La situazione delle scuole nel Fiorentino, tra futuro incerto e vecchi problemi mai risolti.
Tamponi, occupazioni e sciopero: l'autunno caldo delle scuole fiorentine
La settimana scorsa era arrivato l’atteso giro di vite che avrebbe garantito agli studenti una corsia preferenziale al tampone in caso di contatto con una persona positiva. Da mercoledì 17 novembre, infatti, i ragazzi che dovranno fare un tampone in seguito al contatto con un positivo al Covid, potranno usufruire di un canale prioritario nelle farmacie, negli ambulatori dei pediatri di libera scelta e dei medici di medicina generale che aderiranno alla campagna, presentando un voucher con QR-code, trasmesso dalle scuole alle famiglie. Il modello operativo toscano, aveva dichiarato la Regione, “rappresenta una novità assoluta a livello nazionale. È stato studiato in ogni dettaglio, per favorire il più possibile la didattica in presenza e contrastare, nello stesso tempo, la diffusione del virus”.
Un modello ambizioso che però si è scontrato, almeno agli esordi, con tutte le difficoltà del “reale”. Innanzitutto perché l’accordo con le farmacie è arrivato qualche giorno dopo la partenza ufficiale del meccanismo.
Tracciamento, tamponi e corsia preferenziale
Le nuove linee guida prevedono che con un solo contagio, prima di andare in quarantena, alunni e professori si sottopongano a un tampone il primo giorno del tracciamento e poi il quinto; solo se risultano positive altre due persone oltre al “tracciato zero” la quarantena viene attivata. La Regione Toscana ha istituito un meccanismo che attraverso un QR-code avrebbe dovuto creare un canale preferenziale dedicato a studenti e professori, perché se tutti i “tracciati” non hanno eseguito il primo tampone non si può tornare in classe. Tuttavia, segnalano Cgil e Cisl scuola, il meccanismo sta incontrando numerosi problemi e rallentamenti.
Ma come funziona il tracciamento e il cosiddetto T0? All’alunno “tracciato” arriva la comunicazione della Asl e viene sollecitato a fare un tampone. La Regione, contestualmente, invia un voucher provvisto di QR-code in modo da automatizzare questa procedura. E qui arrivano gli intoppi: I QR-code non sono arrivati nei tempi previsti – raccontano i sindacati – oppure dopo aver fatto il tampone non sono arrivati mail o sms di conferma negatività, che secondo le direttive dovrebbero pervenire in 20 minuti. Il ritardo del messaggio si traduce in un mancato ritorno sui banchi. Si sono verificati casi di alunni che seguendo la vecchia procedura son tornati a scuola prima dei ragazzi che hanno seguito l’iter telematico.
Il sistema del T0, quindi, deve ancora trovare la quadra, come indica Claudio Gaudio, segretario Generale della Cisl Scuola Firenze Prato: “Sono state inviate mail a chi non c’entrava, alcune non sono proprio arrivate, altre sono arrivate ma non c’erano posti per eseguire il tampone. Il T0 è diventato un T24 ore se non addirittura un T48 ore. Se poi pensiamo che dopo 5 giorni i tamponi andranno comunque ripetuti per verificare che in classe ci sia davvero un solo positivo, si capisce che esista il rischio di perdere un paio di giorni di lezione”.
Quindi, esiste il pericolo di tornare in Dad?
“Dire che la didattica a distanza sarà scongiurata è quantomeno troppo ottimistico” ammette Gaudio. “Già stiamo incontrando un’eccessiva farraginosità del sistema telematico, che mette insieme la piattaforma della scuola, quella della Asl che deve incrociare i dati e quelle delle strutture che devono fornire tamponi, risultati e certificati; il tutto in tempi brevi per a scuola far tornare alunni e prof il prima possibile. Ma difficilmente “prima possibile” sarà “immediatamente”, anche nel caso in cui il sistema funzionasse a dovere. Purtroppo ho notato disorientamento e stanchezza da parte degli operatori scolastici: siamo a novembre ed è già cambiato due o tre volte il sistema di rilevazione”.
