Dietro le opinioni pubbliche delle società occidentali che esprimono punti di vista radicali su temi politici e sociali si nascondono maggioranze che tendono invece ad assumere atteggiamenti privati moderati.
Lo afferma lo studio dedicato alla discrepanza tra opinione pubblica e comportamenti privati coordinato da Andrea Guazzini, ricercatore dell’Università di Firenze, assieme ai colleghi dell’Università olandese di Groningen, che è stato pubblicato sulla rivista PLOS-One (“Private-Public Opinion Discrepancy”).
I ricercatori hanno dimostrato tali discrepanze creando, con un modello teorico, una sorta di gigantesca società artificiale dove hanno testato il comportamento di due tipologie di posizioni degli individui: quella di chi cerca di ottenere o mantenere una buona reputazione e affermare il proprio status e quella di quanti cercano di promuovere l'armonia di gruppo attraverso il consenso.
“Lo spunto per lo studio nasce dalle evidenze raccolte nel tempo dai colleghi olandesi coordinati dal prof. Tom Postmes – racconta Andrea Guazzini, ricercatore di Psicologia sociale –, che per primi avevano riscontrato le discrepanze tra un atteggiamento privato tollerante e una presa di posizione pubblica più radicale in un campione di concittadini, intervistati su tematiche sensibili. Nel laboratorio VirtHuLab dell’Università di Firenze - prosegue il ricercatore - abbiamo creato un modello matematico che ci ha permesso di simulare sistemi sociali di ampiezza crescente per testare tale fenomeno e capire se quella che definiamo opinione pubblica sia un corretto indicatore degli atteggiamenti privati”.
Nello studio le due posizioni sono state caratterizzate in base alle regole decisionali assunte per esprimere la propria opinione o rimanere in silenzio, tenendo conto anche della rete prossimale. “I risultati delle simulazioni del modello - spiega Guazzini - mostrano che anche quando gli atteggiamenti privati sono tenuti costanti, l’espressione pubblica può oscillare e possono verificarsi situazioni in cui le minoranze appaiono amplificate e le maggioranze vengono messe, per così dire, a tacere”.
“Negli ultimi anni abbiamo visto in varie occasioni che le persone sembrano meno restie a esprimere opinioni più radicali su temi di interesse generale, che possono essere amplificate dai mezzi di comunicazione e dai social network – conclude il ricercatore – ed è di fondamentale importanza capire quali siano i meccanismi alla base della creazione dell’opinione pubblica e le conseguenze a livello macro della decisione di rimanere in silenzio o di esprimere le proprie convinzioni”.
Fonte: Università degli Studi di Firenze
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