Severgnini, Montanelli e il giornalismo: una serata a Vinci
"Queste campane mi ricordano quando Indro Montanelli venne a Crema, la mia città. Erano le 10 di sera e la campana suonò 22 rintocchi. A un certo punto Montanelli se la prese con il campanile e quando ancora suonava se la prese anche con il parroco".
Beppe Severgnini, vice direttore del Corriere della Sera presente ieri a Vinci per la consegna del premio Li omini boni, non poteva non ricordare con affetto il suo maestro originario delle terre dell'Empolese, 'ingiuese' di Fucecchio. Ricordando anche le battute di caccia di Montanelli nel Padule di Fucecchio.
Severgnini ha seguito Montanelli nelle avventure al Giornale, alla Voce e nella parte finale della sua carriera e della sua vita al Corriere con le sue 'Stanze'. "Nei primi anni gli ho dato del lei - spiega ancora il giornalista cremasco -, poi del tu e negli ultimi anni gli davo una mano".
Quello di Vinci è stato uno dei ritorni in presenza per la presentazione del libro 'Neoitaliani. Un manifesto', che a breve uscirà in una edizione aggiornata. È stata l'occasione per poter parlare dei 50 motivi per cui bisogna essere fieri di essere italiani dopo la pandemia che ci ha messo in ginocchio, con il 'juke-box letterario' da parte del pubblico che chiedeva lumi sui capitoli più interessanti e anche tanti consigli per giovani giornalisti come Francesco Guidotti, insignito del premio Leonardo Berni - Cronista toscano dell'anno 2020.
"Dopo i 50 anni di età bisogna restituire nel lavoro quello che si è imparato alle giovani generazioni", ha spiegato Severgnini, e il dialogo è andato a finire anche sulle nuove leve del giornalismo che meritano di essere tenute sott'occhio e apprezzate per l'apporto quotidiano, in un mondo in cui ancora si sgomita per emergere e dimostrare il proprio valore.
Elia Billero
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