A Villa Rospigliosi lo Zodiaco in musica

La ricca stagione di concerti di Villa Rospigliosi a Spicchio di Lamporecchio, organizzata da Luca Torrigiani attraverso l'associazione “Giulio Rospigliosi", costituisce uno degli appuntamenti musicali di più alto livello nella nostra zona che dà lustro al nostro piccolo Comune toscano e non solo poiché le attività del Rospigliosi sono riconosciute, sia per il Festival che per il noto concorso Rospigliosi a livello nazionale e internazionale.

Il 13 settembre per la serata “Dante e le stelle”, che chiude la rassegna estiva, la pianista Alessandra Garosi ha eseguito “CENTAUROMACHIA - … corrien centauri armati di saette”, liberamente tratto dal XII Canto dell'Inferno”, di Fabrizio De Rossi Re e “Zodiaco” di Damiano Santini, entrambe le opere sono a lei dedicate e in prima assoluta.

Nella vigorosa partitura di De Rossi Re hanno colpito quei momenti in cui al delicato pizzicato manuale delle corde del pianoforte si è unita l’intonazione vocale di Alessandra fino al suo flebile esaurimento.

Nella stupenda cornice del salone (opera del Bernini) in particolare è stata presentata la Premiere dello Zodiaco, opera composta da dodici brani, del compositore empolese Damiano Santini ispirata appunto ai segni zodiacali; a questa musica il pittore Karl Stengel ha dedicato quattro dipinti. Qualcuno dei brani di Santini già aveva visto tramite Alessandra sale autorevoli, dalla Sydney Opera House alla New York University della capitale americana, così come son state condivise in contesti cameristici elaborate in libere interpretazioni con gli australiani David Jones (percussioni) e Adam Simmons (sax e clarinetto) a Melbourne, in Irlanda con le musiciste Katrina Emtage (flauto) e Ilse de Ziah (violoncello), a Firenze con Markus Stockhausen (tromba e flicorno). L'opera intera, invece, nella sua stesura pianistica originale, è stata eseguita per la prima volta alla Villa Rospigliosi.

Non poteva esserci luogo più appropriato, essendo il salone ellittico decorato, nelle unghiature del soffitto a volta, dalla personificazione dei dodici segni zodiacali, soggetto ispiratore della musica secondo la classica divisione ternaria in segni di Terra, di Acqua, di Aria e di Fuoco. Quest’opera è stata composta in un tempo lungo, di oltre venti anni, il che testimonia dell’umiltà creativa che sempre deve distinguere un’opera d’arte e che perfettamente corrisponde alla personalità di Damiano: il tempo dell’attesa, quello che sa reggere una prospettiva di speranza, contraria alla fretta e al protagonismo imperante.

Altra caratteristica è il materiale tecnico utilizzato da Damiano, tratto dalla trasposizione delle figure dei segni zodiacali nel pentagramma; da questa sequenza di suoni è stata forgiata una sapiente elaborazione, scrittura questa che contiene appieno lo studio della forma classica, traendo spunto da antiche memorie come pure dalla musica del novecento, ma che alfine si mostra unica e originale nel suo genere.

La percezione che ne deriva talvolta sfocia in un apparente caos che sembra impazzire e a cui si succedono limpidi e cristallini rimbalzi di cluster (cioè un insieme di note ravvicinate e dissonanti che coprono un ampio spazio intervallare). Perché la progettazione di Santini è classica, controllata, in fuga nel continuo divenire secondo rispecchiamenti formali dovuti ora alla grafia alchemica, ora alla natura attrattiva ed empatica dei segni zodiacali che impongono la loro stessa natura magica al compositore che deve dissezionarli in una sorta di operazione anatomica.

Ma tutto quello che era messo sulla carta non avrebbe avuta vera vita se l’interprete, Alessandra Garosi, non lo avesse rilasciato con una performance trascinante, mostrando di aver tutto assorbito e profondamente vissuto nel cuore, quel cuore che dimostrava di avere chiare appendici applicative nelle sue mani, tanto che lo stesso Damiano Santini ha vibrato, come lui stesso non avrebbe immaginato, nel sentire l’intero "cielo" della sua opera.

L’arte più che la natura, può calcificare i sentimenti e le idee, formando quella tradizione culturale che ci dà conoscenza e coscienza di noi stessi.

Non c’era davanti al pubblico la nera notte stellata su cui generazioni e generazioni di uomini per secoli avevano esercitato il loro stupore, che poi vestirono di abiti mitici e fantasiose iconografie; avevamo una sala illuminata e la scansione dei distanziamenti dovuti al Covid, eppure le note cercavano di riprodurre lo stesso mistero di cose incomprensibili che si annodano e si svolgono in una connessione (lego: “radunare” e per estensione “connettere secondo una logica”, come i famosi mattoncini) che è poi quel processo alla base della stessa nascita del pensiero. Un pensiero in musica: la cosa più razionale e più fantasiosa che possegga l’uomo dotato di umanità.

E a questo binomio, creatore-esecutore, si è aggiunto il terzo fattore: l’attenzione e la silenziosa partecipazione del pubblico, condizione indispensabile per dar totale Fede all’interprete, così che i riverberi delle corde per il pedale sono stati vissuti fino all’affievolirsi millesimale, nella coscienza che nulla si consuma, perché nel silenzio tutto totalmente rivive di una vita spirituale. E in quell’attimo c’è la comprensione dell’esperienza vissuta, così come a volte capiamo l’amore solo nel momento in cui ci abbandona. Ma subito nella musica e nell’arte alla comprensione segue la gioia.

Fonte: Ufficio stampa

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