"Promised lands" di Amos Gitai, video installazione a Palazzo Vecchio

Amos Gitai (foto di Laura Stevens)

Promised lands, è questo il titolo della video installazione dell'artista e regista internazionale Amos Gitai, promossa dal Comune di Firenze e organizzata da MUS.E in collaborazione con AGAV Films grazie a Toscana Energia, che dal 25 febbraio al 14 aprile verrà allestita nella Sala d'Arme di Palazzo Vecchio in concomitanza con la Conferenza Internazionale dei Sindaci delle Città del Mediterraneo in programma a Firenze dal 25 al 27 febbraio (la mostra sarà aperta al pubblico a partire da lunedì 28 febbraio).

Creata ad hoc per l’ambiente fiorentino combinando estratti musicali, proiezioni di immagini e letture di testi, Promised lands è un dialogo immaginario – che trova spazio sulle grandi pareti della Sala D’Arme - tra i protagonisti delle produzioni create da Amos Gitai durante la sua carriera, per evocare, a partire dal suo lavoro teatrale e cinematografico, i destini umani, la storia e il presente nelle varie lingue parlate nell’area del Mediterraneo.

Cosa hanno in comune i lavori The War of the Sons of Light Against the Sons of Darkness (1992, 2009), Yitzhak Rabin, Chronicle of an Assassination (2016, 2018, 2021), Letter to a Friend from Gaza (2019) e Interior Exiles (2020)? Questo viaggio attraverso le epoche e le lingue parlate nel Mediterraneo è una riflessione politica e poetica sui destini umani contemporanei e sulla possibilità di vivere insieme. A garantire una forte suggestione saranno le diffusioni sonore con le voci di Jeanne Moreau, Pippo Delbono, Natalie Dessay, Juliette Binoche, Yael Abecassis, Hiam Abbas, Makram Khouty, che accompagneranno il visitatore nell'esperienza immersiva, amplificata dalla presenza di una serie di fotografie che scendono dal soffitto.

“Senso di appartenenza e identità, esilio e migrazioni: questi i temi che ispirano e alimentano l’opera di Amos Gitai da più di quarant’anni. Attraverso film e mostre, conferenze e opere teatrali, questo artista multiforme esplora l’arte come un viaggio tra i tumulti della Storia e della memoria - dichiara il sindaco Dario Nardella -. La mostra Promised Lands arriva a Palazzo Vecchio per evocare destini umani passati e presenti, dalle sue opere teatrali e cinematografiche, nelle diverse lingue del Mare Nostrum, e non a caso accoglierà dalla Sala d’Arme l’avvio del grande forum dei vescovi e dei sindaci del Mediterraneo che abbiamo avuto l’onore di organizzare a Firenze”.

“Il progetto – spiega Amos Gitai - è concepito in funzione di questo luogo particolare: la sua storia e il suo rapporto con l’ambiente fanno parte del progetto tanto quanto le opere presentate. Promised Lands intende evocare a partire da miei lavori teatrali e cinematografici, i destini umani, la storia e il presente nelle varie lingue parlate nell’area del Mediterraneo”.

I visitatori vedranno in loop, riprodotti sulle pareti della Sala D’Arme, gli estratti della corrispondenza tra Efratia Gitai (1994-2003), madre di Amos, e suo padre Elihau tratti dal lungometraggio Lullaby to my father in cui il regista ripercorre la vita di suo padre Munio e ascolteranno le lettere dal carcere di Antonio Gramsci interpretate da Pippo Delbono tratte dallo spettacolo Exils intérieurs, creato da Gitai per il Theatre de la Ville di Parigi nel 2020 (spettacolo quest’ultimo che verrà messo in scena in esclusiva italiana al Teatro della Pergola il 13 e 14 aprile). Vedranno poi degli estratti di Tsili, film ispirato al romanzo autobiografico di Aharon Appelfeld che racconta le peregrinazioni di personaggi immersi nell’incubo della guerra e stralci di Kippur, lungometraggio in cui il regista ripercorre la sua drammatica esperienza durante la guerra dello Yom Kippur. E ancora Field diary, film-diario girato nei territori occupati prima e durante l’invasione del Libano, Ananas/Pineapple reportage di denuncia e The war of the sons of light against the sons of darkness, basato su La guerra giudaica, dello storico antico Flavio Giuseppe, con Jeanne Moreau nel ruolo di Flavio Giuseppe fino a The book of Amos, girato in una strada di Tel Aviv, dove attori e attrici israeliani e palestinesi interpretano il ruolo del profeta Amos e danno una voce moderna, in ebraico e in arabo, alla sua antica denuncia della corruzione e dell’ingiustizia sociale.

Fino ad arrivare a Kedma, che prende il nome dalla nave carica di sopravvissuti all’Olocausto in viaggio verso la Terra Promessa alla fine del secondo conflitto mondiale e a Golem, the spirit of Exile film che indaga i significati contemporanei del Libro di Ruth nella Bibbia per terminare con Yitzhak Rabin: Chronicle of an Assassination, sull’assassinio del primo ministro israeliano, avvenuto il 4 novembre 1995 dopo una manifestazione per la pace e contro la violenza a Tel Aviv.

