020 ben 73.500 euro di consulenze a professionisti esterni. Sicuramente tutte motivate, ma pur sempre una cifra che colpisce specie in questo momento.

Che chi comanda abbia le sue responsabilità, di conseguenza, è indubbio, così come è indubbio che non puoi far pagare la gente per poi dire che la piscina chiude dovendo procedere, e ci mancherebbe altro, ai rimborsi. Ma accanto a questo c’è poi anche la responsabilità politica di chi ha fatto le scelte in una società partecipata.

Fare l’amministratore delegato comporta onori ed oneri, certo, ma anche la politica ha le sue responsabilità e scaricare tutto sul Cda guidato dal dottor Alessandro Manetti senza un benchè minimo accenno di autocritica si può fare, ci mancherebbe, ma senza pensare che il concetto passi liscio senza che nessuno obbietti un banalissimo ‘troppo facile così’.

Anche perché si tratta di amministratori che frequentano le istituzioni locali da molti anni e di una Giunta che governa dal 2014 e che, di sicuro, doveva sapere che qualcosa che lì non andava c’era.

Dopo la tempesta improvvisa del fine settimana è poi arrivata, come da copione, la quiete apparente del lunedì con incontri e comunicati dai toni concilianti (meno quelli della Cgil).

Anche se è facile immaginare che il faccia a faccia col sindaco non sia stato una passeggiata, il Comune in un comunicato ha parlato di incontro costruttivo anche con il dottor Alessandro Manetti, seppur la stessa Barnini, sulle colonne de La Nazione, aveva parlato la mattina stessa di rapporto di fiducia incrinato.

Ad ora, comunque, più che il futuro del Cda, la priorità è il lavoro dei dipendenti per i quali è stata chiesta la cassa integrazione, poi si vedrà cosa ne sarà dell’impianto, se ci saranno progetti tipo il masterplan dello sport presentato pochi mesi fa e come sarà la sua gestione per la quale, nella stessa intervista, si paventa una gara pubblica a cui possono partecipare anche privati. Che poi è quanto ha chiesto il locale centro-destra e che, forse, è davvero quanto in via del Papa si ha in testa ormai da tempo.

Marco Mainardi

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