"Cannabis e referendum, serve buon senso": parliamone con un medico

Il sondaggio della scorsa settimana di gonews.it ha affrontato un tema che poi è finito nell'agenda pubblica grazie a una proposta di referendum che in pochi giorni ha raggiunto quasi le 500mila firme necessarie. Parliamo della possibilità di coltivare la cannabis e depenalizzarne il possesso. Inizialmente una concessione aveva riguardato 4 piante femmine, inserita in un testo approvato in commissione Giustizia alla Camera.

Nel sondaggio della scorsa settimana il 58,18% si è detto d'accordo con la possibilità di autocoltivazione (160 voti), il no è del 41,82% (115 voti)

Da qui si dipanano le due strade: la cannabis terapeutica, utilizzata per alleviare dolori cronici, e quella ricreativa, per lo sfizio personale. Abbiamo cercato di fare chiarezza sul referendum sulla cannabis e non solo con il dottor Iacopo Periti, medico di base di stanza a Empoli.

Partiamo dalla proposta in Commissione alla Camera. Avrebbe un risvolto positivo a livello terapeutico possedere le 4 piante?

Non credo, dubito che le persone di 70 anni con dolore cronico si mettano a coltivare la piantina in casa. Può essere una possibilità per qualche ragazzo o adulto, ma sono pochi i giovani che se la coltiverebbero a mio avviso. 

La cannabis terapeutica è equipararla a un farmaco, un fitoterapico come prodotto farmaceutico, quindi deve avere le stesse garanzie di un farmaco. Le indicazioni con prove chiare che possano portare a un rimborso dal servizio sanitario nazionale sono poche: parliamo di dolore cronico resistente ad altre terapie, sclerosi multipla e sindrome di Tourette (tic e spasmi continui). Altre indicazioni come glaucoma, Alzheimer e altre malattie, sono in fase di studio.

Abbiamo l'esempio di altri paesi dove può essere usato ma non ci sono prove per il rimborso del SSN. Serve anche cautela per i disturbi psichiatrici.

Al momento, nella sua esperienza, che incidenza ha questo tipo di cure?

In alcuni casi è più una scelta filosofica (ad esempio il paziente oncologico che rifiuta altri farmaci), ci sono però altri farmaci diversi dalla cannabis che funzionano molto bene come cure palliative. Non ci sono tanti pazienti che ricevono cannabis, perché per essere prescritta anche il dolore deve essere refrattario ad altre cure.

Si usa poi l'olio estrattore del Thc, si pone il problema di arrivare dalla pianta all'olio. Serve una percentuale stabile di Thc, devo sapere cosa ti sto dando. A livello domestico è difficile da ottenere, le coltivazioni professionali farmaceutiche pare che siano molto costose proprio per questo aspetto.

A livello morale lei come si pone di fronte a questa possibilità di liberalizzare il possesso di cannabis a uso terapeutico?

Se una persona si trova nel suo fine vita va aiutata, nel modo in cui ritiene più opportuno. Se vuole la cannabis rispetto a morfina sintetica, dategliela. Ricordo dai tempi del liceo di Creso a Solone che chiede quali sono gli uomini felici, lui risponde quelli che hanno avuto una bella morte (E se oltre a tutto questo avrà anche una buona morte, allora è proprio lui quello che tu cerchi, quello degno di essere chiamato felice. Ma prima che sia morto bisogna sempre evitare di dirlo felice, soltanto "fortunato", Erodoto di Alicarnasso, Storie, I, 29-33). Gli ultimi minuti che hai passato qui sono fondamentali. Basta che ci siano i limiti per cui chi la coltiva non la spacci. Ognuno ha il diritto di morire come vuole, l'eutanasia poi è un altro discorso.

Sull'aspetto del referendum giunto quasi a 500mila firme, cosa ne pensi? Si parla di aspetti importanti (eliminare la pena detentiva per qualsiasi condotta illecita relativa alla Cannabis, con eccezione della associazione finalizzata al traffico illecito, eliminare la sanzione della sospensione della patente di guida e del certificato di idoneità alla guida di ciclomotori)?

Bisogna andarci piano su queste cose. Bisogna ipotizzare un sistema come per gli abusi di alcol, con dei livelli, anche per l'uso cannabis. Non sono un tossicologo, ma con esami delle urine si potrebbe vedere il livello. Penso ancora che se ti fumi 5 canne e vai alla guida sei un delinquente.

Con la cannabis terapeutica il paziente deve diventare responsabile. Se è alterato da cannabis terapeutica non si può mettere al volante, se i riflessi non sono alterati dal tipo di consumo che sta facendo.

Si parla di poche persone che devono scegliere tra patente o cannabis. Prendiamo la fibromialgia, è dibattuto il funzionamento della cannabis. Ci sono pazienti giovani che hanno impatto forte sulla loro vita che potrebbero provare ma non potrebbero guidare. Solo sulla fibromialgia in Italia parliamo di 2 milioni di italiani.

Insomma ogni terapia riguarda anche una scelta di vita

Si parla principalmente di buon senso, chi è stordito dagli effetti della terapia non deve mettersi alla guida, si parla di fidarsi delle persone.

Il tema cannabis comunque è ritornato all'ordine del giorno

È importante mantenere in vita il dibattito, non possiamo far finta che il problema non esista. Spesso esiste l'automedicazione, ma girare la testa dall'altra parte da parte delle istituzioni non porta a nulla. Bisogna che la gente possa fare le cose senza farsi male. In un ambito di legalizzazione serve pugno duro per chi sgarra anche di poco, come l'esempio statunitense. Mettiamo paletti forti, ti concedo un certo ambito di autonomia, se sgarri le sanzioni sono pesanti.

In più c'è un cambiamento importante tra generazioni e modi di vedere la questione

Il genitore pensa che una canna da ragazzi non è niente, quella di oggi è 10 volte più forte di allora per la concentrazione di Thc. Non pensiamo che sia sempre la stessa di 30 anni fa. Poi la scelta è sempre questione di predisposizione personale, se non inizi è sicuramente meglio, come le sigarette.

Nonostante ciò, ci saranno effettivi cambiamenti della situazione?

Non credo che cambieranno molto le cose.

 

Elia Billero

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