Un viaggio immersivo nei lavori dell’artista e cineasta israeliano che grazie alla sua vastissima produzione teatrale e cinematografica, riuscirà a intrecciare i destini umani, la storia e il presente nelle voci del Mediterraneo.

Il 13 e 14 aprile (giorno in cui terminerà la mostra in Sala D’Arme), è in programma in esclusiva italiana al Teatro della Pergola di Firenze lo spettacolo di Amos Gitai Exils intérieurs, prodotto dal Théâtre de La Ville di Parigi in associazione con Agav Films. Combinando brani musicali, proiezioni di film e lettura di testi, si immagina un dialogo tra Thomas Mann e Hermann Hesse, Rosa Luxemburg, Albert Camus e Antonio Gramsci sul tema della posizione dell’artista (quando si trova) di fronte all’oppressione. Lo spettacolo è in francese, italiano e tedesco, con sovratitoli in italiano.

Video proiettati sulle pareti della Sala D’Arme

Lullaby to my Father, 2012
Tsili, 2014
Exils intérieurs, 2020
Kippur, 2000
Field Diary, 1982
Pineapple, 1983
The War of the Sons of Light against the Sons of Darkness, 2009
The Book of Amos, 2012
Kedma, 2002
Golem, The Spirit of Exile, 1991
Yitzhak Rabin: Chronicle of an Assassination, 2016

Il regista

Amos Gitai è nato nel 1950 a Haifa (Israele), figlio di Munio Weinraub – architetto formatosi al Bauhaus e fuggito dal regime nazista nel 1933 –, e dell’intellettuale e insegnante Efratia Gitai, esperta laica di testi biblici, nata in Palestina all’inizio del XX secolo. Egli appartiene alla prima generazione nata dopo la fondazione dello Stato d’Israele, che è stata anche fortemente influenzata dai grandi movimenti giovanili anti- establishment degli anni sessanta.

Ancora studente di architettura, Gitai rimane ferito durante la guerra dello Yom Kippur (1973), quando un elicottero per l’evacuazione medica su cui viaggiava viene colpito da un missile siriano. Tutta la sua opera si è poi ispirata a questi temi biografici, familiari e generazionali, così come al trauma subìto durante la guerra e a un senso di vittoria sulla vita. Dopo aver conseguito un dottorato in architettura all’Università di Berkeley (California), Amos Gitai dedica il suo primo film, House (1980), alla costruzione di una casa a Gerusalemme Ovest. Questo documentario, che la televisione israeliana rifiutò di trasmettere, imposta il rapporto antagonista del cineasta con le autorità del suo paese, che sarà presto esacerbato dalla nuova controversia provocata dal film Field Diary (1982). Gitai si stabilisce a Parigi e gira diversi film, sia opere di finzione sia documentari, tra cui Esther (1986), Berlin- Jerusalem (1989) e Golem, the Spirit of Exile (1991).

Amos Gitai torna in Israele nel 1993, l’anno della firma degli accordi di pace a Washington, promossi da Yitzhak Rabin. Ha diretto una trilogia di tre città: Devarim, girato a Tel Aviv (1995), Yom Yom, a Haifa (1998) e Kadosh, a Gerusalemme (1999). Tra il 1999 e il 2020, quattro dei suoi film vengono presentati in concorso al Festival di Cannes (Kadosh, Kippur, Kedma e Free Zone), e altri otto alla Mostra di Venezia (Berlin-Jerusalem, Eden, Alila, Promised Land, Ana Arabia, Rabin, the Last Day, A Tramway in Jerusalem e Laila in Haifa). Nel 2010 ha pubblicato la corrispondenza1 di sua madre Efratia, che è stata letta da Jeanne Moreau all’Odéon-Théâtre de l’Europe e alla radio France Culture. Nell’aprile 2018, il cineasta ha donato tutto il suo archivio cartaceo e digitale di quasi trentamila articoli su Yitzhak Rabin alla Bibliothèque nationale de France (BNF). Il cineasta israeliano ha ricevuto numerosi premi, tra cui un Pardo d’onore per la carriera, a Locarno (2008), il premio Roberto Rossellini (2005), il premio Robert Bresson (2013) e il premio Paradjanov (2014).

È stato insignito delle onorificenze di Officier des Arts et Lettres e Chevalier de la Légion d’honneur. Nel 2019 è stato nominato Grande Ufficiale dell’Ordine della Stella d’Italia. Retrospettive delle sue opere complete sono state presentate in numerose istituzioni di tutto il mondo: Centre Pompidou; Cinémathèque française; Jerusalem Cinematheque; Museum of Modern Art (MoMA, New York); Lincoln Center (New York); British Film Institute (Londra); Museo Reina Sofía (Madrid); Mostra Internacional de Cinema de São Paulo; State Film Museum (Mosca); Japan Film Institute (Tokyo), Kolkata International Film Festival.

Orari e biglietti: ingresso gratuito.

La mostra è aperta tutti i giorni h10.00-19.00, giovedì 10.00-14.00.
A seguito del DL 221/2021, dal 10 gennaio 2022 è esteso l'obbligo di Green pass rafforzato per accedere a musei e mostre. Gli ingressi sono contingentati.

Informazioni: info@musefirenze.it oppure 055 2768224.

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