Nel 2020 tasso di cancellazione minore del previsto delle imprese del commercio, sia in centro che fuori dal centro. Un fatto che accade a Siena come in altre realtà. Ma il calo c’è. Ed è importante. A Siena siamo passati nel centro storico dalle 303 attività commerciali presenti in centro nel 2018 alle 286 presenti attività del 2020, una riduzione di 17 aziende, stessa differenza quasi tra il 2012 e il 2018 (ovvero 19). Fuori dal centro la differenza è di 7 attività tra il 2020 e 2018. Invece crescono bar e ristoranti di 6 attività nel centro e rimangono stabili fuori dalle mura.
L’ipotesi che viene avanzata è quella di una sorta congelamento sul 2020, ibernazione, del tessuto produttivo. Che per il 2021 ha esiti molto incerti, purtroppo non positivi. Questo è il quadro che emerge dalla 6a edizione di “Demografia d’impresa nelle città italiane” condotta dall’ufficio studi di Confcommercio.
La ricerca in breve
Secondo la ricerca a livello nazionale sono stati persi il 10% di ore lavorate, 160 miliardi di euro di PIL, 120 di consumi e molte imprese sono già chiuse. Il riflesso statistico (-240mila imprese perse causa Covid) si avrà nei prossimi trimestri, non subito (neppure nel primo quarto dell’anno).
Tra il 2012 e il 2020 sono spariti 77mila negozi in sede fissa, con una riduzione del 14,0%. Per converso cresce dell’8,8% il numero di attività di alloggio e ristorazione. Se sparivano più rapidamente negozi fissi e ambulanti, le città attiravano turismo, relazioni, convivialità, ricreazione e cultura: i settori più colpiti dalla pandemia. Quindi se ieri il quadro era caratterizzato da meno commercio e più turismo, domani probabilmente sarà meno commercio e meno turismo con inediti problemi di equilibrio nella vita sociale dentro le città e in particolare dentro i centri storici.
Un elemento da sottolineare è la riduzione del commercio al dettaglio in sede fissa nei centri storici solo leggermente superiore a quella fuori dai centri storici. Positiva la dinamica dei pubblici esercizi. Il futuro chiaramente costituisce un’incognita. E apre problemi per la gestione di tutte i centri storici. La ripresa dipenderà sia dal livello dei ristori, sia dalla capacità delle singole aziende e delle istituzioni economiche di intraprendere iniziative di cambiamento della gestione dell’impresa (garanzia di sicurezza, asporto, canale virtuale, delivery efficace ed efficiente).
Cosa succede a Siena
Come già visto, nel 2020 c’è un calo di 17 attività di commercio al dettaglio nel centro rispetto al 2018 e di 7 attività fuori dal centro. Una diminuzione simile a quella registrata tra il 2012 e il 2018. 6 sono gli esercizi non specializzati che perdiamo in centro tra il 2020 e il 2018 e 4 fuori, 1 è l’esercizio di alimentari e bevande che ha chiuso in centro mentre 1 è cresciuto fuori dal centro. Sempre nello stesso spazio temporale, 1 tabacchi ha chiuso in centro e 1 ha aperto fuori dalle
mura. Invariato il numero delle attività di autotrazione (zero in centro e 17 fuori). I negozi informatici sono cresciuti di 2 unità in centro mentre è diminuita di una unità fuori. Due sono gli esercizi persi per prodotti di uso domestico sia in centro che fuori. Cinque invece sono gli esercizi di articoli culturali chiusi in centro in questi due anni e 4 fuori dal centro, 7 sono gli esercizi che vendono altri prodotti nel centro e 4 fuori dal centro. In centro è stata aperta una nuova farmacia e 4 invece sono quelle aperte fuori. Una è l’attività di commercio ambulante chiusa in centro e nessuna invece fuori dal centro. Parlando infine di commercio al dettaglio al di fuori di negozi, banchi o mercati ci sono 2 nuove imprese aperte fuori dal centro storico.
Per quanto riguarda alberghi, bar e ristoranti, 6 sono le attività in più arrivate in centro mentre rimane stabile fuori dal centro. Nel dettaglio, gli alberghi rimangono stabili in centro e crescono di 3 unità fuori, mentre 5 sono i bar e ristoranti in più nel centro che invece diminuiscono di 3 attività fuori dalle mura.
Il trend nei centri storici e fuori
Come abbiamo visto a Siena, come ovunque, nei centri storici tiene bene la numerosità dei negozi di base come gli alimentari e quelli che, oltre a soddisfare bisogni primari svolgono nuove funzioni (ad esempio le tabaccherie, ormai punti di supporto alla gestione di tante esigenze anche finanziarie delle famiglie). Significativi sono anche i grandi cambiamenti legati alle modificazioni dei consumi: tecnologia e comunicazioni e farmacie. Sono i negozi dei beni tradizionali che si spostano nei centri commerciali e comunque fuori dai centri storici: mobili e ferramenta, giocattoli, vestiario, pompe di benzina. Chiaramente la pandemia acuisce questi trend. Per alberghi e pubblici esercizi, mentre ieri il tema centrale riguardava il rischio di città «solo per turisti», la questione ora è come immaginare un centro storico con meno negozi, meno mercati e meno attività legate al turismo.
I dati nazionali sui potenziali effetti della pandemia
Il commercio al dettaglio non specializzato è stimato diminuire del 12,9%, la vendita di carburanti del 14,8%, computer e telefonia del 4,2%, mobili e ferramenta dell’8,5%, libri e giocattoli del 12,8%, vestiario e calzature del 19,9%, gli ambulanti del 23,6%, gli alloggi del 12% e la ristorazione del 27,2%, con un totale sul commercio al dettaglio di un meno 17,1% e su alloggi e ristorazione di un meno 24,9%.
Il commercio elettronico
Dal 2012 nel complesso dell’economia le imprese italiane registrate si sono ridotte di quasi il 3%, quelle straniere sono cresciute di quasi un terzo, dal 7,8% praticamente al 10,3% del totale imprese. In altre parole le 160mila imprese italiane sparite in questi 8 anni sono state esattamente rimpiazzate, sotto il profilo numerico, da imprese straniere. Si registra un trend di riduzione dei negozi, fissi e ambulanti: chi era entrano come imprenditore della vecchia guardia degli anni ’70 e ’90 stanno uscendo ed entrano i giovani, ma sono più quelli che escono di quelli che entrano.
Il commercio elettronico abbassa ricavi e margini per i negozi fisici, ma visto che ormai vale più di 30 miliardi, qualcosa come il 6-7% della spesa eleggibile per passare dal canale virtuale, non si può escludere che per i negozi anche piccoli che lo utilizzano sia un fattore di sviluppo. Anche per gli alimentari il boom dell’online c’è stato ed è abbastanza illusorio che si torni completamente indietro. Questa è una nuova sfida per i negozi.
Fonte: Confcommercio Siena
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