Il corto circuito, sottolinea Gaudio, è che la maggior parte degli sforzi si concentra nella “caccia al positivo piuttosto che a concentrarsi sull’insegnamento. In più, rimane in piena evoluzione la questione vaccini, non tanto per il personale scolastico, che in Toscana ha raggiunto il 95% di copertura vaccinale, quanto per gli studenti dai 12 anni in su, fermi a circa il 65%. Non per ritrosia al vaccino (anche se si registra un maggiore scetticismo tra i genitori dei 12-15enni) ma perché la loro campagna è iniziata in netto ritardo rispetto a docenti e personale Ata.
Vecchi e nuovi problemi
Per quanto riguarda il pericolo Covid, Cgil ha denunciato fin dalla scorsa estate un preoccupante abbassamento della guardia.
“L’anno scorso gli studenti dovevano rispettare una distanza di almeno un metro gli uni dagli altri – spiega Emanuele Rossi, segretario generale di Flc Cgil Firenze – mentre quest’anno il Governo non ha confermato tale obbligo, per cui nelle scuole si registra inevitabilmente una minore attenzione al distanziamento. Il Governo, tra l’altro, ha deciso riportare tutti in presenza, che è un bene, ma non ha voluto investire risorse sui docenti, quando un numero maggiore di insegnanti permetterebbe di dividere le classi e mantenere gli alunni distanziati”.
La questione grave, però, è la mancanza di comunicazione da parte delle istituzioni, in particolare sull’evoluzione del virus all’interno degli istituti: “Non abbiamo mai ricevuto i dati di ciò che avviene nelle scuole ed è una richiesta che abbiamo fatto sin dall’anno scorso. Il ministero non ha mai fornito dei report né l’Ufficio scolastico regionale ha condiviso i dati di quarantene e contagi. Insomma, noi sindacati non abbiamo informazioni numeriche per operare analisi statistiche in base alle quali immaginare le misure da prendere”.
In più, aggiunge il segretario Cgil, la legge di bilancio prevede la “cancellazione” dal primo di gennaio dei colleghi assunti per affrontare l’emergenza pandemica: perlopiù collaboratori scolastici inseriti negli organici anti covid sia durante lo scorso anno, sia nei mesi da settembre a dicembre del 2021, ritenuti dai sindacati estremamente importanti per igienizzazione. “La legge di bilancio stabilisce che dal 1° gennaio a questo personale aggiuntivo non verrà prorogato il contratto. Le scuole saranno meno sicure senza di loro, perché avranno a disposizione meno personale impegnato nella sanificazione dei locali”.
Inoltre, rimangono aperte le criticità più datate, dalle classi pollaio al rinnovo del contratto di lavoro: “Il ministro dell’istruzione, Patrizio Bianchi, aveva preso l’impegno con i sindacati di diminuire il numero degli alunni per classe, aumentando quindi il numero delle classi e di conseguenza assumendo altri docenti. Di questo impegno, che il Governo aveva sottoscritto a maggio in un patto politico, non vi è traccia nella legge di bilancio. Eppure, adesso non è più semplicemente una questione di ‘lavoro’, ma di sicurezza dei ragazzi”.
Secondo i sindacati, la linea del governo seguirebbe la diminuzione delle nascite, secondo il sillogismo: meno alunni, meno professori. O meglio, meno assunzioni. “Questo condanna i ragazzi a stare in classi di oltre 27 persone. Inoltre – prosegue – rimane sul tavolo la questione del contratto collettivo: come altri dipendenti pubblici, stiamo aspettando da tre anni il rinnovo del contratto di lavoro e ciò che emerge dal disegno di legge di bilancio è un’offesa. Solo duecento milioni, che se fossero suddivisi fra tutti avremmo una decina di euro a testa; tra l’altro questi soldi andrebbero solo a chi si è distinto per particolare dedizione alla scuola. soldi in arrivo dal PNRR saranno destinati quasi interamente agli interventi di edilizia scolastica. E dire che il personale scolastico italiano non solo ha stipendi molto inferiori rispetto ai colleghi europei, ma è addirittura molto indietro rispetto ai dipendenti di altri settori del Pubblico, a parità di titoli e istruzione”.
