La Corte d'Assise di Bologna, ha scritto che Maria Fresu era lì. "Di lei sono stati trovati una borsa, una valigia, una giacchetta, i documenti". A proposito del 'giallo' sui resti attribuiti per quarant'anni alla 24enne di Montespertoli, Maria Fresu, deceduta nello scoppio insieme alla figlia Angela, la vittima più piccola della strage. Una nuova perizia aveva stabilito che i resti non appartenevano a lei, riscontrando tre profili di Dna diversi.
La donna sarebbe stata travolta in pieno dalla bomba, secondo la Corte, "con l'effetto che il suo corpo sia stato smembrato e frammentato in maniera tale da non rendere più assimilabili i suoi resti, che possono essere andati a finire in contenitori residuali, poi dispersi".
Resti umani sono stati infatti ritrovati nell'ex deposito militare dei Prati di Caprara dall'ingegner Danilo Coppe, incaricato della perizia esplosivistica, a 38 anni di distanza, ricordano i giudici.
La difesa di Gilberto Cavallini ha poi ipotizzato che i resti della Fresu siano stati a suo tempo sostituiti con quelli di un'altra persona che si voleva non fosse identificata. Ma per i giudici appare come incontenstabile "un'altra considerazione: nessuno poteva avere interesse a far sparire il cadavere di un'innocua e anonima viaggiatrice". Bisognerebbe quindi "inventarsi che l'immaginario inquinatore abbia fatto sparire oltre al cadavere della Fresu - prosegue la Corte - portato via per sbaglio, anche uno o altri cadaveri". In questo caso però ci si troverebbe di fronte ad una "inverosomiglianza di un depistaggio immediato e contestuale ad un evento non programmato, e la impossibilità di identificare resti sparsi nello scenario di totale congerie del dopo-bomba". In conclusione, per la Corte, "non ci fu alcuna 86/a, 87/a, 88/a vittima".
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