Riapertura delle discoteche, forse ci siamo. Ieri il Comitato tecnico scientifico ha analizzato la richiesta inerente alle attività di sale da ballo e luoghi del divertimento notturno, ossia quelle attività - sottolinea il Cts in una nota - “che si configurano tra quelle che presentano i rischi più elevati per la diffusione del virus".
Ebbene, sempre nel comunicato rilasciato dal Cts, "fermo restando che gli accessi a queste attività debbano avvenire esclusivamente attraverso un meccanismo di registrazione che consenta un eventuale tracciamento e solo in presenza di green pass valido, si ritiene che se ne possa considerare l’apertura con una progressiva gradualità anche tenendo conto della necessità di valutare l’impatto delle misure già adottate”.
Queste attività, dunque, potrebbero essere consentite in zona bianca garantendo: una presenza, compreso il personale dipendente, pari al 35% della capienza massima al chiuso e al 50% all’aperto; la presenza di impianti di aerazione senza ricircolo d’aria e rispondenti ai requisiti qualitativi specificati nei documenti di indirizzo Iss; l’uso obbligatorio dei bicchieri monouso; la garanzia della possibilità di frequente igienizzazione delle mani oltre che la pulizia e la sanificazione dei locali; l’utilizzo della mascherina chirurgica nei vari momenti ad eccezione di quello del ballo, paragonabile alle attività fisiche al chiuso.
Una buona notizia dopo 18 mesi di stop, tuttavia le percentuali concesse destano non poche perplessità: con la buona stagione che sta ormai tramontando, un terzo delle presenze al chiuso potranno permettere la tanto agognata ripartenza del settore?
Per l’europarlamentare della Lega, Susanna Ceccardi, "la riapertura delle discoteche e dei locali dove si può ballare arriva tardiva e con un limite, quello del 35%, di cui non si capisce lo scopo. Mi auguro che questa percentuale sia allargata il prima possibile. In Francia le discoteche sono aperte dal 9 luglio con capienza massima al 75% ma -aggiunge Ceccardi - in questo caso l’Italia non ha voluto prendere esempio da quanto accade Oltralpe. Analoga libertà vige da tempo in Regno Unito o Danimarca. Ma, al di là del ritardo con cui si sono decise le riaperture, è assurdo questo limite del 35%. La questione - ricorda Ceccardi - riguarda complessivamente un’economia che muove 65 miliardi di euro, per un totale di occupati pari a 569 mila addetti, tra diretti e indotto. E’ necessaria una svolta dopo mesi di abusivismo e rave party tollerati da Lamorgese”.
“Rispetto a rimanere chiusi è sicuramente una notizia positiva - dichiara Riccardo Tarantoli, presidente SILB (Sindacato Italiano Locali da Ballo) di Firenze - e siamo grati al Cts per aver preso in esame la questione in seguito alle nostre sollecitazioni. Certo, quelle del Comitato sono indicazioni, poi starà al governo definire quando e come le aziende del settore potranno ripartire. Domani, appunto, il Consiglio dei ministri si riunirà e, tra le altre cose, discuterà anche sulla nostra situazione”.
Per quanto riguarda le percentuali, comunque, Tarantoli ammette che potrebbero non essere in linea con le esigenze dei titolari, soprattutto nel caso dei locali di piccole dimensioni. "Una struttura capace di accogliere 200 persone, per esempio, vedrebbe la sua capienza ridotta a circa 70 clienti, pochi per garantire un’adeguata copertura dei costi economici necessari per rimettere in moto ‘la macchina’. Il nostro obiettivo rimane la riapertura al 50%: con gli adeguamenti strutturali richiesti nell’ultimo anno (che poi alla fine non sono serviti, perché discoteche e locali da ballo sono stati chiusi comunque, ndr) siamo convinti che potremmo garantire la sicurezza necessaria; anche grazie al green pass, strumento di cui siamo stati sostenitori fin dall’inizio”.
In ogni caso, bisogna far presto: più tempo passerà e più sarà difficile riattivare un settore molto provato dalla paralisi.
In attesa della decisione del Governo, Tarantoli pone l’accento su un’altra problematica che riguarda il mondo dei giovani, una criticità che perdura da molto più tempo dell’emergenza Covid: l’educazione.
“Anche il sindaco di Firenze Dario Nardella si è reso conto che solo con le ordinanze, e quindi con le imposizioni, i problemi non si risolvono. Urge una riflessione a monte e un’assunzione di responsabilità da parte degli adulti non più rimandabile, in particolare da parte delle due istituzioni fondamentali: famiglia e scuola. Il mondo scolastico - continua - non dovrebbe fissarsi unicamente su criteri nozionistici, ma dare spazio anche a momenti educativi, magari con l’introduzione di veri e propri programmi di emotional fitness gestiti da coach capaci di instillare nei ragazzi le attitudini giuste per affrontare la vita, sia sociale che lavorativa.
A tal proposito con i nostri locali stiamo preparando un codice etico che definisca i comportamenti da tenere sia da parte dei clienti che da parte dei gestori. L’importante, per noi adulti, è non lasciare soli i ragazzi, che poi potrebbero cercare in alcol e droga il sollievo per il loro malessere interiore”.
Giovanni Gaeta
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