Riportiamo alcuni stralci dell'omelia del vescovo di Prato Giovanni Nerbini in occasione della messa alla Chiesa dell'Annunciazione alla Castellina, dove fino a pochi giorni fa era in carico don Francesco Spagnesi, attualmente ai domiciliari accusato di spaccio per l'acquisto di Gbl (chiamata droga dello stupro) con anche i soldi dei parrocchiani.
Tra i punti salienti la promessa di un risarcimento da parte della Diocesi per le famiglie povere che hanno donato alla parrocchia ma che poi hanno visto i loro risparmi sperperati da don Francesco Spagnesi.
Fuori dalla chiesa sono apparsi alcuni striscioni, 'Feste e droga, il prete con la coca e la curia sapeva', recita uno di questi.
"Ho voluto essere presente qui oggi con voi per condividere insieme il difficilissimo momento che la nostra Chiesa attraversa e la vostra comunità parrocchiale sente come una bruciante ferita sulla propria pelle, nella vostra anima, come del resto, vi garantisco è nella mia.
Sono venuto con il cuore in mano per ascoltare la vostra sofferenza, il vostro dolore, la vostra indignazione: sono la mia sofferenza, il mio dolore, la mia indignazione.
Se il Vescovo è pastore, e questo sono, sente e vuole essere in mezzo ai suoi soprattutto nei momenti difficili. Sono qui a dirvi il mio percorso in questa vicenda, ad assumermi tutte le mie responsabilità; a prendere gli impegni che ritengo utili, necessari oggi, a mettermi con voi in ascolto della Parola di Dio che ci possa non solo salvare ma aiutare a crescere proprio a partire dalla crisi tanto dolorosa che stiamo vivendo.
Non ripeterò ciò che ho già scritto e detto, ci sono altre sedi, non una celebrazione eucaristica, per approfondire ogni aspetto della vicenda, capire meglio.
[...] Giunto a Prato ho trovato don Francesco. All’inizio lontanissimo, quasi in fuga. Distaccato. Pian piano è nato un accenno di dialogo che è cresciuto insieme alle sue difficoltà che io non riuscivo a spiegarmi fino alla tristissima scoperta della sua dipendenza, davvero inimmaginabile. È nata la domanda: “Che cosa devo fare?”.
E la risposta è arrivata sotto forma di un ricordo del 1980 quando a Firenze cominciai a frequentare il CEIS dove giungevano, disperati, i genitori con un figlio tossicodipendente. Una sera un operatore raccontò la sua drammatica esperienza. Aveva avuto non uno ma due figli vittime della droga e per 10 anni aveva lottato per loro. Ecco la risposta: Se ti trovi davanti un delinquente lo denunci. Se un figlio, ed è malato – questa è la droga - lotti per salvarlo.
Ho cercato di fare questo: ho lottato per non perderlo, per non lasciarlo andare a fondo. [...] Ho sbagliato? Credo di avere fatto molti errori. Di questi, sono qui, fra voi, a chiedere scusa. Non mi sono reso conto certamente dell’abisso in cui don Francesco era precipitato, inimmaginabile nei terribili aspetti in cui è venuto alla luce in questi giorni.
Ma ancora oggi, conosciuta tutta la storia, Io continuo a soffrire, a sperare ed a pregare per lui. Cercherò di fare quel poco, pochissimo, che ormai è in mio potere fare per aiutarlo ancora. Spero che un giorno, col cuore in mano, lui possa domandare perdono, non a me ma a voi e sarebbe un grande passo.
[...] Non è stato don Francesco l’unico mio tormento. Accanto a lui nei miei pensieri c’eravate voi con l’amore che gli avete portato, la illimitata fiducia riposta nella sua persona, la sconfinata generosità che non gli negava mai niente, l’impegno comunque profuso nell’interesse della parrocchia. Quante volte gli ho detto: “Francesco ogni prete ha i suoi estimatori e detrattori. Di te tutti mi dicono solo bene. Non tradire questa fiducia”. Ed ho vissuto lacerante il conflitto tra questi due beni che cercavo di tenere uniti e che continuamente confliggevano tra di loro, la cura della pecorella smarrita e quella dell’intero gregge, la comunità parrocchiale.
Vi chiedo perdono per non avervi protetto a sufficienza.
Sono consapevole che la vostra sofferenza è grandissima e il danno morale che avete subito, più ancora di quello materiale, è incommensurabile.
Dobbiamo intraprendere fin da subito un cammino di redenzione e di riscatto su molteplici piani. Uno dei primi atti compete soprattutto a me e consiste nell’accertamento puntuale del danno economico che la parrocchia ha subito, per quanto questo sarà possibile.
È già in corso una dettagliata verifica e nei prossimi giorni tutto il materiale raccolto verrà presentato al sostituto procuratore che si occupa del caso con cui, ripeto, stiamo doverosamente collaborando già da tempo.
La Diocesi, d’intesa con la parrocchia, si impegna fin d’ora – sulla base degli esiti di questa verifica - a mettere a disposizione dei poveri della nostra città una somma di denaro congrua a riparare quanto estorto a tante persone, della Castellina e di altre zone della città.
Aggiungo un appello a tutti.Chiedo a tutti, sacerdoti, diaconi, consacrati e laici di aiutarmi in questo dovere. Quando si registrano segnali pericolosi, si viene a conoscenza di situazioni dubbie o sospette, è un dovere cristiano segnalarle. Il Vescovo non è onnisciente e quindi ha bisogno di essere aiutato nel suo ministero di Padre ma anche – come dice la stessa etimologia greca del sostantivo episcopos – di «sorvegliante».
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