L'assessora all’istruzione e alla cultura della memoria, Alessandra Nardini, ha partecipato questo pomeriggio a Pisa al cimitero ebraico e alla sede dell'Associazione Filarmonica Pisana alla commemorazione in ricordo di Carlo Cammeo, ucciso esattamente cento anni fa, il 13 aprile 1921, di fronte alle sue alunne e ai suoi alunni, nella scuola di via Contessa Matilde a Porta Nuova dove stava facendo lezione. “Fu un assassinio vigliacco e fascista" commenta Nardini. Il giovane Carlo Cammeo, ebreo, fu ucciso perché si schierò apertamente contro il fascismo intervenendo sulla rivista “L’ora nostra”. Punto di riferimento del partito socialista pisano e della Camera del lavoro, antifascista. Aveva ventiquattro anni. Era l’inizio delle violenze, nel periodo piu' buio della nostra storia.
“Cammeo era un insegnante - ricorda Nardini – aveva una missione importantissima quindi: formare cittadine e cittadini consapevoli, liberi e critici, permettendo a ciascuno di sviluppare al meglio le proprie potenzialità. Credeva che l’istruzione fosse una via fondamentale per l’emancipazione”.
“Cammeo – prosegue l’assessora - fu ucciso perché si schiero' contro il fascismo,
era espressione del binomio indissolubile cultura-libertà. Fu tra le principali premure del fascismo annientare quelle idee, così come le persone che le incarnavano. Ma quell’idea di istruzione e di società trovarono poi uno spazio altissimo di piena cittadinanza e lo trovarono nella nostra Costituzione repubblicana e democratica, nata dalla Resistenza e della lotta di Liberazione".
“Ed è – conclude - realizzando pienamente quanto scritto nella Costituzione, a partire dalla scuola, che possiamo onorare e celebrare al meglio il valore e la memoria di Carlo Cammeo, insegnante e antifascista, e di molte e molti che, dotati come lui di grande ingegno e spirito civile, furono trucidati dalla barbarie fascista”.
Leggi la storia di Carlo Cammeo:
http://www.toscananovecento.it/custom_type/13-aprile-1921-lassassinio-di-carlo-cammeo-segretario-della-federazione-socialista-di-pisa/
L'intervento del sindaco Conti
Intervento del sindaco di Pisa, Michele Conti alla commemorazione per il centenario dell’assassinio di Carlo Cammeo. Il programma della giornata ha previsto la deposizione di una corona alla tomba nel cimitero ebraico e, a seguire, la cerimonia di commemorazione nella sede della Società Filarmonica pisana.
«Voglio anzitutto ringraziare quanti si sono prodigati per organizzare nel migliore dei modi questa commemorazione, in particolare la Società Filarmonica Pisana, nella persona del suo presidente, Antonio Brasile. Tutti gli intervenuti, le autorità presenti. Un grazie anche all’onorevole Valdo Spini per la sua presenza. Nonostante le difficoltà legate al Coronavirus, abbiamo ritenuto opportuno non mancare all’appuntamento della deposizione della corona d’alloro sulla tomba di Carlo Cammeo a cento anni dalla sua brutale uccisione. Anche se in numero contenuto, come prevedono le misure per il contenimento del contagio e pur essendo in zona Arancione, siamo qui per partecipare a una commemorazione significativa per la vita civica e politica della nostra città.
Esattamente il 13 aprile 1921, in questo luogo che all’epoca ospitava una scuola, venne ucciso a freddo, da giovani fascisti, Carlo Cammeo, giovane maestro di appena 24 anni, impegnato nel partito socialista, di cui era segretario, dopo che appena poche settimane prima vi era stata la scissione di Livorno, segretario della Camera del Lavoro di Pisa e “colpevole”, secondo i suoi sicari, di propagandare con gli scritti le sue idee. La professoressa Elena Mazzini, curatrice della mostra “Ebrei in Toscana” nel 2017 ebbe modo di dire che “il caso Cammeo ci dice molte cose sul periodo pre-marcia su Roma, sulle violenze squadriste sul territorio toscano così come su quello nazionale”.
Erano quelli tempi difficili. Lo diciamo sempre. Quante volte ce lo siamo sentiti dire in questi ultimi decenni, che “stiamo attraversando tempi difficili” a causa delle crisi economiche e sociali. Così come ce lo andiamo ripetendo da un anno, da quando un virus sconosciuto ha cambiato radicalmente le nostre vite, messo in crisi l’economia e ucciso migliaia di persone. sono tempi difficili e per spiegare meglio, spesso associamo questa pandemia a una guerra in corso. Ma niente, personalmente, sembra paragonabile a quel che accadeva nelle nostre città nella lotta politica cento anni fa. Ragazzi e ragazze, giovani, studenti, lavoratori, agricoltori, operai, che si scontravano fino a uccidersi in nome di un’ideale o di un altro. Cittadini pisani contro altri pisani. Italiani contro italiani.
E pensare che appena poche generazioni prima la gioventù di metà Ottocento, in nome di un’ideale alto e nobile, era riuscita tutta insieme a unire l’Italia dopo secoli e secoli di divisioni e dominazioni straniere. Quello slancio ideale e unitario, però, andò presto in frantumi, anche a causa della crisi economica dell’immediato primo dopoguerra, con giovani che si schierarono con il fascismo, mentre loro coetanei si trovarono tra le fila del comunismo, del socialismo, dell’anarchismo. Rispetto al confronto della ragione, prevalse la violenza e furono anni di scontri duri che condussero il Paese alla dittatura prima e alla guerra poi. Anche in quel caso ci volle il sacrificio di migliaia di giovani per arrivare, finalmente alla Repubblica.
Oggi, come ho già avuto modo di dire in altre occasioni, credo sia giunto il tempo di affrontare attraverso una riflessione pacata e approfondita quello scorcio della nostra storia recente senza più le passioni dello scontro politico ma con l’intento di restituire il ricordo di quelle vicende al patrimonio e alla memoria condivisa che deve, una volta di più, rafforzare i valori di libertà e democrazia su cui è fondata la nostra Carta Costituzionale».
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