Sull'Arno ad aspettare che i pesci "bollano": Tommaso e Lorenzo, pescatori social

Tommaso Torsoli

Tommaso Torsoli e il canale YouTube sulla pesca "Che Bollano?"


Tommaso Torsoli e il canale YouTube sulla pesca "Che Bollano?"

Non ce ne voglia Manzoni, ma l’Arno non è fatto per risciacquaci i panni. Sarebbe uno spreco enorme. Infatti, i lettori fiorentini meno giovani avranno conservato, in qualche anfratto della memoria, il ricordo di quelle giornate estive in cui decine di pescatori si davano appuntamento sulle rive del fiume. D’altronde, una giornata di pesca con Ponte Vecchio sullo sfondo non sfigurerebbe se fosse inserita in un canto del Paradiso

Lo sa bene Tommaso Torsoli: 28 anni e fiorentino doc, è pescatore da quando era solo un bambino. “Ho imparato da solo, da autodidatta. Mio nonno mi portava nelle sponde dell’Arno cittadino: il Terrapieno, la Fonderia, il campo gara di Verrazzano, Le Caserme. Iniziai a pescare perché vedevo le file di ombrelloni colorati quando, la domenica, si tenevano le competizioni di pesca. Ho vissuto l’Arno nelle sue tre fasi: da quando offriva campi gara tra i migliori d’Europa, al declino causato dall’attivazione della diga del Bilancino e la chiusura dei fognoni, che hanno influito negativamente sulla attività dei pesci, fino all’attuale rinascita in cui sono appunto ricomparsi tanti pesci ben più nobili”.

Quattro anni fa Tommaso Torsoli ha aperto un canale YouTube dal nome Che bollano? – “bollare” è quando il pesce sale in superfice, quindi se i pesci bollano significa che ci troviamo in un buon posto per pescare – con l’intento di avvicinare le persone alla pesca, sia i più giovani che potevano sviluppare la mia stessa passione, sia i più maturi, che magari avevano abbandonato questa pratica per vari motivi. Un paio di anni dopo si è aggiunto Lorenzo Lastraioli. I video sono stati un successo di visualizzazioni e apprezzamenti, tanto da rendere Tommaso e Lorenzo delle piccole celebrità. Non solo venivano riconosciuti dai “colleghi”, ma i due ragazzi hanno portato la pesca in Arno in televisione, diventando protagonisti di alcune puntate di Pesca Tv, in onda su Sky (canali 236).

I miei video, in fondo, nascono proprio per far conoscere questo mondo fantastico, specialmente ai giovani, i quali potrebbero avere la pesca nell’anima e non saperlo mai perché non l’hanno mai provata. Quelle che organizziamo sono battute di pesca sportiva, quindi il pesce viene liberato dopo la cattura. Il messaggio che vogliamo far passare, infatti, è quanto sia bella la pesca nel rispetto della natura circostante: è prioritario lasciare la zona di pesca pulita e in alcune occasioni abbiamo pure ripulito da lattine e bottiglie le sponde da cui abbiamo gettato l’amo”.

Tommaso e Lorenzo hanno pescato in parecchi luoghi della Toscana e d’Italia, ma ovviamente per l’Arno hanno sempre avuto un occhio di riguardo e spezzava il cuore vederlo senza pescatori. Purtroppo si era diffusa la voce che ormai nelle sue acque non ci fossero più pesci autoctoni, solo pesci gatto e pesci siluro. In realtà, questo era vero fino a qualche tempo fa e, tramite i video su YouTube e le foto sulla pagina Facebook, Che Bollano ha dimostrato che finalmente sono tornati esemplari ‘interessanti’ come carpe, barbi e cavedani.

“Come location abbiamo utilizzato campi gara o luoghi storici come la Banchina dello Zini; posti accessibili a tutti coloro che volessero andare a pescare in totale sicurezza. Grazie a questi video, e con il supporto dell’azienda Tubertini, siamo riusciti a portare la gente sul fiume. Dopo il video sulla Banchina dello Zini, da tempo orfana di pescatori, il fine settimana successivo la sponda era piena di pescatori e bambini. Alcuni addirittura ci riconobbero, fu un momento di grande soddisfazione perché avevamo portato la gente a riscoprire l’Arno. Dai ragazzi, la generazione più social, ai pescatori di una volta, che ci hanno raccontato del ‘loro’ Arno, quello di 20 o 30 anni fa e della loro gioia di riscoprirlo adesso come nuovo e vivo”.

 

L'Arno e i suoi problemi

Se è vero che l’Arno è in via di guarigione, è altrettanto vero che permangono molte criticità che disinnescano in quel di Firenze le potenzialità ittiche del mitico fiume. Alcune sono legate a decisioni tecnologiche e difficilmente sormontabili, come la chiusura dei fognoni. Questi permettevano ai pesci di cibarsi e nei periodi invernali le acque fognifere risaldavano il tratto di Arno che bagnava il centro di Firenze.

Altra criticità è rappresentata dalla diga del Bilancino, che quando viene aperta influisce drasticamente sulla fauna ittica perché viene immessa acqua molto più fredda rispetto a quella dell’Arno. Inoltre, varie centrali idroelettriche sono state costruite sulle pescaie e hanno destabilizzato l’ecosistema del fiume. Fortunatamente, il ciclo di depressione dovrebbe essere finito e l’equilibrio tra fiume e specie ittiche sembra stare tornando su livelli confortanti.

Oltre a queste scelte tecnologiche, tuttavia, non si può negare che l’incuria abbia avuto un grande impatto sull’appeal della pesca in Arno. “Non è facile accedere al fiume nel centro cittadino, ossia il tratto da San Niccolò fino alla Pescaia di Santa Rosa” spiega Tommaso. “In Ponte Santa Trinita, ad esempio, bisogna scavalcare una spallina, scendere da scalette costruite negli anni 40 e mezze disastrate. Per pescare sotto Ponte Vecchio, invece, si deve attraversare tutta la spiaggietta di San Niccolò, passare sotto il Ponte alle Grazie, camminare per quasi un chilometro sulla sponda. senza Altri accessi, poi, sono stati proprio chiusi. Per far tornare le rive dell’Arno vive e animate – conclude – occorre l’impegno di tutti, cittadini e istituzioni. I primi dovrebbero sempre mantenere un comportamento improntato al rispetto dell’ambiente e non lasciare i rifiuti sulle sponde. Le istituzioni potrebbero rendere l’Arno più facile da vivere per le persone, sia aumentando gli accessi sia rendendo più praticabili quelli già attivi. E, ovviamente, garantire un attento controllo sulle licenze di pesca”.

Giovanni Gaeta

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