No al Referendum su eutanasia, in Toscana oltre 80mila firme. I promotori: "Un attacco alla democrazia"

La Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibile il referendum sull'eutanasia, richiesto con 1,2 milione di firme raccolte dall'Associazione Luca Coscioni nei mesi scorsi. Le motivazioni della sentenza saranno depositate nei prossimi giorni, ma attraverso un breve comunicato la Consulta ha reso noto che la richiesta è stata respinta "perché, a seguito dell’abrogazione, ancorché parziale, della norma sull’omicidio del consenziente, cui il quesito mira, non sarebbe preservata la tutela minima costituzionalmente necessaria della vita umana, in generale, e con particolare riferimento alle persone deboli e vulnerabili".

Una sentenza che usando un calembour può sembrare 'ammissibile': introdurre l'eutanasia con il ritaglio di una norma che punisce le varie fattispecie del cosiddetto "omicidio consenziente" è di per sé ambiguo. Il rischio, come ha spiegato il presidente della Corte Amato era di rendere leciti fatti "ben più numerosi e diversi". Non è un caso che la Cassazione, che si esprime sul quesito da un punto di vista formale, avesse escluso che il quesito facesse riferimento indiretto all'eutanasia, accogliendo solo la dicitura "Abrogazione parziale dell’articolo 579 del Codice penale (omicidio del consenziente)". Non va nemmeno dimenticato che è stata proprio la Corte Costituzionale nel 2019 a 'depenalizzare' l'omicidio dopo il caso di Dj Fabo, aprendo di fatti la strada ad una discussione sull'eutanasia.

La decisione sembra quindi essere solo di tipo tecnico-giuridica, ma non manca chi come Cappato sostiene sia "politica". Se fosse così la Corte avrebbe distorto il suo ruolo, se fosse solo un problema di 'ritaglio' non è certo colpa dei promotori: in Italia esiste solo il referendum abrogativo che di per sé è limitato negli effetti e parziale nei risultati, l'unico strumento istituzionali nelle mani di chi non siede sugli scanni del Parlamento.

Il fatto giuridico, quindi, finisce per essere tutto politico: come è possibile che di fonte ad una mobilitazione tanto ampia della società civile, nella sola Toscana sono state raccolte 80.957 firme, nessun partito si sia fatto portatore seriamente della questione in Parlamento? I tentativi di legge appoggiati da Pd e M5S, scontratisi con l'ostruzionismo del centrodestra, si sono rivelati flatus vocis rispetto alla vasta mobilitazione nella società civile. Certo pesava forse lo schiaffo ricevuto sul Ddl Zan e la paura di fare un'altra figuraccia, ma una battaglia di civiltà è stata portata in aula e presentata agli elettori come una leggina qualunque, quasi con fastidio. Ma se i partiti non sono in grado di raccogliere domande dal basso non è lecito chiedersi se siano necessari strumenti come l'iniziativa popolare vincolante sull'agenda politica? La domanda è lasciata volutamente cadere nel vuoto.

I promotori, intanto, non intendono fermarsi e la battaglia, nelle piazze e forse non solo, continuerà: abbiamo parlato della sentenza, del referendum e delle prospettive future con Felicetta Maltese, referente fiorentina dell'Associazione Luca Coscioni, di cui è anche consigliera.


Come si è svolta la raccolta? Quali risultati avete raggiunto?

La raccolta delle firme doveva partire a luglio, con il Covid l'Associazione ha chiesto una proroga di un mese, la Cassazione però ha scelto di iniziare prima, a giugno, prendendoci in contropiede. Io mi ero preparata fin da maggio per le raccolte a Firenze ed ero subito pronta, ma non tutti in Toscana lo erano. Ho ricevuto il sostegno di bar e ristoranti che mi hanno permesso di mettere il banchino all'aperto senza occupare suolo pubblico e risparmiare i temi burocratici della richiesta, alcuni ci hanno fortemente aiutato a raccogliere le firme. 

Per tre mesi ci siamo tutti impegnati con convinzione, nessuno lo ha fatto perditempo. Io, pensionata, ho avuto la fortuna di avere più tempo da dedicare, ma tanti dei nostri erano giovanissimi e ragazzi universitari. Questa presenza di giovani mi ha impressionato: capita che a certi argomenti siano sensibili persone che già sanno cosa sia la sofferenza, ma non i giovani. Invece c'è stata una forte partecipazione.

