Zippalanda, la città santa può riemergere dagli scavi in Turchia

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Si chiama Zippalanda la città santa ittita consacrata al Dio della Tempesta sulle cui tracce è al lavoro dal 2008 la missione italo-turca in Anatolia Centrale alla quale partecipa anche l’Università di Pisa. L’ultima campagna di scavi a nel sito di Uşaklı Höyük terminata in autunno ha rivelato la presenza di probabili tracce dell’insediamento dell’età del Bronzo Medio, ancora precedenti alla città ittita che secondo gli studiosi sarebbe appunto da identificarsi con Zippalanda.

“Il risultato conseguito è di grande importanza perché per la prima volta abbiamo trovate prove chiare della presenza che il sito era abitato già nell’età del Bronzo Medio, cioè nella prima metà del II millennio a.C – spiega il professore Anacleto D’Agostino dell’Università di Pisa - questo indica chiaramente che il luogo in cui si sviluppò la città ittita era stato secoli prima di un insediamento esteso, che occupava oltre alla cittadella almeno una larga porzione della città bassa”.

Nel corso di questi anni le indagini di superficie e gli scavi hanno rivelato che il sito di Uşaklı Höyük è stato occupato in maniera estesa a partire dalla fine del Bronzo Antico fino all’epoca romano-bizantina, con sporadiche tracce più recenti che arrivano sino al periodo ottomano.

“L’imponenza degli edifici ritrovati, i testi, nonché la posizione geografica – spiega D’Agostino – sono prove a sostegno dell’ipotesi che Uşaklı Höyük sia proprio la città perduta di Zippalanda dedicata al Dio della Tempesta. Il dio era infatti venerato sul vicino monte Daha, dove il sovrano ittita, secondo il testo della Festa della Primavera, si recava in pellegrinaggio con un viaggio di due giorni dalla capitale Hattuša facendo tappa proprio a Uşaklı”.

Le ricerche archeologiche hanno infatti portato alla luce una serie di edifici pubblici, fra templi e palazzi, sull’acropoli e nella città bassa oltre ai resti di una cittadella fortificata dell’età del Ferro. Non ultimo nell’estate del 2018 è stato scoperto il più antico pavimento a mosaico conosciuto nel Vicino Oriente e probabilmente uno dei più antichi al mondo risalente al Bronzo Tardo. La parte sinora portata in superficie è grande circa 3 metri per 7 ed è costituita da 3.147 pezzi di pietre di forma irregolare che formano tre cornici rettangolari, ciascuna delle quali contiene tre file di triangoli di diversi colori, principalmente bianco, rosso chiaro e blu-nero.

Il progetto archeologico della Missione Archeologica Italo-Turca in Anatolia Centrale (Uşaklı Höyük Archaeological Project) in cui è impegnato l’Ateneo pisano è l’unico a direzione italiana che opera su un insediamento ittita nell’area che fu centro del regno prima e poi dell’impero. Sostenuto finanziariamente per l’anno 2020, dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, dall’Università di Pisa, dalla Fondazione Oriente Mediterraneo e dall’Università degli Studi di Firenze, il progetto coinvolge archeologi, filologi, ricercatori e studenti delle Università di Pisa, Firenze, Siena e Yozgat Bozok, coordinati da Anacleto D’Agostino (Pisa), Stefania Mazzoni e Giulia Torri (Firenze), Valentina Orsi (Siena) e Demet Taşkan (Yozgat Bozok).

Fonte: Università di Pisa

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