Detenuto colpisce agente con un pugno prima del rientro in cella a Pisa

Ieri, 23 febbraio nel carcere Don Bosco di Pisa un detenuto trentenne di origine italiana, che sta scontando una pena definitiva, al termine della  telefonata alla famiglia, visto che stava tardando a rientrare nella camera di pernottamento è stato invitato a rientrare, ma ha sferrato un pugno all’agente di Polizia Penitenziaria addetto alla sezione, colpendo il malcapitato agente che per il momento ha riportato una prognosi di tre giorni.

Al di là della assoluta gravità del fatto, questo risulta emblematico in quanto viene meno a tutti i livelli il rispetto per l’Istituzione che rappresenta quella divisa. Infatti le aggressioni pare che debbano essere ormai parte integrante del lavoro dei poliziotti penitenziari. Cosa inaccettabile.

Il fenomeno delle aggressioni è dilagante nelle carceri ed ha bisogno di un argine. Argine che deve essere costruito dal legislatore innovando i parametri di vigilanza affinché sia garantita l’incolumità al personale di Polizia Penitenziaria.

In questo momento storico si contano a decine le aggressioni negli Istituti della penisola su base quotidiana e questo porta ad una disaffezione verso la divisa, ad un esodo ponderato verso gli uffici degli Istituti o verso altre soluzioni, anche professionali, che possano garantire serenità.
Sentiamo spesso parlare delle condizioni di vita dei detenuti, ma con il passare del tempo, nessuno mai ha pensato di costruire all’interno degli Istituti dei percorsi di sicurezza che possano garantire e tutelare in maniera consapevole gli appartenenti al Corpo della Polizia Penitenziaria.

Questo deve portare a riflessioni serie sulla esecuzione della pena e ad un cambiamento che è già avviato da tempo e che necessità di essere codificato. Le più famose sentenze della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo e la chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari hanno
cambiato l’orizzonte nella esecuzione della pena. Cosa stiamo aspettando?

Fonte: Sapp

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