In tanti hanno firmato, qui a Firenze solo noi dell'Associazione Coscioni abbiamo raccolto oltre 30mila firme. L'obiettivo minimo era raccoglierne 10mila. È stata una scommessa che abbiamo ampiamente vinto. A queste firme vanno aggiunte quelle degli altri promotori del referendum, come la Cgil. La Toscana è tra le regioni con il risultato migliore, inferiore solo a Lombardia e all'Emilia.

Molte persone conoscevano l'argomento e avevano vissuto la sofferenza o conoscevano la campagna per l'eutanasia; quando vedevano il banchetto venivano a firmare senza chiederci niente, altri non sapevano di cosa si trattasse. Alcuni non ne volevano sentire parlare, come se la morte non li riguardasse.

Vi aspettavate questa sentenza?

Finché non c'è stata la sentenza eravamo appesi ad un filo, niente era scontato. Eravamo però pronti alla campagna per il sì. È stata una doccia fredda. Non mi spiego come la stessa Corte che ha sollecitato i parlamentari a fare una legge sull'eutanasia, e lo ha fatto più volte in occasione delle sentenze di assoluzione di Cappato, sia arrivata a questa decisione. Pensavo che a logica l'ammissibilità fosse scontata. Non mi aspettavo la bocciatura personalmente, e credo nessuno di noi. Tutti siamo rimasti molto delusi, persone che avevamo coinvolto nella campagna ci hanno espresso solidarietà.

Ho pensato prima che l'Italia fosse rimasta al medioevo, poi mi sono vergognata rispetto agli altri paesi dove l'eutnasia è stata legalizzata (Spagna, Olanda, Svizzera, Portogallo), poi però è nata la voglia di ripartire e lottare. Non ci hanno scoraggiato, le lotte sono lotte e si portano avanti fino in fondo.

Sono dispiaciuta per chi soffre, per chi sognava di poter finalmente raggiungere un diritto senza dover andare all'estero, sempre che possa farlo. Andare all'estero costa e non tutti li hanno,soprattutto dopo anni di cure. Mi dispiace per tutte queste persone costrette a soffrire, non per noi.

La Consulta aveva aperto la strada ad una discussione sull'eutanasia dopo il caso di Dj Fabo. Per lei la sentenza ha motivazioni tecnico-giuridiche o politiche?

Il quesito diceva di abolire il carcere per omicidio consenziente limitandolo esclusivamente nei casi di minorenni, persone incapaci di intendere e volere e consenso estorto con la forza. A nostro avviso c'erano quindi le condizioni per proteggere persone "deboli e vulnerabili". Non so perchè non ne abbiano tenuto conto. Quelle fattispecie rendevano la norma rivolta solo al caso dell'eutanasia.

Per noi le persone deboli e vulnerabili erano già protette. La norma 'funzionava' da sé con le fattispecie già previste. Lo scopo era solo depenalizzare l'eutanasia. Non condividiamo la lettura della Corte. Non mi spiego perché la Corte corte avanzi queste riserve quando è stata lei stessa a sollecitare paramento per una legge sull'eutanasia. Credo che anche la Consulta abbia fatto una scelta politica. Una riprova è il quesito sulla cannabis.

Per me la sentenza ha motivazioni politiche, perché i quesiti referendari erano chiari e prima di partire con la raccolta di firme erano stati attentamente studiati e valutati da avvocati dell'associazione e da giuristi emeriti, inoltre erano (i quesiti) passati al vaglio della Corte di cassazione. Se ci fossero stati elementi di incostituzionalità o altro, la Corte di cassazione non avrebbe mai autorizzato la raccolta di firme.

Il Presidente della Corte Amato, ha tenuto una conferenza stampa ancor prima della deposizione delle sentenze con motivazioni false, atte a screditare il comitato promotore accusandolo di avere ingannato i cittadini che hanno firmato. Questo non è assolutamente vero, perché io personalmente ho invitato chiunque, chiedesse di conoscere il quesito referendario, a leggerlo direttamente in cima al foglio sul quale avrebbero dovuto apporre la propria firma e regalando a chi ne faceva richiesta una copia integrale dell'articolo di legge 579cp affinché si rendesse chiaro il concetto di cosa chiedeva il referendum.

Posso dire anche che sono stata presente spesso agli incontri tenuti da Marco Cappato durante la campagna di raccolta firme e le sue risposte a chiunque chiedesse chiarimenti sono state sempre esaustive e circostanziate. In tutta questa diatriba la Corte costituzionale non ha tenuto in nessuna considerazione le numerose persone che soffrono da anni alle quali vietano di disporre liberamente del proprio corpo.

Io credo che abbiano bocciato i due referendum perché sapevano che i cittadini avrebbero votato in massa, ci hanno tolto la libertà di scelta! Il timore di una vittoria schiacciante da parte della popolazione. Pensa che 700.000 firme della cannabis sono state raccolte in 10 giorni. È un fatto vergognoso e preoccupante. Un attacco alla democrazia e alla sovranità del popolo!

