“È un anno che il Governo sembra divertirsi a farci aprire e chiudere a comando, senza che la situazione pandemica cambi di una virgola. Perché i contagi continuano e le nostre imprese, nel frattempo, sono condannate a morte”. Si esprime con grande amarezza Alessandro Costagli, il presidente della delegazione Confcommercio dell’area Empolese Valdelsa, entrata in zona rossa da lunedì 22 marzo.
“Sono aperte le fabbriche e i supermercati, sono attivi i servizi di trasporto pubblico, insomma tutti i luoghi dove c’è vero assembramento. Ma pare che il virus si diffonda solo in bar, ristoranti, negozi di moda, gioiellerie e poche altre attività”, continua polemico, “la situazione ha davvero dell’assurdo, anche perché, dopo un anno di chiusure a singhiozzo subite più che altro dalle imprese del terziario, i nostri sacrifici non sono serviti praticamente a nulla. E al danno si è aggiunta la beffa vista la soglia ridicola di ristori fissata dal DL Sostegni: toccherà una media di 3.700 euro ad azienda, quando abbiamo perso decine di migliaia di euro. Quando la cassa integrazione finirà, come faremo a mantenere i nostri dipendenti con gli affari crollati?”, chiede Costagli.
“Forse il problema non è nelle nostre imprese, ma nella gestione generale dell’emergenza sanitaria, se a più di un anno di distanza dallo scoppio della pandemia siamo ancora a ricorrere ai lockdown. La pressione enorme che grava sul sistema sanitario del Distretto della Salute dell'empolese-valdelsa richiedeva di certo uno sforzo e un intervento tempestivi, ma con il passaggio in zona rossa si ottiene solo la chiusura al pubblico di qualche attività che davvero ha poco a che fare con i contagi. Le cose, dunque, non cambieranno di molto, soprattutto se nessuno provvederà a fermare gli assembramenti nei parchi pubblici e nelle piazze, le cene e le feste private, insomma tutti quei comportamenti che minano la salute pubblica in questo momento di estrema fragilità per tutti”.
“I nostri negozi sono sanificati regolarmente, gli ingressi sono contingentati. Continuare ad additarci come “untori” è una strategia ridicola e insieme tragica, perché condanna a morte interi settori economici, ferma la filiera produttiva, scardina l’occupazione. Il nostro è un grido disperato”, conclude il presidente della Confcommercio empolese Costagli.
Fonte: Confcommercio Firenze
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