Studio sui Fatti del '21, il prof. Bianchi: "Obiettivo è capire eventi e contesto, senza abusi politici"

Il rischio nel volgere lo sguardo alla storia è sempre quello di distorcere gli avvenimenti attraverso la lente di ingrandimento del presente. La storia contemporanea diventa così oggetto di contesa ideologica: l'antifascismo, ad esempio, è spesso l'occasione (politica) di 'memoria divisa', che molto più prosaicamente significa ridurre la storia ad una disquisizione su chi è stato più cattivo dell'altro senza ricostruire il contesto generale.

Anche i 'Fatti del 1921' a Empoli hanno suscitato in passato notevoli dibattiti. La recente scelta di avviare un progetto di ricerca per approfondire gli studi sul 1921 a Empoli si spera non faccia riemergere quella sterile diatriba. L'intento del progetto, infatti, è di ricerca e approfondimento storico e ha poco a che vedere con la politica. Nessun revisionismo, quindi, né all'opposto il tentativo di demonizzare 'i rossi', ma solo l'obiettivo di guardare a quegli eventi inserendoli in un contesto, cercando di capire perché sono avvenuti senza giudicarli attraverso i paradigmi dell'oggi.

A spiegarlo chiaramente a gonews.it è Roberto Bianchi, uno dei coordinatori scientifici del progetto: gli abbiamo chiesto maggiori dettagli sul progetto, le finalità, ma anche del rapporto tra storia e politica quando si affrontano questi temi. Bianchi è professore associato in Storia Contemporanea all'Università di Firenze. Si è occupato prevalentemente di Grande Guerra e origini del Fascismo, recentemente ha pubblicato '1919. Piazza, mobilitazioni, potere' (Milano, Università Bocconi, 2019), negli anni passati ha avuto modo di curare il volume 'La Valdelsa fra le due guerre. Una storia italiana negli anni del fascismo', per la Società Storica della Valdelsa, e di collaborare al volume 'Empoli. Nove secoli di storia' con un saggio su Empoli 1914-1921.

Come è nata questa idea?

In origine è nata da un’idea di Mauro Guerrini, che il 1° marzo 2019 mi invitò a tenere una conferenza sui fatti del 1921 presso la Misericordia di Empoli. Durante quell'evento ebbi l'onore di ricevere la proposta di curare un convegno per il centenario del 1921. Il Comune ha offerto con piacere il suo supporto. Da quella proposta è nato il progetto di oggi, che vede coinvolti il Comune, l’Istituto storico toscano della resistenza e dell’età contemporanea, la Società storica empolese e l’Università.

Quali sono le finalità del progetto?

Il progetto prevede la realizzazione di un convegno sul 1921 in Toscana, che avrebbe dovuto svolgersi ai primi di marzo ma che è stato rinviato a causa del Covid; inoltre prevede la costruzione di una bibliografia sui fatti del primo marzo.

Quale argomento sarà trattato nel convegno?

Il titolo del convegno è “1921. Squadrismo e violenza politica in Toscana”. L’obiettivo è fornire un quadro dello stato degli studi su quella fase, per dare una lettura del contesto generale in cui avvennero i singoli fatti, che altrimenti possono restare incomprensibili.

Tra l’autunno 1920 e la primavera 1921 in Toscana vi è un momento di svolta che è diretta conseguenza della Grande Guerra e che si conclude con una presa di controllo degli spazi pubblici da parte di blocchi dell’ordine e fascisti. I fatti di Empoli rientrano in quel passaggio. Le vicende della regione sono particolarmente significative perché mostrano la precocità dell’avvento del fascismo che, con molti mesi di anticipo sulla Marcia su Roma, di fatto arriva a controllare le piazze a seguito di una vasta ondata di violenza.

Proposi di fare il convegno a Empoli e non a Firenze perché ritengo importante decentralizzare le iniziative culturali.

Come saranno articolate le due giornate del convegno?