Il ritaglio della legge sull'omicidio consenziente non era di per sé ambiguo? Quel ritaglio avrebbe risolto la questione o era l'unica via percorribile?

Da otto anni e mezzo c'è una legge di petizione popolare sull'eutanasia depositata. I parlamentari non l'hanno mai pesa in considerazione. Perché non la considerano? Forse hanno altri interessi... C'è già una legge presentata, c'è casi di disobbedienza civile come quelli di Cappato, sempre assolto, con sentenza della Corte Costituzionale che sollecitano ad intervenir sulla vicenda. Cosa aspettano i parlamentari?

Da anni abbiamo politici che si fanno i fatti propri e non fanno un servizio per i cittadini, specialmente in casi del genere. I parlamentari devono fare delle cose, ascoltare i cittadini.

Ci dovevamo inventare qualcosa e il referendum era forse l'unica via. Si, c'era qualche dubbio su dei cavilli che potevano bloccare l'iter, ma pur di smuover le acque devi fare qualcosa, non potevamo rassegnarci. Ci hanno bocciato il referendum, ora la Consulta farà un nuovo sollecito o lascerà cadere il tutto?

Quindi contava più il Referendum o 'la forza passiva' per costringere il Parlamento a discutere di una legge sull'eutanasia?

Forse più la pressione sul Parlamento. Ci aspettavamo che passato il referendum la politica avrebbe messo a punto una legge: ovviamente non bastava depenalizzare un reato, è chiaro che la norma non poteva risultare di per sé compiuta. Andava creata una normativa più adeguata. Passato il referendum era chiaro che il parlamento dovesse legiferare e dare forma alla normativa sull'eutanasia.

Come giudicate quel che è stato fatto fino ad ora in Parlamento?

Sicuramente c'è una destra medievale che mostra chiusura totale. La destra becera si dia da fare per il no, altri si guardano solo l’ombelico.

Nessuno ha fatto battaglie forti perché nessuno ha la forza politica per potar avanti un argomento come questo; per portare questa battaglia serve unione. Sono tutte prime donne, impegnati in conflitti tra di loro. Tutti guardano all'interno del partito, nessuno al di fuori per capire cosa succede. Tutti sono impegnati in lotte interne, così il paese non evolve.

Quali sono le vostre prossime mosse? In particolare in Toscana...

Siamo disponibili a seguire gli input della sede centrale, certamente ci sarà un piano per continuare la nostra battaglia. Abbiamo membri autorevoli che non penso siamo stati presi alla sprovvista. Avranno frecce al nostro arco. Domenica si terrà un consiglio a livello nazionale in cui prepareremo la strategia.

Dobbiamo continuare la mobilitazione. Sui media questa raccolta firme è passata quasi inosservata, si è parlato di noi solo quando era chiaro saremmo arrivati a 500mila firme. Penso che servirà intanto trovare canali di comunicazione per attivare la popolazione.

Nel movimento si sta diffondendo la suggestione di creare un movimento politico per portare in Parlamento la questione. La battaglia va protata vanti a prescindere da tutto, con il referndum o altro. Non è giusto che chi abbia un caso grave debba restare anche solo.

Perché è importante oggi una legge sull'eutanasia?

È importante per due motivi: uno perché lo standard della vita media si è allungato. Si vive di più ma il decadimento fisico è percepito di più. Vivere a lungo significa essere vittima di malattie, sofferenze e allettamenti. Ma la questione dell'anziano passa in secondo piano rispetto ai giovani. L'eutanasia è necessaria per quei casi in cui avvengono incidenti come tanti nei sabato sera a persone giovani dove non tutti hanno fortuna di uscirne vivi e rimessi in piedi da una fisioterapia o da un intervento. C'e chi purtroppo ne esce con danni irreversibili, quelli sono i casi piu bisognosi dell'eutanasia. Hanno un corpo giovane, una prospettiva di vita lunga e una prospettiva altrettanto lunga di sofferneza.

I casi di eutanasia praticati erano per lo più giovani, non anziani. La prospettiva di vita era anni di letto e immobilità totale, piaghe da decubito, sofferenze fisiche e mentali. Arrivi a maledire la vita che ti porti dietro. Una vita dove si è incapaci di fare tutto, persino di bere, con qualcuno che deve tenere la cannuccia, diventa disperazione.

Eutanasia non è uccidere una persona, ma significa smettere di soffrire.

A cura di Giovanni Mennillo

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