Negli ultimi mesi la discussione in merito alla sicurezza sanitaria all’interno delle scuole è rimasta polarizzata su un unico argomento: l’introduzione del green pass obbligatorio per tutto il personale scolastico, nonché per chiunque a eccezione degli studenti volesse entrare nell’istituto.
Eppure, molte criticità affrontate lo scorso anno dalle famiglie sono rimaste e, benché di difficile soluzione, sono rimaste fuori dal discorso.
Ne è un esempio la vicenda che vede protagonista a Montecatini Terme Cristina Rajola, mamma single, e la sua bambina.
Sulla propria pagina Facebook, la producer cinematografica ha postato tutte le difficoltà di una madre che si trova a dover conciliare il lavoro con l’improvvisa quarantena fiduciaria richiesta alla figlia di due anni.
“In Italia o hai un figlio o hai un lavoro - scrive -. Terzo giorno di scuola materna 17 settembre.
Primo giorno di quarantena fiduciaria 18 settembre Rientro a scuola previsto con tampone lunedì 27 settembre. Gli orari verranno comunicati entro il 25 settembre.
Certi giorni non ti bastano i nonni (da proteggere dai contagi) né le baby sitter (perché tua figlia non può vedere nessuno). E quei giorni sono 5. In cui non sono previsti indennizzo né permessi straordinari.
Perché - chiede nel post - la quarantena è obbligatoria solamente per una bambina (e tutta la sua classe) di 2 anni e 9 mesi, che si sa si può gestire anche da sola mentre la mamma lavora o entra al supermercato dove lei non può entrare. La scuola poi non ti permette di sapere per tempo se al rientro la mattinata dei più piccoli sarà di due o cinque ore.
La pazienza è una necessità di questi tempi. Vaccini, green pass, limitazioni tutto vissuto e accettato di buon grado. Ma che dopo 18 mesi di misure d’emergenza - protesta - non abbiano istituito un permesso per genitori dipendenti a casa ad assistere un figlio non positivo o un indennizzo per gli autonomi la trovò una mancanza molto vicina al sopruso.
Il patto sociale fa acqua da tutte le parti, specie per i cittadini che lo rispettano per un senso di appartenenza alla comunità.
Personalmente - conclude amaramente - sono fortunata, lavoro con persone che mi supportano, lavoro alle sei del mattino o alle dieci di sera in autonomia, ma non mi sento bene lo stesso, perché a quel gruppo di lavoro vorrei/ dovrei poter dare quello che devo o in alternativa uno sgravio sul mio costo.
Se fossi una partita iva dovrei poter perdere clienti per questa settimana e non vedere variato il mio fatturato”.
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