Per tutti questi motivi, Cgil e Uil hanno alzato il tiro della protesta, passando dall’attuale stato di agitazione all’indizione di sciopero, previsto per il 10 dicembre. Cisl, invece, pur condividendo le motivazioni della protesta ha una visione diversa del metodo, scegliendo di incanalare la protesta scolastica nella manifestazione generale sabato scorso in piazza Santissima Annunziata a Firenze contro la legge di bilancio.
Occupazioni a Firenze e il malessere dei ragazzi
Costanza Margiotta del Comitato nazionale di Priorità alla Scuola approfondisce la situazione inerente alle occupazioni a Firenze, proclamate la scorsa settimana, a cui PAS ha dato sostegno, appoggiando la manifestazione di sabato 19 novembre in sinergia tra studenti e operai Gkn. “Condividiamo al 100% le loro motivazioni, che vanno dai disagi psicologici e sociali causati da lockdown e Dad alle ben più annose carenze di edilizia scolastica. Potremmo dire che i ragazzi si stanno dimostrando molto più saggi di tanti adulti, sia durante i consigli di istituto che nell’osservare con responsabilità le disposizioni sanitarie. Dall’altra parte, invece, notiamo una grande chiusura dei dirigenti scolastici all’ascolto”.
Leggendo i manifesti con cui gli studenti hanno indetto l’occupazione dei propri istituti, è possibile leggere tutto il malessere di una generazione schiacciata tra vecchi e nuovi problemi, pressata da un futuro poco rassicurante. Nel territorio fiorentino, gli studenti hanno occupato l'Istituto Calamandrei di Sesto, i licei Rodolico e Machiavelli-Capponi di Firenze, l'Itis Meucci di Firenze e il Russel Newton di Scandicci.
“Siamo qui per far vedere che c’è voglia di cambiare – avevano scritto i ragazzi sul manifesto del Liceo Machiavelli-Capponi di Firenze – e che esistono vari modi per farlo. Siamo qui per confrontarci collettivamente e seriamente su temi che la scuola non affronta. Occupiamo perché vogliamo studiare imparando davvero, perché vogliamo venire a scuola mossə dalla motivazione. Vogliamo studiare meglio, non meno; in un clima più sano, non meno impegnativo. La scuola che dovrebbe aiutarci ci ostacola, non ci riconosce in base ai nostri interessi, ma solo in base alle nostre vane capacità di apprendimento nozionistico. Le infrastrutture scolastiche non garantiscono la nostra sicurezza e il nostro bisogno di socialità viene sempre sacrificato per primo. Siamo spesso visti solo in funzione del nostro futuro universitario e lavorativo, perché quello stesso futuro a cui siamo indirizzati è precario e mosso solo dall’economia. Nei due anni di covid in cui tutto è cambiato e in cui chiunque ha affrontato grandi difficoltà, il sistema scolastico è rimasto lo stesso e non ha considerato gli effetti della situazione vissuta. La salute mentale è ancora ignorata e spesso aggravata dalle richieste scolastiche. L’essere più giovani non ci rende meno rilevanti, perché i nostri problemi riflettono già quelli di tutta la società; quello che ci aspetta non ci soddisfa e non deve soddisfare nessunə.
Occupiamo non per una semplice stanchezza o ribellione casuale, ma per una profonda delusione davanti a un sistema così distante dalla sua versione auspicabile; non per protestare solo contro i nostri docenti, ma per denunciare il fallimento totale di un intero sistema nazionale.
Occupiamo perché è dovere di tutti muoversi per i diritti propri e altrui, perché sappiamo di avere il privilegio di poter mettere in discussione la nostra situazione quando altrə non lo hanno. Occupiamo perché sappiamo di avere il diritto e il potere di cambiare qualcosa, e abbiamo deciso di farlo”.
Giovanni Gaeta
Giovanni Gaeta
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