Applicata per la prima volta al Santo Stefano di Prato la tecnica di chemioelettroporazione, una nuova metodica per il trattamento di un tumore in un paziente ultraottantenne.
La procedura è stata eseguita dall’equipe di Radiologia interventistica diretta dal dottor Massimo Falchini, in collaborazione con la Chirurgia generale: dottor Stefano Cantafio e dottoressa Vita Maria Mirasolo e l’Oncologia: dottoresse Laura Biganzoli e Samantha Di Donato.
Il caso è stato valutato dal GOM, il gruppo oncologico multidisciplinare. Al paziente, sottoposto a prelievo bioptico, è stato riscontrato un carcinoma epatocellulare di grado 2-3 (tumore primitivo del fegato). Considerata la presenza di altre comorbilità e la sede della lesione, l’équipe ha deciso di procedere con un trattamento locoregionale di chemioelettroporazione.
La metodica apre nuove frontiere per i tumori non rimuovibili attraverso l’intervento chirurgico o che non possono essere trattati con chemioterapie sistemiche per le comorbilità dei pazienti. L’elettrochemioterapia si aggiunge come trattamento locoregionale nelle patologie tumorali e può essere applicata in diversi campi: tumori primitivi cutanei, metastasi cutanee e sottocutanee non trattabili chirurgicamente; metastasi cutanee da tumore mammario e tiroideo; tumori del distretto cervico-facciale; tumori dei genitali esterni; metastasi ossee; tumori localmente avanzati del pancreas; metastasi epatiche da tumore del colon retto, adenocarcinoma del canale anale.
Il principio su cui si basa la nuova procedura è l’elettroporazione, un fenomeno fisico che, attraverso l’applicazione di impulsi elettrici su un tessuto vitale, produce una modificazione delle membrane cellulari e consente l’aumento della loro permeabilità cellulare.
Durante la procedura viene iniettato per via endovenosa un farmaco chemioterapico; gli impulsi elettrici prodotti da un generatore dedicato agiscono direttamente sul tessuto tumorale attraverso elettrodi ad ago che permettono di trattare la lesione in sedi diverse sia superficiali che profonde. Il farmaco entra all’interno della cellula tumorale causandone la morte per apoptosi, morte controllata e selettiva che colpisce solo le cellule tumorali.
Questa tecnica non produce innalzamento della temperatura del tessuto trattato e quindi il tessuto sano, adiacente alla lesione tumorale, viene completamente preservato. Ciò permette di sottoporre a questa tipologia di trattamento lesioni che si trovano in prossimità di strutture “nobili” sensibili ad un eventuale danno termico come i grossi vasi, o i rami biliari e, essendo eseguito per via percutanea, evita eventuali rischi di infezione da ferita chirurgica.
“La procedura é mininvasiva, ha spiegato il dottor Falchini, il paziente è stato ricoverato due giorni, senza comparsa di complicanze maggiori, ed ha eseguito ambulatorialmente i controlli successivi con esito di ablazione completa della neoplasia. Il paziente, asintomatico, è attualmente in follow-up ed in caso di recidiva di malattia può essere candidabile anche a ripetizione del trattamento locoregionale”
Fonte: Azienda Usl Toscana Centro - Ufficio stampa
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