Il convegno si dividerà in tre sezioni. La prima sarà sul 1921 in Italia, con interventi sul contesto nazionale, l’assetto dello Stato, le forze dell’ordine, la magistratura, la dimensione territoriale del fascismo. La seconda è stata costruita con la collaborazione degli istituti storici della resistenza presenti in Toscana, ai quali ho chiesto di fornire interventi su varie realtà della regione. La terza sarà su Firenze ed Empoli. Tra i relatori ci sono docenti universitari, ricercatori e autori di opere dedicate a questi temi, come Giulia Albanese, Andrea Baravelli, Stefano Bartolini, Ilaria Cansella, Mirco Carrattieri, Gianluca Fulvetti, Gabriele Maccianti, Luca Madrignani, Marco Manfredi, Matteo Mazzoni, Emanuela Minuto, Sheyla Moroni, Lorenza Pera, Paolo Pezzino, Andrea Ventura… Infine, l’iniziativa si chiuderà con una tavola rotonda sui fatti di Empoli tra storia e memoria pubblica, con docenti e studiosi di storia locale.

Perché è importante realizzare una bibliografia sui fatti del '21?

Si tratta di un progetto di ricerca bibliografico sulla storia e le rappresentazioni dei fatti del 1° marzo dal 1921 in poi. Il progetto è stato affidato dal Comune all’ISRT, curato da Mauro Guerrini e da me. Sarà realizzato dal dott. Daniele Lovito e dalla dott.ssa Martina Ponzalli, che hanno già raccolto un notevole numero di 'prodotti' tra fonti dirette e indirette, saggi, articoli, fumetti, film, giornali e altro. È il tentativo di raccogliere ed elencare tutto ciò che è stato prodotto su i fatti di Empoli. Sarà uno strumento che potrà essere usato in sede di ricerca, perché sui fatti del ’21 si dovrà comunque continuare a lavorare. La ricerca storica non giunge mai ad un punto finale, è necessaria sempre una lettura e rilettura delle fonti e della storiografia sulla base delle possibilità materiali di accedervi e delle nuove domande che il presente fa al passato. Nessuno potrà mai mettere la parola “fine” alla ricerca; anche sul 1° marzo 1921 a Empoli ci saranno nuove ricerche e nuovi approcci. La nostra è solo una tappa all’interno di un percorso che non finirà col centenario.

Nel 2003 il Comune di Empoli commissionò uno studio sui Fatti del 1921 da cui nacque un testo che ricostruisce in dettaglio gli eventi. Quale è l'interesse storico di questo nuovo progetto a oltre 15 anni di distanza? Ci sono aspetti su cui ancora fare luce?

È una situazione diversa. Qui non abbiamo un progetto per una nuova ricerca su fonti inedite. Si intende presentare una serie di studi e riflessioni sul passaggio dal 1920 al 1921 al cui interno avvennero eventi tragici ed eroici, e lo faremo cercando di offrire uno sguardo largo, d’insieme. Non tireremo fuori dal cilindro la novità che deve fare scandalo. Vorrei togliere quel 1921 dall’incandescenza che spesso ha accompagnato rievocazioni e commemorazioni. La storia contemporanea è una arena di conflitti e in ambito pubblico non possiamo pensare che i professori universitari, o la politica e le istituzioni, possano imporre una memoria omologata condivisa da tutti. I fatti di Empoli sono importanti, vanno collocati nella Toscana dell’epoca e in quella fase storica che studiosi come Enzo Traverso hanno ricordato come l’inizio della “guerra civile europea 1914-1945”. Se ci si concentra solo su singoli episodi si rischia di non capirli. Spesso la tendenza è di guardare ai fatti in modo isolato, ma se le tessere del mosaico le mettiamo insieme e proviamo a dare uno sguardo d'insieme capiamo meglio eventi e conseguenze. Vorrei parlare del 1921 inserendolo in un contesto, cercando di capire il perché certi eventi sono accaduti e sottrarli al tentativo di farne strumento per abusi politici della storia di corto respiro.

Spesso la ricerca storica sull'antifascismo diventa occasione (politica) di 'memoria divisa': il passato diventa un riflesso per parlare del presente, scambiando la politica con la storia. Anche sui Fatti del 1921 a Empoli si è aperto oggi un dibattito politico, tra chi cerca ulteriori 'prove' per condannare il comunismo, e chi dall'altra parla di revisionismo...

Nel caso specifico credo sia necessario staccarsi da alcune letture di tipo complottistico che sembrano ancora diffuse, soprattutto su internet. Da una parte i fatti del '21 sono dipinti come un tentativo di golpe organizzato da fascisti e ambienti reazionari che avrebbero ordito una trappola ai socialisti empolesi mandando a macello carabinieri e marinai, in modo da avere poi una scusa per la repressione selvaggia di un Comune altrimenti imprendibile. Dall'altro lato c'è chi considera i fatti del '21 come un modo con cui i dirigenti comunisti avrebbero creato le condizioni per una strage pensando così di far scattare la rivoluzione proletaria.

Alcuni fatti possono indurre a queste ipotesi, ma sono letture complottistiche che non ci aiutano a capire gli eventi nel contesto internazionale generato dalla Prima guerra mondiale. L’intervento in guerra dell’Italia fu una scelta decisa da pochi uomini collocati al vertice dello Stato; la guerra fu gestita, per usare le parole di Angelo Tasca, “come una guerra civile”. La violenza al fronte e sul fronte interno, i lutti generalizzati, poi le difficoltà di vita, i morti della pandemia di Spagnola, le alluvioni e tanto altro trasformarono la fine del grande conflitto in una vittoria nata già mutilata, ma accompagnata da grandi speranze, mobilitazioni sociali, nascita di nuove utopie e nuove forme di violenza politica. Se si guarda a questo contesto, per capire i singoli episodi non servono teorie del complotto. L'ascesa dello squadrismo fascista dalla primavera 1919 tese a rendere sistematico l’uso di una violenza politica che mirava alla distruzione fisica dell'avversario. Lo squadrismo aveva una storia alle spalle, ma dal 1919 i Fasci di Combattimento sembrano incarnare le novità generate dalla brutalità della guerra. Dal canto loro, i socialisti non erano necessariamente 'anime belle', ma in Italia erano rimasti a una mentalità ottocentesca, ancora simboleggiata dal “Quarto Stato” di Pellizza da Volpedo, con lavoratori e lavoratrici che marciano disarmati dalla tenebra del passato verso il sole dell’avvenire, sicuri nel proprio destino e nelle armi della propaganda, sempre più rumorosa dopo la Rivoluzione russa; ma, appunto, disarmati di fronte alle novità del nuovo secolo. Nel 1921 anche questo sarebbe cambiato. Va poi ricordato che, quando si parla di quegli anni, talvolta si dimentica il ruolo dello Stato e delle sue strutture, che svolsero un ruolo rilevante di fronte all’ascesa della violenza squadrista. E poi sono fenomeni transnazionali, non solo locali.

Credo che a cent'anni di distanza si dovrebbe togliere questi temi dalla passione dell'immediatezza politica e metterli sul piano della discussione storica. La necessità di usare pubblicamente il passato nel presente non mi scandalizza; anzi, fa parte delle cose. Ma credo vadano evitate strumentalizzazioni forzate. Mi piacerebbe poter entrare nella testa degli uomini e delle donne, dei ragazzi e dei vecchi che nel 1921 erano artigiani, contadini, socialisti, studenti, carabinieri, fascisti e magari anche di quelli che stavano a guardare. Perché per capire la storia dobbiamo capire le persone. Senza rinunciare alle nostre passioni e alle nostre idee, e senza dimenticare che viviamo in una Repubblica democratica, sorta alla fine di quel trentennio aperto dal 1914.

Da storico cosa pensa della proposta di rimettere la targa che fu apposta dal fascismo per ricordare i morti?

Le memorie di pietra sono sempre frutto di scelte politiche fatte nel presente. Installare statue, lapidi o targhe è una scelta difficile, implica l'idea di una unità d’intenti di una comunità rispetto a qualcosa. Mettere una targa significa scegliere, tra un numero enorme di fatti avvenuti, di porre l’accento su un evento specifico per scopi politici o morali. Piuttosto che cercare nel passato targhe da riesumare, proiettando nel XXI secolo elementi di divisività che hanno fatto il loro tempo, la politica dovrebbe provare a guardare in avanti. Mi pare che il contesto attuale, la crisi sanitaria e le difficoltà economiche dovrebbero indurre a metabolizzare il passato, a cercare di capirlo e di studiarlo, per costruire progetti capaci di progettare un futuro che, al momento, sembra oscuro e privo di prospettive di un certo respiro.

Fonte: A cura di Giovanni Mennillo

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